Rifiuti come coriandoli lungo la strada tra Pizzo e Vibo Marina dopo lo sfalcio, la Provincia: «Doveva pensarci il Comune»
VIDEO | La spazzatura non è stata rimossa prima del taglio dell’erba ai bordi della carreggiata e così è finita sminuzzata, facendo brutta mostra di sé tra lo sconcerto dei turisti. E il presidente dell’ente intermedio punta il dito contro Palazzo Luigi Razza
La provincia di Vibo Valentia ha fatto il suo. Ora toccherebbe ai singoli Comuni rimuovere la montagna di rifiuti affiorata durante le operazioni di falciatura sulla provinciale n. 95, l’ex statale 522 che collega Vibo Marina e Pizzo. Il presidente della Provincia, Corrado L’Andolina, non lo dice in maniera netta, ma il senso del messaggio è inequivocabile: non è colpa dell’Amministrazione provinciale se la porta d’ingresso a due delle principali località turistiche del vibonese appare come una lunga discarica che si dipana vista mare.
La spazzatura c’era anche prima, ma non si vedeva, coperta da una foresta di erbacce, rovi e canneti. Poi, i mezzi meccanici della Provincia impegnati nello sfalcio lungo la rete viaria di competenza dell’Ente, senza farsi troppe domande, sono passati e hanno tagliato tutto. Il risultato è un mix di spazzatura di ogni tipo trinciata e sbrindellata insieme al “verde” da ripulire, che ora è sparsa lungo il tracciato, con grande sconcerto di turisti e residenti costretti a transitare tra due ali di monnezza fatta a coriandoli.
Tiene le mani basse L’Adolina, ma sembra comunque puntare il dito contro il Comune di Vibo Valentia, l’unico ente che non avrebbe dato seguito al suggerimento della Prefettura. «Lo scorso anno – ricorda – abbiamo avuto un incontro all’Ufficio territoriale di Governo nel corso del quale abbiamo concordato che la Provincia avrebbe provveduto allo sfalcio e i Comuni, benché giuridicamente non obbligati ma come forma di collaborazione istituzionale, sarebbero intervenuti per lo smaltimento dei rifiuti. Alcuni lo hanno fatto spontaneamente, come nel caso di Pizzo, altri no», dice L’Andolina senza fare il nome di Vibo. E siccome di altri comuni lungo questo tratto non ce ne sono, non resta che guardare a Palazzo Luigi Razza. «Non un obbligo di legge per le amministrazioni comunali», ripete più volte L’Andolina, ma «un atto di buon senso».
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