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30/09/2025 ore 06.30
Cronaca

La rinascita dopo l’esplosione, Francesco Fiamingo riparte lì dove la vita si era fermata: «Un giorno senza fare nulla è sprecato»

L’imprenditore e presidente del Consorzio della 'Nduja di Spilinga lo scorso febbraio rimase gravemente ferito nella sua azienda. Oggi è tornato al lavoro e a LaC store racconta la sua straordinaria voglia di vivere

di Gabriella Chiarella

Ci troviamo nella sua azienda. Francesco Fiamingo si dice “impacciato”. Mentalmente ha riacquistato una lucidità senza eguali, segno di professionalità e voglia di ripresa. Spiega le diverse fasi del processo di lavorazione delle carni e del peperoncino. Ma quando si mette all’opera, le mani tremano, non hanno la presa abituale. Si giustifica dicendo che è passato pochissimo tempo da quando è tornato al lavoro, da quella terribile esplosione nella sua azienda di Spilinga lo scorso 14 febbraio. Più che di giustificazioni, ha solo bisogno di congratularsi con se stesso per aver tratto una lezione importante a seguito del suo incidente: «Un giorno senza fare nulla è un giorno sprecato, perché la vita è breve. Di conseguenza, il tempo deve essere utilizzato in maniera efficiente. Bisogna produrre qualcosa a livello umano e commerciale».

Francesco aveva chiuso le porte al suo incidente, inchiodando letteralmente un pannello all’entrata della tavernetta in cui è avvenuto. Ma davanti alla telecamera di Saverio Caracciolo, ha voluto riaprire quel luogo martoriato per ripercorrere l’incidente, raccontarlo, affrontarlo. I segni dell’esplosione sono ovunque. Pareti dismesse, macerie sul pavimento, materiali bruciati. E Francesco lì, in piedi, calpestando quella che è stata la sua sciagura e riprendendo la sua vita in mano: «Lo spirito non mi manca assolutamente; devo ripartire da qui. Qui si stava per fermare la mia vita. Ma adesso ricostruirò questa tavernetta come punto di partenza e di ritorno alla vita».

Francesco racconta le dinamiche dell’incidente (e post-incidente) con un distacco analitico che fa desumere che sia consapevole di tutto e pronto all’effettivo ritorno alla vita di cui parla: «La vita è una sfida in cui porsi degli obiettivi. E finché non li raggiungo, non mi sento realizzato» continua. A volte ride addirittura, nonostante stia raccontando qualcosa di tragico, dimostrando una sapiente autoironia. L’unico momento in cui si commuove è quando pensa ai suoi genitori. «In ospedale mi hanno svegliato dopo una sessantina di giorni. Appena ho aperto gli occhi, non ricordavo cosa fosse accaduto ma ci è voluto poco per realizzare. Riuscivo a vedere i miei dietro il vetro». Si interrompe così, Francesco, sfogandosi in un pianto. Quel vetro che lo separava dai suoi e che lo ha separato dalla vita per più di due mesi. Ma da quando si è svegliato è stato impaziente di tornare a casa. Ha subito riso. Racconta di quando il medico gli ha rivelato che il suo orecchio fosse staccato e la sua risposta è stata: «Orecchio o no, io me ne voglio tornare a casa». Qualche punto e via, dopo otto giorni dal suo risveglio Francesco è tornato a casa.

L’11 aprile è stato il giorno delle dimissioni. Il vice-primario si congratula con lui perché ha battuto le statistiche: non solo ha contrastato un tragico epilogo (che avviene nel 90% dei casi) ma ha anche lasciato l’ospedale dopo appena due mesi, quando in genere è necessario un tempo da sei mesi a un anno e mezzo per altri pazienti. Non per Francesco, che con i suoi 40 kg, tanti acciacchi ma ferite rimarginate, torna a casa stretto dall’affetto e dalle cure dei suoi cari. Cure iniziate già subito dopo il ricovero, andando tutti i giorni a Catania, come afferma mamma Raffaella. Inoltre, caso vuole che la figlia sia fisioterapista, il che ha giovato molto alla sua ripresa fisica.

Francesco non è nuovo al concetto di ripresa e ricostruzione. La sua “Bottega dei Sapori”, vale a dire il punto vendita aperto al pubblico dei prodotti d’azienda, è stato ricostruito utilizzando i materiali di scarto dell’ex farmacia di Spilinga che oggi è diventata L’Accademia Internazionale della Cucina Mediterranea. Senza contare che da dipendente, oltre venti anni fa ha lasciato il suo lavoro per aprire una impresa divenuta punto di riferimento per lo sviluppo rurale e aziendale tra le realtà calabresi. E, esposizione dopo esposizione nei maggiori centri della regione, è riuscito a presentare i suoi prodotti nei maggiori centri europei, da Amsterdam a Parigi, da Varsavia ad Atene. «La presenza dà solidità all’azienda e instaura un rapporto di fiducia con i clienti».

Il suo impegno viene dimostrato dai numeri, cresciuti dal 2006 in poi. Duemila quintali di ‘nduja prodotti all’anno, 600 quintali di salumi, il ristorante aperto da appena tre anni, la nuova azienda aperta negli Stati Uniti, sono la prova che Francesco non può fermarsi davanti a nulla. Che quella produzione umana e commerciale che giorno dopo giorno si pone come obiettivo troverà sempre terreno fertile, confermando che la resilienza non è solo un concetto astratto e inflazionato, bensì l’attitudine di chi abbraccia la vita in tutte le sue sfide e la fa crescere nonostante tutto.