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30/01/2025 ore 17.56
Cronaca

Lo strapotere dei Gallace sul Basso Jonio catanzarese, bocche cucite nella prima tornata di interrogatori

In sette si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti al gip. Alla cosca viene contestato un controllo capillare e asfissiante sul territorio capace anche di condizionare le amministrative a Badolato

di Alessia Truzzolillo

Si sono avvalse tutte avvalse della facoltà di non rispondere, sette delle 44 persone raggiunte ieri da misure di custodia cautelare (15 in carcere e sette ai domiciliari) nel corso dell’operazione Ostro coordinata dalla Dda di Catanzaro contro la pervasività della cosca Gallace di Guardavalle.

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Oggi il gip Sara Merlini ha convocato Francesco Aloi, 58 anni, di Guardavalle (difeso dall’avvocato Mauro Ruga); Cosimo Andreacchio, 23 anni, di Guardavalle (difeso dall’avvocato Vincenzo Cicino); Giuseppe Bava, 48 anni, di Guardavalle (difeso dall’avvocato Vincenzo Cicino); Antonio Paparo, 63 anni, di Badolato (difeso dall’avvocato Salvatore Staiano); Moreno Rocco Riitano, 39 anni, di Guardavalle (difeso dall’avvocato Vincenzo Cicino); Cosimo Sorgiovanni, 47 anni, di Monasterace (difeso dall’avvocato Alfredo Arcolace); Cosimo Damiano Gallace, 64 anni, di Guardavalle (difeso dall’avvocato Mauro Ruga).

Tutti gli indagati convocati oggi sono detenuti in carcere.

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L’inchiesta

A vario titolo vengono contestati i reati di associazione di stampo mafioso, concorso esterno, voto di scambio politico-mafioso, minacce, estorsione, procurata inosservanza di pena, trasferimento fraudolento di valori, reati in materia di armi, detenzione e spaccio di stupefacenti.
Secondo l’accusa la cosca era parecchio armata, tanto da importare anche fucili da guerra da Serbia e Montenegro, e capace di esercitare un controllo capillare e asfissiante sul territorio del Basso Jonio catanzarese.
In particolare, il gruppo legato ad Antonio Paparo avrebbe condizionato le elezioni amministrative di Badolato nell’ottobre 2021. Un accordo illecito tra Paparo, il sindaco Nicola Parretta e il vicesindaco Ernesto Maria Menniti (entrambi finiti ai domiciliari) avrebbe consentito a Parretta di vincere le elezioni a mani basse permettendo a Paparo di inserirsi nelle attività dell’ente grazie anche alla nomina del figlio Maicol (anche lui ai domiciliari) a presidente del consiglio comunale.