Omidicio Scopelliti, l’auto del giudice ucciso torna sul luogo del delitto: nuove indagini a 34 anni dall’agguato
Rilievi della polizia a Piale di Villa San Giovanni, dove mani criminali tolsero la vita al giudice nel 1991. Ricostruzione in 3D con tutti gli elementi sulla scena del crimine per fare luce su uno dei misteri d’Italia
È come un tuffo nel passato. Questa mattina a Piale di Villa San Giovanni il tempo si è fermato, anzi, è tornato indietro. La squadra mobile della Polizia di Stato ha portato a termine una ricognizione giudiziale in quel luogo che per troppo tempo è stato avvolto nel mistero e nel silenzio. Lì dove il giudice Antonino Scopelliti è stato ucciso, dopo 34 anni si torna a investigare.
A quasi 34 anni da quel 9 agosto 1991, la Polizia torna sul luogo del delitto.
Auto, moto e arma: i rilievi a Villa San Giovanni
La svolta arriva grazie ad una serie di verifiche su documenti e di accertamenti balistici effettuati sull’arma sequestrata a luglio del 2018. Per effettuare i rilievi, la polizia scientifica ha riportato sul luogo del delitto la Bmw 318i del giudice, custodita in tutti questi anni dai familiari. È la prima volta che si vede la macchina del giudice e si fa questa ricostruzione. A Villa San Giovanni anche una moto Honda Gold Wing 1200 che, stando alla versione del pentito Maurizio Avola, sarebbe stata utilizzata per portare a termine l'agguato. Il modello della moto è identico a quello che sarebbe stato utilizzato solo che è di un altro colore. Il mezzo, di proprietà di un signore di Messina, è stato messo a disposizione della Squadra mobile di Regio Calabria per eseguire la ricostruzione della dinamica.
La procura di Reggio Calabria, diretta da Giuseppe Lombardo, ha anche dato incarico alla Beretta di ricostruire fedelmente il modello dell'arma utilizzata dai killer. Si tratta di un fucile calibro 12 di marca Arrizabala che è stato portato sulla scena del delitto. Sul posto è presente la magistrata della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Sara Parezzan.
Delitto Scopelliti, uno dei misteri d’Italia
Segnali che qualcosa di nuovo potrebbe emergere o l’ennesimo tentativo di ridare dignità a un uomo che ha sacrificato la sua vita per quella sete di giustizia e quel forte senso di Stato. Adesso qualcosa si muove e si spera in una svolta significativa ma di certo è presto per dirlo. Una ricostruzione, a così tanta distanza di tempo, lascia spazio all’ipotesi di una necessità di fare chiarezza sulle dinamiche che quel giorno hanno segnato una delle pagine più buie della storia d’Italia. L’inizio di un periodo di stragi e sangue che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia.
Ricostruzione 3D, sul posto tutti gli elementi della scena del crimine. La Beretta, la moto, l’auto. Tutti gli elementi per ridare vita a una scena atroce.
Quel maledetto 9 agosto del 1991 la storia è cambiata. La mafia ha alzato il tiro e nulla mai più sarebbe stato lo stesso. Eppure, il giudice Scopelliti è morto e nessuno ha ancora pagato per quell’omicidio. Poco meno di un anno fa, prima di lasciare Reggio Calabria, il Procuratore Giovanni Bombardieri mise un sigillo importante sul caso irrisolto dell’omicidio del giudice Antonino Scopelliti. Un segnale di presenza proprio quando i fari sembravano essersi spenti. L’ennesima richiesta di verità e giustizia lanciata dalla figlia del magistrato Rosanna Scopelliti, non sembrò, dunque, essere caduta nel vuoto.
«Questa è una delle indagini che la Procura, la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, sta seguendo. Dopo tanti anni ha riaperto un caso per il quale si sta lavorando duramente perché le difficoltà ad indagare su un fatto così atroce commesso decine e decine di anni addietro sono evidenti. Sono evidenti - disse Bombardieri - anche per la necessità di riscontrare alcune dichiarazioni che ormai si sa sono state rese da un ex collaboratore di giustizia e in relazione ai quali però necessitano tutta una serie di riscontri. Noi vogliamo il colpevole, i colpevoli non un colpevole qualsiasi».
Ma dopo la girandola di processi tra accuse e assoluzioni adesso la speranza è flebile anche se non ha lasciato spazio alla rassegnazione. Il silenzio chiede a gran voce di essere rotto. Le promesse non fanno più da tampone alle carenze. Ed è tempo di concretezza. E se la volontà di trovare i colpevoli è maturata in una pista concreta, quella di oggi potrebbe diventare una pagina nuova da riscrivere per ridare dignità a un uomo che ha dato la vita per lo Staro e restituire serenità e giustizia ai familiari che stanchi non hanno mai smesso di invocarla. Tardi, sicuramente, ma mai troppo per la verità, quella che come amava dire lo stesso Scopelliti, sa di libertà: «Noi, come uomini, siamo contro la violenza e, come magistrati, siamo chiamati a far rispettare la legge. Abbiamo il dovere di intervenire quando la legge è violata. Crediamo nella democrazia, nella giustizia e nella libertà. La vera libertà civile: e quando parliamo di libertà non intendiamo riferirci solo al diritto di dire ciò che si sente e di sentire ciò che si vuole, convinti come siamo, che la miseria, la disoccupazione, l’ignoranza, l’insicurezza e la paura rendono l’uomo non libero, almeno quanto la servitù politica. La vera libertà civile non è libertà dalla legge, ma libertà nella legge. Fuori dalla legge non vi è libertà, né giustizia, ma licenza dei singoli e arbitrio del potere. Giustizia e libertà vivono e muoiono insieme».