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19/11/2025 ore 20.37
Cronaca

’Ndrangheta, un nuovo pentito fa tremare i clan padroni del narcotraffico: gli affari tra Piemonte, Calabria e Sudamerica

Enrico Castagnotto è uno degli imputati dell’operazione Samba che ha acceso i fari sul ruolo delle locali torinesi nello smercio di cocaina. Le sue parole alimentano le inchieste delle Dda del Nord 

di Pablo Petrasso

C’è un nuovo collaboratore di giustizia che racconta alle Dda i traffici internazionali della cocaina. Si tratta di Enrico Castagnotto, 52 anni, torinese, uno dei nove imputati del primo filone dell’inchiesta «Samba», che ha ricostruito il percorso di ingenti carichi di droga dal Brasile all’Europa, fino a Torino. Durante l’udienza preliminare dell’11 novembre scorso, il pm della Dda di Torino Francesco Pelosi ha depositato due verbali resi dall’uomo il 14 e il 16 luglio scorsi. L’imputato ha ammesso le proprie responsabilità e fornito la sua versione dei fatti, indicando ruoli e dinamiche interne all’organizzazione. La notizia, emersa dei giorni scorsi, trova conferma dopo il trasferimento degli atti dalla Procura di Torino a quella di Genova

Secondo quanto dichiarato dal nuovo pentito, infatti, il suo compito consisteva nel facilitare lo sbarco della merce: «Importava cocaina dal Brasile: più che altro, avevo la possibilità di far uscire la cocaina dal porto di Genova, grazie ad alcuni contatti». Castagnotto ha dichiarato di aver scelto di collaborare perché «esausto di quella vita, non voglio che mio figlio cresca tra i delinquenti». Il pentito, un verbale dopo l’altro, ha raccontato di narcotraffico, rotte della droga, cartelli internazionali. E quintali di cocaina, che sono poi la sua specialità. Una notizia deflagrante negli ambienti della ‘ndrangheta. E Oltreoceano, in Colombia e Brasile, dove Castagnotto, per anni – e da anni – ha giocato un ruolo importante nelle spedizioni di polvere bianca e nella tenuta dei rapporti con i produttori sudamericani.

La rete in Piemonte e i ruoli delle locali

A definire il quadro accusatorio è lo stesso pm Pelosi, chiamato a rispondere all’eccezione di incompetenza territoriale sollevata da una difesa. Per la Procura, la struttura del traffico era radicata in Piemonte. Tutto ruotava attorno a Vincenzo Pasquino, ora collaboratore, inviato in Brasile per affiancare i broker della droga Nicola e Patrick Assisi, e destinato a sostituirli dopo il loro arresto.

Sono le locali di ’ndrangheta di Volpiano e San Giusto Canavese, sostiene l’accusa, «a occuparsi dell’esportazione diretta di droga dal Brasile a Torino, Milano, Platì. La struttura è tutta torinese». E quando Pasquino viene arrestato, aggiunge il pm, «parte Christian Sambati, che è uomo suo a Torino». Il referente sul territorio, secondo gli inquirenti, era Antonio Agresta, capo della locale di Volpiano, che «prendeva il punto su ogni carico di cocaina». Conclusione della Procura: il processo deve restare a Torino.

Dalla rotta Santos–Valencia ai sequestri a Genova

Quattro imputati — tra cui i due collaboratori collegati da località protette — hanno chiesto il rito abbreviato. Altri attendono di esaminare i nuovi verbali prima di decidere. Tra gli episodi contestati c’è il trasferimento di 400 chili di cocaina dal porto di Santos a quello di Valencia, «occultati in un container» destinati — almeno in parte — alla piazza di Torino. I panetti erano siglati con un marchio «alato». A dicembre 2019, un altro carico di 22,475 chili proveniente dal Sudamerica fu invece sequestrato dalla Guardia di Finanza a Genova.

Il racconto di Pasquino dal carcere federale

Una parte decisiva dell’inchiesta nasce dalla verbalizzazione resa da Pasquino il 29 novembre 2023 nel penitenziario federale di Brasilia. All’interrogatorio parteciparono i pm Livia Locci e Francesco Pelosi, il sostituto della Direzione nazionale antimafia Roberto Sparagna e il comandante del Ros di Torino Andrea Caputo.

Pasquino ricostruisce traffici da centinaia di chili, operazioni concluse e fallimenti. Racconta, per esempio, un tentativo dal Brasile allo scalo calabrese: «Stavamo organizzando un carico da 50 kg di cocaina dal porto di Santos a Gioia Tauro». Per l’operazione erano stati ingaggiati «due ragazzi di Praia Grande, che dicevano di essere sommozzatori» incaricati di fissare le borse con la droga alla griglia vicino alla chiglia di una nave. Ma il piano fallì: «Questi due avevano utilizzato borse a colori fosforescenti e quindi sono stati notati dalla polizia, che ha sequestrato tutto».

Quell’episodio segna uno spartiacque nella vita di Pasquino: «Da quel momento, non sono più andato via dal Brasile».