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02/08/2025 ore 17.03
Cronaca

I traffici dei narcos della ’ndrangheta tra passaporti falsi e agenti infedeli «che non sapevano di aiutare i clan»

Le motivazioni della sentenza: il giudice evidenzia l’eistenza di «un cospicuo traffico di sostanze stupefacenti dal Sudamerica dirette in Italia». La fuga di Riitano dalla giustizia tra Liguria e Sicilia

di Alessia Truzzolillo

L’asse è quello Sudamerica-Europa. È qui che avviene «un cospicuo traffico di sostanze stupefacenti derivanti dal Sudamerica e dirette in Italia, segnatamente con preventivato e preorganizzato sbarco al porto di Livorno, grazie alla collaborazione di soggetti operativi in Toscana legati alle associazioni criminali stanziate in Calabria». Protagonisti di questi traffici sono, tra gli altri, Emanuele Fontì, Francesco Riitano e Giuseppe Antonio Ierace, detto K, che subentrerà a Riitano dopo il suo arresto nel 2019. È Emanuele Fontì, scrive il giudice Gilda Danila Romano nella sentenza sul processo, con rito abbreviato, nato dall’inchiesta Nuova Narcos Europea, a fare attività di resoconto a Ierace e a mantenere «le relazioni anche internazionali, trasmette dati delle spedizioni quali i numeri dei container in cui le partite di droga vengono occultate per consentire poi la individuazione alle squadre di recupero in loco».

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Per inciso, Fontì è stato condannato a 10 anni di reclusione, Ierace a 4 anni e 8 mesi e Riitano a 13 anni e 4 mesi. Ierace è stato assolto dall’accusa di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti ed è stato condannato per il tentato traffico di 430 chili di cocaina e per l’importazione di 22 chili di cocaina arrivati nel porto di Vado Ligure. Le cosche implicate in questa inchiesta della Dda di Catanzaro sono i Gallace di Guardavalle e i Pesce-Bellocco-Molè di Gioia Tauro.

Ierace è considerato dall’accusa legato ai Gallace ma secondo il giudice, nonostante debba «predicarsi un unico disegno criminoso che vede l'imputato coinvolto in una generale azione di traffico di sostanze stupefacenti», non emerge «il ruolo di soggetto di vertice che gli si vuole attribuire o comunque di un suo coinvolgimento di maggiore e più ampio respiro».

Lo stesso Francesco Riitano, condannato a 13 anni e 4 mesi (esclusa da tutti i capi l’aggravante mafiosa), è considerato dalla Dda «organizzatore, direttore e finanziatore dell’associazione», uno che avrebbe comandato anche nel corso della latitanza curando «importanti transazioni di ingenti carichi di stupefacente, utilizzando, nell'organizzazione dell'importazione, diversi porti sudamericani e/o europei» e mantenendo rapporti con i fornitori sudamericani. Il gup considera non individuabile, rispetto agli altri, la posizione di supremazia di Riitano vista «la sua immediata sostituzione al momento dell’arresto». Allo stesso tempo il giudice riconosce in lui «un ruolo di partecipe superiore agli altri, considerando che nel periodo della sua latitanza gli altri si muovono a fiancheggiarlo con estrema attenzione».

A essere condannato, in abbreviato, per aver favorito la latitanza di Riitano, è stato Domenico Vitale, classe ‘69 (3 anni e 4 mesi di reclusione) che lo avrebbe aiutano nel suo sfuggire a un ordine di custodia cautelare tra la Liguria (Rapallo) e la Sicilia (Messina) dove il 17 agosto 2019 Riitano è stato catturato ai Giardini Naxos.

A favorire la latitanza di Riitano, e non solo quella, sarebbe stato anche Nicodemo Francesco Callà, 71 anni, originario di Mileto, pubblico ufficiale in servizio nel Commissariato di Polizia di Legnano che nel 2019, anche in pensione, avrebbe procurato passaporti falsi a Riitano (latitante), Mario Palamara (latitante) e Antonio Catalano (latitante). Callà è stato condannato a sei anni di reclusione per fabbricazione di documenti falsi e favoreggiamento.

Pur essendo in pensione, l’uomo, approfittando della concessione di poter proseguire, a titolo gratuito, nella sua attività di ufficio all'interno del commissariato di Polizia di Legnano. Questi documento riportavano l’immagine dei destinatari ma dati falsi appartenenti a terze persone. Ne avrebbe giovato la latitanza di Mario Palamara, di Melito Porto Salvo uno dei vertici dell’associazione (condannato a 12 anni e 8 mesi di reclusione per narcotraffico e possesso di documenti falsi). Un passaporto falso è andato anche a Riitano e al latitante Antonio Catalano. Callà è stato assolto dalle accuse di associazione e di corruzione secondo la quale avrebbe ricevuto ingenti somme in cambio dei passaporti falsi.

Scrive il gup che certamente Callà «era attivo nella realizzazione ad arte di documenti falsi» ma «non è emerso un addentramento specifico di Callà nella realtà associativa: se anche con la sua falsificazione ha consentito poi i movimenti liberi e sicuri di soggetti, come Riitano e Palamara… alla redazione dei documenti falsi nella loro materialità – prosegue il gup – non coincide il riscontro di una sua consapevolezza di stare aiutando proprio dei soggetti in stato di latitanza partecipi di una compagine criminale di tipo ‘ndranghetistico».