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09/09/2025 ore 07.19
Cronaca

Il lavoro irregolare in Calabria raccontato da chi non ha tutele: «Ore infinite per uno stipendio che non basta a vivere»

Dalla ristorazione agli uffici, le storie affidate all’Osservatorio sulla sfruttamento mostrano un sommerso che continua a divorare risorse, diritti e possibilità di crescita per la regione e i suoi cittadini

di Tonino Raco

In Calabria il lavoro irregolare è ancora la normalità per troppi. A raccontarlo non solo numeri e statistiche, ma anche le segnalazioni che ogni giorno affollano l’Osservatorio sullo sfruttamento, la pagina social dove quotidianamente vengono condivise storie di turni infiniti, contratti inesistenti e stipendi che non bastano a vivere. Una piaga che non riguarda soltanto turismo e stagionali: secondo la CGIA di Mestre, più di un lavoratore su cinque è senza contratto regolare. Un record amaro che frena l’intera economia regionale.

Le storie raccolte dall’Osservatorio parlano di lavoro nero non solo in alberghi, bar e ristoranti, ma anche nell’agricoltura e nei servizi. I numeri aiutano a capire le dimensioni del fenomeno: oltre l’8% della ricchezza prodotta in Calabria proviene da lavoro irregolare. Tradotto, circa due miliardi e mezzo di euro. Numeri che fotografano un fenomeno sempre più diffuso e che alimentano le storie di chi chiede dignità, più diritti e salari che permettano di vivere, non soltanto sopravvivere.

«Un part-time da nove ore al giorno»

Tra le testimonianze raccolte dall'Osservatorio sullo sfruttamento in Calabria c'è quella di una giovane impiegata del Vibonese, che racconta così la sua esperienza tra uffici e contratti fasulli: «Negli ultimi anni ho lavorato per due aziende del vibonese come impiegata amministrativa. Contratti part-time di 4 ore ma di fatto erano 9 ore al giorno per mille euro al mese. Viaggiavo tutti i giorni e mai che mi abbiano rimborsato il carburante. La prima azienda, dopo che ho chiesto un aumento e un regolare contratto full time, ha deciso di non rinnovarmi. Nella seconda mi sono dimessa io. Facevo dalle 8 alle 19 tutti i giorni, senza giorno libero. Ho un Cv molto vario, due diplomi e 6 qualifiche. Ma purtroppo non importa a nessuno».

«Undici ore da cameriere per 850 euro»

Poi c’è la voce di un cameriere di Capo Vaticano, che ha visto il proprio lavoro sostituito da chi era disposto ad accettare ancora meno: «Lavoravo da due anni in nero come cameriere a Capo Vaticano. Pagamento in contanti 850 euro al mese per turni anche di 11 ore. Il titolare poi ha trovato un ragazzo disposto a lavorare per 600 euro con le mie stesse mansioni. A quel punto non servivo più. Il bello è che mi dispiace più per quel ragazzo che per me».

Un travaglio e un lavoro perso

E ancora, il racconto di un ragazzo che, in piena stagione estiva, ha dovuto scegliere tra il lavoro e stare accanto alla compagna in un momento cruciale: «Stagione estiva. Lavoravo in nero da anni in un bar, al bancone, quando la mia ragazza era in travaglio e solo io potevo accompagnarla a Vibo. Mi è stato detto di chiamarle un taxi perché se mi fossi assentato in quel momento (fine giugno) li avrei rovinati. Da qui è iniziato il deterioramento del rapporto fino al mio definitivo allontanamento».

Offerta di sfruttamento

Sulla pagina c’è poi chi condivide le “offerte” ricevute, come questo messaggio arrivato via WhatsApp: «Buonasera, sono del caseificio ***. Ho ricevuto la sua candidatura tramite Indeed. Vorrei avere il piacere di fissarle un colloquio conoscitivo e le anticipo che si tratta di un contratto con turni di sole mattine, dalle 7:30 alle 14:00, dal lunedì al sabato. Retribuzione mensile di 600 euro. Attendiamo un tuo riscontro, grazie e buona giornata».

Ogni giorno l’Osservatorio pubblica nuove storie. Non casi isolati, ma frammenti di una realtà chiara: nel Vibonese e in Calabria, troppo spesso lavorare significa accettare condizioni impossibili. La pagina — seguita da quasi 12mila persone — raccoglie e condivide queste esperienze, mostrando le difficoltà quotidiane di chi lavora senza diritti e dando voce a chi, altrimenti, resterebbe in silenzio.