«Oggi è finito l’incubo di Stige che ha distrutto la mia carriera politica»: l’ex sindaco di Strongoli parla dopo l’assoluzione
Michele Laurenzano ricorda l’arresto del gennaio 2018: «La sentenza della Cassazione restituisce serenità alla mia famiglia. Ho sofferto ma non ho mai smesso di credere nella giustizia»
Quasi otto anni dopo, quello che Michele Laurenzano definisce un incubo è finito. L’assoluzione definitiva nel processo Stige è stata stabilita dalla sentenza odierna della Cassazione e l’ex primo cittadino di Strongoli affida a una nota le sue riflessioni. Per lui il verdetto «rappresenta la fine di un incubo iniziato la mattina di giorno 9 gennaio 2018 quando io e la mia famiglia venivamo svegliati dal suono delle sirene e dall’accesso dei carabinieri che eseguivano la misura della custodia cautelare in carcere nei miei confronti». Momenti drammatici: «Il giorno dopo – continua Laurenzano – mi dimettevo dalla carica di primo cittadino di Strongoli. Era l’inizio della fine della mia carriera politica nonché l’avvio della fase commissariale per il mio amato Comune e di quell’incubo con cui ho convissuto in questi anni».
Ora «la sentenza della quinta sezione della Suprema corte, prima di tutto, restituisce la serenità smarrita alla mia famiglia. I miei figli, mia moglie hanno rappresentato il mio primo pensiero ed hanno rappresentato stato sostegno più grande in questi anni di sofferenza umana e professionale, nel corso dei quali non ho mai smesso di credere nella Giustizia. Grazie al collegio giudicante di secondo grado ed ai giudici di legittimità per avere scrutinato le carte con attenzione e scrupolosità».
«Grazie di cuore – chiosa Laurenzano – al collegio difensivo, costituito dagli avvocati Vincenzi Ioppoli, Pino Pitaro, Vittorio Ranieri e Giovanni Canino, che ha portato avanti una difesa caparbia, instancabile e accurata, indice di indiscussa professionalità, ponendo fiducia in me come uomo e non tralasciando nulla pur di arrivare alla verità. Oggi è il giorno della Verità, che certifica la mia Innocenza».