’Ndrangheta a Cariati, il duello tra venditori ambulanti per un posto sul lungomare
Olindo Celeste, ritenuto vicino alla 'ndrina locale, sarebbe intervenuto direttamente dopo aver ricevuto una telefonata dai toni inequivocabili. Ecco l’intercettazione
Un banale litigio tra ambulanti si sarebbe trasformato in una dimostrazione plastica del potere mafioso. Siamo nell’agosto del 2022, sul lungomare di Cariati. Un venditore ambulante, lamenta di essere stato spostato dal suo consueto posteggio da un altro commerciante. A ristabilire “l’ordine” ci avrebbe pensato Olindo Celeste, soggetto ritenuto affiliato alla 'ndrina locale, che, secondo quanto registrato dagli investigatori, sarebbe intervenuto in prima persona dopo una telefonata dai toni eloquenti. L’episodio, documentato dalla Polizia di Stato, svelerebbe la capacità del gruppo criminale di esercitare potere, intimidire e regolare anche le più semplici dinamiche sociali ed economiche del territorio.
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È l’8 agosto 2022 quando sull’utenza in uso a Olindo Celeste giunge una chiamata da un numero sconosciuto. La voce dall’altro capo del telefono si presenta con cautela: «"Sono quell'amico tuo che passi sempre sul lungomare... Quello di Calopezzati... Quello che monta la bancarella al Nettuno..."».
Una presentazione criptica, probabilmente dettata dal timore di essere intercettati. Una volta capito chi fosse, Celeste si sarebbe messo subito a disposizione. Il venditore ambulante lamentava che un altro ambulante aveva occupato il suo posto e, nonostante le proteste, non intendeva spostarsi: «“Ci sono quelli là al fianco che se ne sono venuti sul posto da noi... sono andato a dirglielo e mi hanno detto "che a loro non interessa niente"». Celeste, irritato, avrebbe risposto senza esitazione: «“Ah, non gli interessa niente? E ora vengo io dai…”».
Pochi minuti dopo, intercettato il segnale GPS dell’auto di Celeste, gli investigatori rilevavano che l’indagato si spostava effettivamente verso il “Nettuno”, dove si trovava il venditore ambulante.
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Celeste, giunto sul posto, sarebbe stato accompagnato da un uomo identificato solo come "Gianfranco". A quest’ultimo avrebbe spiegato: “Ma gliel’ho detto… che vanno... gli amici nostri lavorano... e tu vieni da un’altra parte di mondo… Ma stai bello bello, gli ho detto". L'’uso del plurale “gli amici nostri” avrebbe un chiaro valore intimidatorio e associativo: il potere esercitato non sarebbe stato individuale, ma in nome e per conto del gruppo criminale.
Una rete di protezione permanente
Il venditore ambulante, pochi giorni dopo, sarebbe tornato a contattare Celeste. Un altro ambulante, stavolta di Cariati e venditore di liquori, gli avrebbe nuovamente sottratto il posto. Anche in questo caso, la soluzione sarebbe passata dal riferimento all’appartenenza: «“Poi gli ho detto ‘vedi che sono un amico di coso’... insomma poi si è spostato”».
Celeste, individuando in un altro indagato il protettore del rivale, avrebbe rassicurato il venditore ambulante. Alla fine, la vicenda si sarebbe risolta con uno scambio di "referenze mafiose", in un gioco di riconoscimenti e intimidazioni reciproche.
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Secondo gli inquirenti, l’intera dinamica dimostrerebbe non solo il potere coercitivo esercitato dal clan, ma anche il fatto che i nomi dei presunti affiliati - Giorgio Greco, Olindo Celeste e Cosentino - sarebbero utilizzati come veri e propri strumenti di intimidazione, riconosciuti dalla popolazione come sinonimi di appartenenza mafiosa.
Le reazioni e gli sviluppi
Nessuna delle parti coinvolte avrebbe sporto denuncia. Le intercettazioni e le risultanze degli accertamenti sarebbero ora al vaglio della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, che ipotizza l’aggravante del metodo mafioso per il controllo del territorio, anche in ambiti minimi come la distribuzione dei posteggi ambulanti.