Ombre di ’ndrangheta su Domenico Ceravolo, lavori scontati al boss (oggi pentito) Mantella: «Non volevo problemi»
Nell’inchiesta Factotum della Dda di Torino il ruolo del sindacalista considerato vicino alle cosche: l’impresa gestita assieme a Saverio Razionale e la caccia ai verbali del capo dei Piscopisani divenuto collaboratore di giustizia con l’aiuto di Giovanni Giamborino
di Alessia Truzzolillo
Domenico Ceravolo è imputato nel processo Factotum, davanti al Tribunale di Torino, perché accusato di essere intraneo alla ‘ndrangheta piemontese, legato, in particolare, all’articolazione di ‘ndrangheta di Carmagnola. Ma, scrivono i finanzieri di Torino in una informativa messa gli atti del procedimento, Ceravolo «dal 2004 risulta essere particolarmente vicino a soggetti ritenuti esponenti di rilievo della 'ndrangheta vibonese quali Saverio Razionale, Andrea Mantella, Salvatore e Francesco Arone, Antonino Defina, Antonio e Raffaele Serratore, Francesco D'Onofrio».
Domenico Ceravolo, laureato in architettura, fino al 2011 «è stato un imprenditore edile e successivamente, una volta trasferitosi a Torino, è stato dipendente di alcune società edili». Nell’aprile 2017 è diventato un dipendente in distacco sindacale da Sitalfa, della "Filca Cisl Torino", attività che svolge anche attualmente. Dal febbraio 2024 è stato eletto, in seno alla stessa organizzazione sindacale, segretario organizzativo (della Filca Cisl Torino) a rimarcare ulteriormente il suo rapporto con il predetto sindacato». Ruolo dal quale è stato sospeso in seguito all’arresto.
La ditta di costruzioni con Razionale
Per quanto riguarda il rapporto di Ceravolo con Saverio Razionale, boss di San Gregorio D’Ippona, i due, scrivono i finanzieri, avrebbero gestito una ditta di costruzioni nella quale Razionale risultava capocantiere e l’architetto Ceravolo aveva un ruolo afferente alla sua qualifica. In seguito all’arresto del boss di San Gregorio, Ceravolo avrebbe svolto anche il ruolo di Razionale.
I problemi di usura
Domenico Ceravolo è il perno dell’inchiesta Factotum. È lui, secondo gli inquirenti, il faccendiere che risolveva i problemi della ‘ndrina. Ma, già nel 2016, Andrea Mantella – agli albori della propria collaborazione con la giustizia – racconta di essere intervenuto in più di un’occasione per aiutarlo visto che si trovava sotto usura da parte di due soggetti, «un pastore e suo figlio» che «gli hanno preso l'autovettura, se non erro una Fiat Stilo grigia, per cui lui chiese il mio intervento; gli ho fatto restituire il mezzo garantendo per lui la restituzione dei soldi che doveva dare loro; non ricordo la somma precisa, però rammento che erano circa 5/6 mila euro di interessi; ho fatto anche un altro intervento su un ragazzo di Maierato che sollecitava i pagamenti, per prestiti ad usura a Ceravolo». In un’altra occasione di sarebbe trattato di 20mila euro di debiti. «Insomma – dice Mantella – Ceravolo era sotto usura ad opera di diversi soggetti e si rivolgeva a me su indicazione di Saverio Razionale».
Le viste a Mantella a Villa Verde
Da aprile a ottobre 2010 Andrea Mantella ha scontato la sua detenzione in una clinica del Cosentino, Villa Verde perché ritenuto malato e inconciliabile col sistema detentivo carcerario. Su questo ricovero è in corso adesso un processo che lo vede puntare il dito contro colletti bianchi accusati aver favorito un ricovero finto e dorato, nel corso del quale riceveva i suoi uomini e perpetrava anche estorsioni. Mantella racconta che anche Ceravolo sarebbe andato a trovarlo a Villa Verde «ma a lui non ho fatto alcuna richiesta estorsiva».
Il pentito di ’ndrangheta: «Ormai la Calabria è al Nord, giù ci sono soltanto gli anziani (e le microspie)»Il trattamento di favore a Mantella perché «persona da rispettare»
Nel 2010 gli agenti della Squadra Mobile di Catanzaro verificano la commissione di lavori da parte di Mantella a Ceravolo. All’epoca il boss scissionista non era ancora pentito e gli investigatori avevano verificato che Ceravolo aveva effettuato lavori in «un'azienda agricola ubicata sulla via per Stefanaconi e successivamente altri lavori presso l'abitazione della sua compagna» e aveva fatto pagare a Mantella solo 5000 euro.
Pensando si trattasse di un’estorsione, gli investigatori avevano sentito Ceravolo il quale aveva asserito di essere stato lui stesso a richiedere quella cifra. E aveva aggiunto «di aver presentato un preventivo di favore ("molto vantaggioso") ad Andrea Mantella poiché aveva saputo, per quanto "si vociferava" in paese e per quanto aveva letto sui giornali nel 2004, dei suoi precedenti giudiziari e pertanto fosse "una persona da rispettare". Ha inoltre dichiarato di non aver mai visto Mantella prima del mese di novembre/dicembre 2009, periodo in cui ha ricevuto da quest'ultimo il compito di svolgere i lavori edili». «In sostanza – dice Ceravolo – gli dissi che doveva pagarmi solo il salario del personale necessario all'esecuzione dei lavori. Decisi di praticare tale trattamento ad Andrea Mantella perché mi sono regolato che era meglio rispettarlo per non avere problemi».
Il timore per il pentimento di Mantella
Qualche anno più tardi, nel 2016, quando Andrea Mantella decide di collaborare con la giustizia, Ceravolo apprende con timore la notizia e si rivolge a Giovanni Giamborino, uomo considerato legato alla cosca Mancuso, chiedendo «poter entrare in possesso delle dichiarazioni fin lì rese da Mantella». Ma Giamborino lo rassicura: «Per te non c'è proprio niente». Mantella in realtà stava già parlando parecchio.