Lo strapotere di Putrino e Rocca nell’ospedale di Lamezia. La Cassazione: non sono cosche ma c’è metodo mafioso nell’illecita concorrenza
Diventano definitive cinque condanne e un’assoluzione nell’ambito del procedimento Quinta Bolgia. Minacce a ditte concorrenti e personale sanitario e accessi indiscriminati nei reparti. Riconosciuta la legittimità delle società riconducibili ai Putrino
La sesta sezione delle Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati da accusa e difese nell’ambito del procedimento denominato Quinta Bolgia e incentrato sullo strapotere, imposto con la forza, di due ditte di pompe funebri all’interno dell’ospedale di Lamezia Terme. Diventa così definitiva la sentenza di secondo grado che certifica la caduta dell’associazione mafiosa e condanna cinque dei sei imputati per illecita concorrenza con violenza o minaccia aggravata dal metodo mafioso.
Dunque la Cassazione ha riconosciuto l’effettiva ingerenza delle ditte di pompe funebri Putrino e Rocca all’interno del nosocomio. Queste, pur di “accaparrarsi” l’affare delle esequie di chi moriva in ospedale, avevano le chiavi dei vari reparti, accedevano a registri e password e impedivano con minacce ad altre ditte di accedere all’ospedale.
Allo stesso tempo gli ermellini hanno ritenuto che i gruppi Putrino e Rocca non siano da ricondurre ad associazioni mafiose, né affiliati con gruppi già riconosciuti all’interno del territorio.
La Cassazione esclude definitivamente che esistessero due sottogruppi associativi di stampo ‘ndranghetistico a loro volta inseriti nel contesto criminale riconducibile alla consorteria Iannazzo-Cannizzaro-Daponte.
Allo stesso tempo viene riconosciuta l’esistenza di un duopolio il quale, adoperando la forza di intimidazione tipica del metodo mafioso, compiva atti di concorrenza con violenza o minaccia nel settore delle onoranze funebri e dell’assistenza sanitaria, a discapito di altre imprese come la Vescio Funeral Home.
Comportamenti aggressivi, boicottaggio. Così veniva intimidita la concorrenza ma anche il personale sanitario dell’ospedale. Gli uomini delle due ditte, dice il capo di imputazione, avevano accesso diretto ai reparti, al pc del Centro prelievi e del Pronto soccorso, alla farmacia del Pronto soccorso e libero e indiscriminato accesso coi propri mezzi nelle aree esclusive dell’ospedale.
La Corte di Cassazione ha assolto tutti per l’associazione mafiosa e ha condannato per illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso: Pietro Putrino (difeso dagli avvocati Francesco Gambardella, Massimiliano Carnovale e Michele Cerminara)) a due anni e otto mesi di reclusione;
Diego Putrino classe ’82 a un anno e sei mesi di reclusione;
Diego Putrino classe ’67 a un anno e sei mesi di reclusione;
Rocca Ugo Bernardo (difeso dall’avvocato Antonio Larussa) a un anno e sei mesi di reclusione;
Franco Antonio Di Spena (difeso dall’avvocato Lucio Canzoniere) a due anni, cinque mesi e 10 giorni di reclusione.
Assoluzione piena per Vincenzo Torcasio (difeso dall’avvocato Antonio Larussa) che doveva rispondere solo dell’associazione mafiosa.
Ai Putrino è stata riconosciuta la legittimità delle società ad essi riconducibili.