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02/07/2025 ore 08.59
Cronaca

Medici cubani in Calabria, un’inchiesta accusa: stipendi decurtati del 70% e controlli anche sui social

Un network che si oppone al regime raccoglie testimonianze e mostra i documenti degli accordi tra i professionisti sanitari e L’Avana: «Tasse fantasma su straordinari e tredicesime per tagliare le retribuzioni. E c’è una squadra che monitora ogni giorno l’attività online»

di Pablo Petrasso

L’inchiesta di CubaNet inizia nella sala di riposo di un ospedale calabrese dove una dottoressa cubana sorseggia un caffè e controlla la valanga di lamentele lasciate dai suoi colleghi su Whatsapp. È dicembre 2024 e – riporta il network che ha sede in Florida e non è certo tenero nei confronti del regime – dal comando della Missione medica cubana in Italia arriva la richiesta di cedere allo Stato una fetta di stipendio ancora maggiore di quella che la Cmsc (Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos) già detrae mensilmente.

L’azienda che media tra l’Italia e i medici chiede di più e quella dottoressa riceve soltanto 6,68 euro all’ora anziché i 34,50 previsti dagli accordi come salario base. Da quanto resta ai medici dipende la cifra che ciascuno di loro potrà inviare alla propria famiglia a Cuba.

È una storia che ripropone da quando i dottori sono arrivati in Italia per aiutare la sanità nell’era Covid e poi sono sbarcati anche in Calabria, dove tengono in piedi reparti altrimenti destinati a chiudere. Alcuni rapporti internazionali utilizzano la parola sfruttamento senza troppi giri di parole, il regime e la Cmsc negano.

Medici cubani in Calabria: le trattenute sullo stipendio

L’Italia paga direttamente i professionisti sanitari cubani. Il guaio è, secondo CubaNet, che lo L’Avana continua a imporre il proprio modello di prelievo dai loro conti correnti. CubaNet ha raccolto testimonianze di medici in servizio in Calabria e avrebbe verificato che i medici possono trattenere solo tra il 28% e il 46% del salario base netto che l’Italia paga loro, e appena il 28,5% (o meno) delle ore straordinarie e altri benefit, come tredicesime. Il resto deve restituirlo ogni mese alla Csmc attraverso una “imposta fantasma”.

L’illusione di un contratto equo

Nel 2022 l’accordo Italia-Cuba è stato presentato come un modo per far fronte alla carenza di personale sanitario in Calabria. Obiettivo raggiunto: i medici sono riusciti a ripopolare reparti esangui e il loro rapporto con i pazienti è stato giudicato molto positivo. Una sfida vinta, nonostante le resistenze iniziali.

C’è stato anche un tentativo di disinnescare le polemiche legate ai controlli pervasivi di Cuba sui professionisti, anche rispetto agli stipendi. Il sistema concepito prevedeva pagamenti diretti ai medici, superando l’intermediazione statale cubana. In realtà, documenta CubaNet, ogni mese i medici sarebbero obbligati a restituire una parte sostanziale del proprio stipendio.

Il doppio contratto — uno con l’Asp italiana, l’altro con la Csmc — stabilisce condizioni nettamente divergenti. Se da un lato il contratto italiano riconosce una retribuzione di circa 67mila euro lordi annui, dall’altro quello cubano limita l'importo netto trattenibile a soli 1.200 euro mensili, ridotti a 1.000 per i primi sei mesi. Il resto finisce sui conti dell’azienda di Stato, che applicherebbe anche trattenute arbitrarie su straordinari e tredicesima.

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Imposte fantasma e vincoli giuridici

Secondo i documenti visionati da CubaNet, la Csmc applicherebbe una tassa del 43% sulle ore extra, trattenendo così fino al 71,5% del compenso aggiuntivo. Non ci sono norme fiscali italiane che giustifichino prelievi simili. Anche la tredicesima, garantita dal contratto italiano, sarebbe falcidiata: nel dicembre 2024, i medici cubani hanno ricevuto appena il 19% della somma dovuta. La reazione dei coordinatori locali è stata all’insegna dell’indecisione: alcuni hanno chiesto una revisione dei trasferimenti, altri hanno giustificato le trattenute come “donazioni volontarie” al popolo cubano.

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Un sistema di sorveglianza e controllo anche digitale

Oltre al prelievo salariale, i medici sarebbero sottoposti a una rigida sorveglianza. La cosiddetta “circolare 13” regola, contesta CubaNet, ogni aspetto della loro vita in Italia: dai permessi per spostarsi tra province, fino al divieto di relazioni sentimentali o sociali senza previa comunicazione ai responsabili della missione. Vietato iscriversi a sindacati, partecipare a proteste o muoversi autonomamente sul territorio.

Il controllo è esteso anche al mondo digitale. Ogni medico sarebbe monitorato nella propria attività sui social: viene valutata la partecipazione alle pagine ufficiali della missione e chi non mette “like” può finire in liste di proscrizione. Alcuni medici sono incaricati di monitorare e segnalare chi non partecipa attivamente alla propaganda.

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Secondo documenti interni della Missione trapelati a CubaNet, circa una trentina di professionisti presentati come medici svolgono in realtà il ruolo di community manager all’interno del “Grupo de Redes Sociales y Memoria Histórica”, incaricato di monitorare quotidianamente l’attività virtuale. Tra le loro responsabilità figurano la promozione del “lavoro quotidiano” della Missione medica cubana in Italia (Mmci), la stesura settimanale di report su pubblicazioni, reazioni e commenti, la raccolta di statistiche e il monitoraggio della partecipazione dei medici a contenuti propagandistici ritenuti di importanza strategica “per la massima direzione del Paese”.