’Ndrangheta, Monardo «portavoce» di Bellocco a Milano, le accuse di usura e quel rapporto stretto: «L’ho cresciuto»
Dal nuovo filone dell’inchiesta Doppia Curva emergono le relazioni tra l’imprenditore di Soriano Calabro e il rampollo della cosca di Rosarno: «Giocava con me a pallone, suo suocero è come mio fratello»
L’imprenditore vittima di usura – che si definisce un editore sportivo – dice di aver conosciuto Antonio Bellocco, il rampollo di ’ndrangheta che aveva messo le mani sugli affari della Curva Nord, attraverso Filippo Monardo, 50 anni, imprenditore di Soriano Calabro ed ex consigliere comunale di Sorianello. Monardo era già comparso nei faldoni dell’inchiesta Doppia Curva. Non era indagato, anche se i pm della Dda di Milano lo definivano un uomo vicino a Bellocco. Nell’ordinanza di custodia cautelare che lo ha portato in carcere assieme ad altre quattro persone (due sono invece finite ai domiciliari) viene accusato di usura con l’aggravante di aver favorito la cosca di Rosarno.
’Ndrangheta a San Siro, altri 7 arresti anche in Calabria per usura ed estorsioni: «Hanno aiutato la cosca Bellocco» - NOMII prestiti di Monardo e Bellocco all’imprenditore milanese
Quel prestito che avrebbe previsto un incredibile tasso d’interesse dell’803% all’anno non sarebbe stato particolarmente fruttuoso per Monardo: l’editore non gli avrebbe restituito neppure la metà dei 44mila euro consegnati. Da lì, però, si snoda una catena di rapporti, anche societari, che porta gli investigatori in Calabria. Il primo di questi rapporti è quello con Totò Bellocco, incontrato dall’imprenditore sotto usura in un centro commerciale di Pioltello proprio alla presenza di Monardo che, dunque, si pone come raccordo per una parte degli affari milanesi del rampollo della cosca. È una sorta di passaggio di consegne: l’imprenditore di Soriano Calabro cede il passo al giovane di Rosarno che – sostiene l’editore – mostra una grande disponibilità economica. Gli dice, in sostanza, che avrebbe potuto prestargli tutti i soldi che voleva: la restituzione sarebbe dovuta avvenire mediante bonifico bancario come corrispettivo per fatture emesse da una cooperativa del Bergamasco. Bellocco presta all’uomo 23mila euro: lui non riesce a restituirli e Monardo insiste perché copra il debito. Lo avrebbe fatto fino quasi alla fine di ottobre 2024, quando avrebbe presentato alla vittima il resoconto della somma totale da restituire: 63mila euro da saldare entro Natale. A quel punto Bellocco è già morto: ucciso dall’ex capo ultrà (oggi pentito) Andrea Beretta. I soldi però sono ancora in ballo.
I pagamenti alla Monfruit di Soriano Calabro
È il metodo usato per i prestiti che porta gli investigatori direttamente in Calabria. I soldi arrivano alla vittima di usura che dovrà restituirli attraverso false fatturazioni comprensive del prestito erogato e degli interessi usurari applicati, pari al 22%. Alcuni dei pagamenti sono indirizzati alla società Monfruit di Monardo, che ha sede a Soriano.
Dopo la morte di Bellocco per mano di Beretta, Monardo continua a darsi da fare per recuperare tutto il denaro. All’editore sportivo lo spiega in maniera esplicita: «Perché loro in famiglia mi hanno detto i 20mila euro di Bellocco».
Il legame tra Monardo e Bellocco: «L’ho cresciuto questo ragazzo»
Nelle intercettazioni captate dopo le coltellate mortali inferte al rampollo del clan a Cernusco sul Naviglio, Monardo rivelerebbe – è la sintesi dei magistrati – l’intensità del legame che aveva con il giovane calabrese: «L’ho cresciuto questo ragazzo. Eh, giocava con me a pallone… il suocero (Giuseppe Fabrizio, ndr), lavoriamo da 30 anni insieme… abbiamo dormito insieme, è come mio fratello». Il dialogo avviene con la presunta vittima di usura che osserva come Monardo sia stato indicato in alcuni servizi televisivi come colui il quale aveva portato in Lombardia Bellocco. Lui risponde che non è vero, che a rendere possibile il trasferimento del rampollo di ’ndrangheta a Milano sarebbe stato suo cugino con un altro ragazzo, Vincenzo.
I magistrati continuano a scavare negli affari delle curve di San Siro e l’abisso in cui si inoltrano porta sempre in Calabria e quasi sempre nel Vibonese, tra Soriano e Gerocarne, dove sta il cuore dei rapporti calabresi di Marco Ferdico, altro ultrà al centro delle trame criminali che ha trascorso proprio a Soriano, in Eccellenza, un pezzo della propria carriera da calciatore. Il calcio in questa storia c’entra sempre, anche se resta sullo sfondo, divorato da interessi che con lo sport non hanno nulla a che fare.