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08/04/2025 ore 21.24
Cronaca

Omicidio Scopelliti, la scena del crimine ricostruita con strumenti di ultima generazione 34 anni dopo l'agguato mafioso

L’operazione attesa dal 2018 ha visto all’opera la Polizia Scientifica e la Squadra Mobile che hanno compiuto un lavoro meticoloso, millimetrico, trasparente e rigoroso 

di Silvio Cacciatore

Non è stata una simulazione. Non è stata una commemorazione. È stata la giustizia che si è rimessa in movimento.
Nel luogo esatto dove il 9 agosto 1991 fu assassinato il giudice Antonino Scopelliti, oggi si è svolta una ricognizione giudiziale attesa da oltre sei anni: un atto processuale a tutti gli effetti, condotto con strumentazioni scientifiche all’avanguardia, con l’obiettivo di ricostruire con precisione millimetrica la dinamica dell’agguato.

A Piale, frazione collinare di Villa San Giovanni, lo Stato è tornato sul luogo del delitto con la forza dei fatti, con il linguaggio della scienza, con l’urgenza della verità. Non più suggestioni o ipotesi, ma misurazioni, perizie, rilievi. Una giornata storica, non solo per l’inchiesta riaperta nel 2018 dopo il ritrovamento dell’arma del delitto, ma per l’intera memoria di una Nazione, e di una giustizia che non si è mai arresa.

Sul posto erano presenti la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, rappresentata dalla pm Sara Parezzan, la Squadra Mobile e la Polizia Scientifica, affiancate da numerose unità operative della Polizia di Stato. L’intera operazione è stata condotta con una precisione assoluta, curando ogni minimo dettaglio con rigore metodologico, fino a misurazioni centimetrate sul terreno. Nessun margine d’approssimazione: ogni fase è stata eseguita in funzione di perizie giudiziarie, utili a consolidare o confutare gli elementi raccolti sin qui.

Al centro della ricostruzione – realizzata con metodi della criminalistica moderna – c’erano tre elementi chiave: la BMW 318i su cui viaggiava Scopelliti, e che la famiglia ha custodito in questi anni, che per la prima volta dal 1991 è stata riportata sulla scena del crimine, una Honda Gold Wing 1200 identica a quella su cui i sicari avrebbero viaggiato, e una riproduzione fedele del fucile calibro 12, compatibile con l’arma ritrovata recentemente. Tutto è stato posizionato nella scena del crimine come indicato dalle testimonianze e dagli atti, per verificare la dinamica dell’agguato, l’angolazione dei colpi, i tempi di movimento e la traiettoria della fuga.

Non si è trattato dunque di una ricostruzione “teatrale”: è stato un passaggio tecnico-fondamentale all’interno di un’indagine riaperta formalmente e che, grazie anche alla collaborazione del pentito Maurizio Avola, punta oggi a ridefinire le responsabilità e i ruoli nella catena dell’agguato, finora rimasta priva di condanne definitive.

Il momento vissuto oggi a Piale ha un valore che va ben oltre la cronaca giudiziaria. È un punto di svolta che arriva a 34 anni dall’omicidio e che rappresenta, nella concretezza degli atti, la volontà dello Stato di non lasciar cadere il silenzio su una delle sue ferite più profonde. La ricognizione giudiziale è stata possibile solo oggi perché si è dovuto attendere un elemento decisivo: il ritrovamento, nel 2018, dell’arma del delitto, un fucile calibro 12 nascosto in un casolare di campagna. Da quel momento, le indagini hanno potuto contare su basi più solide.

Il collaboratore di giustizia Maurizio Avola, che ha confessato di essere uno dei due killer in moto ad aver ucciso Scopelliti, ha fornito ricostruzioni che hanno contribuito alla riapertura del caso. Ma per passare da dichiarazioni a riscontri scientifici, serviva un accertamento tecnico come quello di oggi: fondato, verificabile, misurabile. La presenza dell’arma compatibile, dell’autovettura originale e della moto identica a quella descritta, ha permesso di rimettere in sequenza i fatti, osservandoli con gli occhi di chi non cerca più verità narrate, ma verità dimostrabili.

Tutto questo fa del sopralluogo di oggi un passaggio epocale. Perché riporta il delitto Scopelliti nel cuore vivo dell’attività investigativa, con strumenti che oggi – nel 2025 – possono offrire risposte che all’epoca non erano nemmeno immaginabili.

A chi oggi era presente – come noi - sul posto, quella che si è svolta a Piale non è apparsa come una semplice attività tecnica. L’aria che si respirava era quella di un’urgenza silenziosa, di una determinazione composta, di chi sapeva che si stava affrontando un punto cruciale in una vicenda rimasta troppo a lungo sospesa tra dolore e attesa.

Ogni gesto, ogni movimento, ogni strumento collocato nella scena è stato trattato con cura assoluta. Nulla è stato lasciato al caso. Gli operatori della Polizia Scientifica e della Polizia di Stato hanno lavorato con precisione millimetrica, letteralmente al millimetro, nell’esecuzione dei rilievi, ripetendo più volte alcune misurazioni, verificando costantemente assetti e distanze. Un lavoro metodico, meticoloso, sorretto da un senso chiaro di responsabilità: fare bene, fare tutto, fare ora.

Ed è stato anche questo clima a rendere la giornata epocale. Nessuna ostentazione, nessuna barriera tra chi operava e chi osservava. La trasparenza è stata totale. Tutto è avvenuto sotto gli occhi della stampa – e Il Reggino e LaC News24, presenti sul posto fin dalle prime ore, hanno potuto documentare ogni fase – nella piena consapevolezza che ogni fotogramma, ogni millimetro di quel sopralluogo, avrebbe potuto contenere la chiave per riaprire una verità, forse, ancora recuperabile.

Eravamo lì. Non come semplici testimoni, ma come osservatori consapevoli del significato profondo di quella giornata, seguendo passo dopo passo il sopralluogo giudiziale, fianco a fianco con gli investigatori, documentando ogni fase con il rispetto che si deve a un’operazione delicata, complessa, e carica di implicazioni.

Non è scontato, in casi di questo rilievo, che la stampa sia messa in condizione di seguire così da vicino le attività di polizia giudiziaria. Eppure oggi è accaduto. È accaduto perché le forze dell’ordine, la Procura, gli uomini e le donne dello Stato impegnate sul campo hanno scelto la via della trasparenza, permettendo ai cittadini, attraverso il nostro racconto, di vedere con i propri occhi la serietà, l’impegno, la precisione con cui si è operato.

Non ci sono state aree interdette alla vista, né scorciatoie nel metodo. Ogni passaggio è stato fatto alla luce del sole, ogni rilievo è stato spiegato e condotto con l’obiettivo di restituire ai familiari, e a tutto il Paese, la certezza che si sta facendo tutto il possibile per trovare risposte vere, solide, definitive.

Oggi, a Piale, la giustizia ha camminato sulla strada dove quel pomeriggio la stessa fu uccisa. Lo ha fatto senza clamori, senza retorica. Lo ha fatto con la scienza, con la pazienza, con il metodo. Lo ha fatto perché Antonino Scopelliti lo merita, e con lui lo merita un Paese intero che da 34 anni attende verità.

Non si sa dove i rilievi di oggi porteranno. Ma quello che si è visto, misurato, toccato oggi, non potrà essere ignorato. È stato scritto un nuovo capitolo dell’inchiesta, fatto di prove, di verifiche, di atti formali. È stato scritto con strumenti moderni, ma anche con il linguaggio più antico e più solido della giustizia: la dignità del lavoro ben fatto.

In un tempo in cui l’indifferenza rischia di essere più letale dell’oblio, questa giornata dice che lo Stato non ha dimenticato. E che se anche ci vogliono decenni per arrivare a una risposta, ogni centimetro percorso nella direzione della verità vale ancora la pena di essere calpestato.