«Mio padre Edison Malaj morto sul lavoro in un incidente evitabile, ma qui le vite non sono tutte uguali»: la rabbia della figlia Sara
La figlia dell’operaio deceduto a Frascineto nel febbraio 2024 ricorda il genitore scomparso: «Un raggio di sole che nessuno potrà spegnere. Si è sacrificato per tutta la vita per darci un futuro e ora non c’è più. E nessuno si scandalizza per le tragedie e la mancanza di sicurezza»
«Alcuni lavori valgono più di altri». Lo dice con fermezza Sara Malaj, convinta della ragionevolezza del suo giudizio. Ma, a voler rovesciare l’affermazione per andare in fondo alla questione, sarebbe più corretto dire che alcuni lavori valgono meno di altri.
Il telefono che squilla a vuoto
È questa la morale che è riuscita a trarre dalla sua dolorosa esperienza. «Quel giorno lo avevo chiamato appena uscita dal lavoro ma senza ricevere risposta. Non sapevo ancora quel che era accaduto». Una consuetudine quella tra Sara e suo padre Edison. Lei, dopo essersi laureata, è rimasta a Parma: «Ci sentivamo ogni giorno per sapere com’era andata la nostra giornata» racconta oggi.
Il 16 febbraio 2024
Anche il 16 febbraio del 2024 Sara aveva composto il numero per condividere una manciata di quotidianità. Non sapeva che era già stato inghiottito. Da quel lavoro a cui aveva dedicato gran parte della sua esistenza. Albanese di origine ma in Calabria da 24 anni - Sara ne aveva appena 3, oggi 28 - per costruire una opportunità di riscatto per sé e per i suoi due figli.
Incidente sul lavoro nel Cosentino, operaio muore a Frascineto schiacciato da una lastra di cementoIl cavo spezzato
Il percorso di emancipazione che Edison Malaj aveva immaginato si è spezzato quel giorno, insieme al cavo che reggeva la lastra di cemento crollatagli, infine, addosso senza lasciargli scampo, nel piazzale delle ex cantine sociali a Frascineto. È questa l’ipotesi a cui lavora la magistratura che adesso dovrà chiarire i reali contorni dell’incidente costato la vita ad un uomo, 55 anni.
La salvezza, e il suo opposto
Il lavoro, salvifico strumento di riscatto sociale, in un attimo trasformato nel suo esatto opposto. La Procura di Castrovillari ha iscritto sul registro degli indagati tre persone, tra cui il titolare della ditta per cui lavorava. «Sì, un incidente che si sarebbe potuto evitare - annuisce Sara – ma a prevalere oggi non sono sentimenti di rabbia piuttosto il pensiero che mio padre non potrà mai godersi la pensione, il riposo. Alla fine, un sorriso di soddisfazione per tutto ciò che è riuscito a costruire e a darci».
Operaio schiacciato da una lastra a Frascineto, indagate tre persone: sono due colleghi e il datore di lavoroSacrificio quotidiano
Una figlia laureata, un altro sta per concludere gli studi. «Una vita di sacrificio» racconta Sara. Per spianare la strada ai suoi due figli. «Mio padre metteva al primo posto ogni esigenza mia e di mio fratello. Io ho studiato a Parma, mio fratello sta finendo gli studi. Una vita di sacrificio, sempre al lavoro, non aveva tempo per dedicarsi ad hobby. Quando restava a casa per godere della nostra compagnia o tornava così stanco da esser costretto a riposare».
Lo stillicidio
«Una persona fantastica, abbiamo percepito l’amore delle persone che lo conoscevano in occasione delle manifestazioni che abbiamo organizzato dopo l’episodio». Episodi che non possono più essere derubricati a mera fatalità. C’è un passaggio delle “Città invisibili” di Italo Calvino che Sara rievoca per tratteggiare «l’atteggiamento delle persone nei confronti di quello che purtroppo continua a succedere ogni giorno».
L’inferno dei viventi
«L'inferno dei viventi – spiega - non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».
Incapacità di prendersi cura
«Morire sul lavoro è diventato tanto frequente che quasi ci si volta d’altra parte. Ho sentito dire “poverino”, “che disgrazia”, come se fosse stato un evento dettato dal caso. Non è così – sentenzia Sara – ma è stato cercato perché non si è capaci di prendersi cura dell’ambiente e delle persone con cui si lavora».
Il rischio calcolato
Quindi, l’amara constatazione: alcuni lavori valgono più di altri. «È vero, sono toccata in prima persona da questi eventi ma non credo di essere irrazionale quando dico che ancora oggi alcune categorie lavorative valgono più di altre. Soprattutto nelle piccole aziende non ci sono controlli, manca la prevenzione. Alcuni lavori valgono più di altri» è la morale. Comunemente accettata. Se si accetta – come si fa – che determinate attività lavorative includano anche un effetto collaterale, la morte come un rischio calcolato.
Un’ultima domanda. Come vorresti che tuo padre sia ricordato? C’è un aneddoto o una storia che porterai sempre con te tra i ricordi che ti legano a tuo padre?
«Sulla lapide abbiamo fatto incidere: “Per quel raggio di sole che nessuno potrà mai spegnere”. Penso che non ci sia frase più rappresentativa».