L’aula bunker di Catanzaro è un disastro: interrogatori impossibili e sedie rotte. Avvocati disperati: «Non si sente nulla»
I problemi per le difese (e non solo) nella struttura di via Paglia che non ha metal detector né parcheggi sufficienti. Anche la nuova ala del Tribunale mostra problemi. Eppure non si registrano levate di scudi per rendere più dignitose le condizioni delle due strutture
«Il problema va risolto. Io non riesco a sentire cosa dice». L’avvocato Domenico Ceravolo è snervato. Cerca disperatamente di controesaminare il collaboratore di giustizia Gaetano Megna nel corso di una delle udienze d’appello del maxi processo Rinascita Scott che si stanno celebrando nell’aula bunker di via Paglia a Catanzaro. L’avvocato agisce nell’interesse del proprio assistito, Salvatore Rizzo, ex sindaco di Nicotera assolto in primo grado. Ma non si sente nulla. L’audio rimbomba. Il 27 marzo scorso il collaboratore era stato trasferito in un’altra stanza del sito protetto perché l’ascolto era ancora più ostico. Non è la prima volta che accade.
L’audio è pessimo sia che si sia in video collegamento che in presenza.
Anche nel corso di un’udienza del processo Robin Hood accadde qualcosa del genere e gli avvocati lamentarono la difficoltà di poter condurre il controesame. In quel caso il teste si trovava in aula ma il microfono si sentiva male e più volte venne chiesto di avvicinarsi e scandire le parole.
Non ci sono metal detector, solo un piccolo gabbiotto al quale presentarsi.
A Rinascita Scott l’avvocato Ceravolo alza le mani: «Io faccio le domande ma…». La più avvantaggiata ad ascoltare il collaboratore è il pm Annamaria Frustaci che, dopo tanti interrogatori, conosce bene l’eloquio di Megna. Il pm a volte ripete quello che il collaboratore dice ma per chi si trova in fondo all’aula è un’agonia perché anche il microfono dell’accusa è come se non esistesse.
Non è la prima volta che si cerca di riportare la cronaca di quello che è un processo di interesse pubblico celebrato nella struttura di via Paglia ma l’unica soluzione è riporre le armi e sperare nei verbali d’udienza.
Di questo problema più che frequente nella bunker di Catanzaro, però, nessuno parla. Qui non ci troviamo, come è stato scritto per l’aula bunker di Lamezia, in una «valle desolata e paludosa». No, siamo al centro di Catanzaro, tra lo stadio, il Tribunale per i Minori e a poche centinaia di metri dall’ospedale Pugliese Ciaccio.
I disagi qui non li denuncia nessuno. Non vogliamo immaginare quali sarebbero state le reazioni se fosse accaduto nella bunker di Lamezia quello che il 27 marzo è accaduto nel capoluogo: un tonfo enorme, un avvocato che si rialza da terra (per fortuna senza essersi fatto nulla) e un carabiniere che porta via il corpo del reato: una sedia sgangherata.
Volendo ci sarebbe da segnalare anche il problema dei parcheggi. Nella maggior parte dei casi si lascia l’auto accanto al muro dello stadio. Ma se l’aula bunker dovesse riempirsi allora qualcuno sarebbe costretto ad andare a parcheggiare in zona cimitero. Una bella scarpinata in salita che forse farebbe rimpiangere la pianura (desolata e paludosa per carità) dell’aula bunker di Lamezia Terme.
Allo stesso modo nessuno ha avuto nulla da ridire per gli interminabili lavori della nuova ala del Tribunale Ferlaino, sempre a Catanzaro, il cui risultato finale è un’aula di Corte d’Assise piccola, ascensori che non funzionano e una sorta di sala-acquario, destinata a pubblico e stampa, che affaccia sulla Corte d’Assise, senza prese per collegare un pc o un cellulare e senza casse che agevolino l’ascolto dell’udienza. Ma anche qui bocche cucite. Per ricevere un minimo di attenzioni e di critiche le opere devono portare l’impronta, come è accaduto con la bunker di Lamezia, dell’ex procuratore Nicola Gratteri.