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18/03/2025 ore 18.58
Cronaca

Il narcotrafficante pentito della cosca Molè: viaggi a Catania per recuperare 106 chili di cocaina con il contatto calabrese

Errico D’Ambrosio racconta il meccanismo utilizzato per far uscire la droga fuori dallo scalo. Il ruolo del sidernese Giuseppe Curciarello nel sistema svelato dall’inchiesta Lost and found e il legame con la famiglia siciliana dei Cappello

di Pablo Petrasso

«La mia famiglia di appartenenza in Calabria è la cosca Molè». Errico D’Ambrosio, campano, è uno dei collaboratori di giustizia più informati sulle dinamiche del narcotraffico. Secondo quanto racconta i magistrati, D’Ambrosio sarebbe uno dei terminali operativi del business, una specie di mister Wolf che le cosche contattano per risolvere problemi.

Succede anche nel maggio 2022, quando la sua “famiglia” lo avrebbe contattato per sbloccare l’esfiltrazione di una partita di cocaina in arrivo al porto di Catania. Sono circa 106 chilogrammi, l’equivalente di diversi milioni di euro nel mercato dello spaccio. Le parole di D’Ambrosio – che ha già svelato traffici nei porti campani e toscani – inguaiano uno degli uomini arrestati oggi nell’operazione Lost and found della Guardia di finanza di Catania coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dalle pm Tiziana Laudani e Michela Maresca.

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Il pentito dice di essere stato contattato da una persona il cui nome resta omissato e da tale Paco, che lui conosce come Giuseppe Curciarello di Siderno. Poi spiega come si muove il gruppo di narcos per sistemare le cose. D’Ambrosio si mette in viaggio su un’auto a noleggio e viene ospitato in un bungalow di legno dotato di piscina. A Catania lo aspettano due persone: una è proprio Curciarello. L’altro sarebbe, secondo il collaboratore di giustizia, un membro della famiglia Cappello di Catania che si accompagnerebbe a un cantante che non sarebbe coinvolto nella vicenda.

Una volta arrivato a Catania, D’Ambrosio si sarebbe introdotto nel porto assieme a Curciarello («ricordo che all’interno vi è una discoteca») per dare un’occhiata al container che trasportava la coca da portare all’esterno. Il pentito spiega che il problema sarebbe stato legato alla lamiera del tetto del container che si era dissaldata.

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Fu messo del nastro adesivo per tenere la lamiera abbassata, cosa che fece irritare D’Ambrosio perché l’espediente avrebbe potuto rendere pericolosa l'esfiltrazione della cocaina. Quel carico fu sequestrato dalla Guardia di finanza ma il racconto del pentito aiuta a ricostruire la filiera che, nel porto di Catania, farebbe riferimento al gruppo. D’Ambrosio parla di un «gruista» che può muovere i container e del quale non si parlava mai per preservarlo dalle indagini. Il carico, secondo quanto raccontato nel verbale, sarebbe stato destinato ai Mussi o ai Laudani (D’Ambrosio non ricorda nel dettaglio, ndr), comunque a «soggetti considerati molto seri e in grado di onorare gli impegni economici».

Di certo, per il pentito, c’è che il sidernese Curciarello avrebbe avuto un ruolo importante nell’occasione. Le valutazioni degli inquirenti sono dello stesso tenore: per loro, il 58enne calabrese sarebbe inserito in contesti criminosi legati al narcotraffico. Questo, assieme ai suoi precedenti (il gip cita una condanna per associazione di stampo mafioso e porto illegale di armi), lo ha portato in carcere.