Omicidio Scopelliti, la figlia Rosanna: «Papà era un uomo di giustizia, un faro di speranza in un periodo buio segnato dalle stragi di mafia»
Parla dopo la ricognizione giudiziale la figlia del giudice, vittima di ‘Ndrangheta. Una ferita mai rimarginata, una donna mai bambina che ancora si domanda quando la verità restituirà pace e memoria: «Quando parlo ai ragazzi di mio padre nelle scuole faccio fatica a dire che il caso non è risolto»
Nell'intimo della Fondazione Antonino Scopelliti, Rosanna Scopelliti guarda al passato con una dolcezza intrisa di nostalgia e dolore. La sua storia è quella di una bambina costretta a nascondersi, simbolicamente, in una valigia rossa, mentre il pericolo si celava dietro ogni angolo. Suo padre, Antonino Scopelliti, magistrato noto per il suo coraggio, divenne vittima della 'Ndrangheta nel 1991, un omicidio ancora irrisolto dopo 34 anni, che continua a costituire una ferita aperta per la società italiana.
Abbiamo parlato con Rosanna, non con la Scopelliti. Con la donna mai bambina che ha visto la sua vita in sospeso tra un passato ancora troppo presente e una sete di giustizia che non potrà mai colmare il dolore dell’assenza di un padre rimasto vivo grazie al lavoro della fondazione.
In un’intervista esclusiva per il format "A tu per tu" de ilReggino.it, Rosanna racconta quei giorni drammatici, permeati da un’innocenza strappata prematuramente. «Ricordo i momenti in cui dovevamo spostarci di nascosto, quando il pericolo sembrava essere ovunque. La valigia rossa simboleggiava non solo un rifugio, ma anche una speranza», spiega Rosanna, gli occhi che brillano di emozione mentre il ricordo del padre si rivela vividamente nel suo cuore.
La figura di Antonino Scopelliti è celebrata per il suo impegno nella lotta contro la mafia, ma il suo assassinio lascia strascichi devastanti. «Era un uomo di giustizia, un faro di speranza in un periodo buio, segnato dalle stragi di mafia. La sua morte ha rappresentato non solo una perdita personale, ma un colpo mortale per la giustizia stessa», afferma Rosanna, ricordando il potere e la carica simbolica che il padre rivestiva.
Omicidio Scopelliti, la scena del crimine ricostruita con strumenti di ultima generazione 34 anni dopo l'agguato mafiosoNegli anni, Rosanna ha dedicato la sua vita a portare avanti l’eredità del padre, mentre il dolore e la mancanza si mescolano con la determinazione di ottenere giustizia. «Ogni giorno è una lotta, non solo per il mio papà, ma per tutte le vittime di violenza. Non possiamo permettere che il silenzio continui a regnare», dichiara, con un tono di fermezza che non lascia spazio alla resa.
La fondazione da lei presieduta non è solo un memoriale, è un luogo di speranza e resilienza. «Vogliamo sensibilizzare le nuove generazioni riguardo al tema della legalità e della giustizia, affinché non ci sia più posto per l’omertà e la paura», afferma Rosanna, con la consapevolezza che, nonostante i trent’anni di attesa, la lotta non deve fermarsi.
«Dentro quella valigia sognavo di riabbracciare mio padre, di avere una vita normale con lui. Ma la realtà è che la mafia ha cambiato tutto, ha spezzato le vite di tanti innocenti e le nostre famiglie», racconta, esprimendo anche la vulnerabilità di una bambina costretta a crescere in un clima di terrore. Tuttavia, da questa vulnerabilità nascono la forza e la determinazione che oggi contraddistinguono Rosanna.
Omidicio Scopelliti, l’auto del giudice ucciso torna sul luogo del delitto: nuove indagini a 34 anni dall’agguatoIl dialogo con Rosanna Scopelliti è un viaggio nei ricordi, un racconto di lotte e speranze. Mentre il mondo continua a girare, la decisione di non arrendersi e di combattere per la verità diventa un faro per chi crede in una giustizia possibile, un invito a non dimenticare mai chi ha sacrificato la propria vita per difendere le giuste cause.
La ricognizione giudiziale sull'omicidio del giudice Scopelliti è un nodo ancora da sciogliere, ma Rosanna non perde la speranza. «La giustizia può arrivare tardi, ma non deve mai essere vista come un’utopia. La memoria di mio padre vive in ognuno di noi e la nostra lotta non si fermerà», conclude con determinazione, ereditando così l’indomabile spirito di Antonino, Ninuzzo.