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14/06/2025 ore 18.14
Cronaca

Roma, “mister asfalto” (con processi anche in Calabria) torna libero per un cavillo della riforma Nordio

Scarcerato l’imprenditore Mirko Pellegrini per mancato interrogatorio preventivo: opposizioni in rivolta contro la riforma Nordio, che secondo De Raho «favorisce i criminali». Il costruttore è imputato per altri procedimenti al Tribunale di Palmi

di Redazione Cronaca

Un effetto immediato e dirompente della riforma Nordio si è abbattuto sulla Capitale. Il provvedimento fortemente voluto dal ministro della Giustizia, che introduce l’obbligo dell’interrogatorio preventivo prima dell’emissione di misure cautelari, ha determinato la scarcerazione di Mirko Pellegrini, imprenditore romano di 46 anni noto alle cronache come “Mister asfalto”, considerato dagli inquirenti il fulcro di un presunto sistema corruttivo legato agli appalti pubblici stradali a Roma e nel Lazio.

Con lui, sono tornati in libertà anche altri quattro soci. La decisione è arrivata dal tribunale del Riesame, che ha annullato le misure cautelari per «mancato espletamento dell’interrogatorio preventivo», un passaggio procedurale introdotto dalla nuova normativa. La revoca, secondo quanto riferisce Repubblica, non intacca il quadro accusatorio, ma rappresenta una svolta significativa sul piano giudiziario.

La reazione delle opposizioni: “Norma che tutela i colpevoli”

Immediata la reazione del mondo politico, con le opposizioni che tornano a criticare la riforma. Il deputato del Movimento 5 Stelle Cafiero De Raho, vicepresidente della Commissione Giustizia e della Commissione antimafia, parla senza mezzi termini:
«Ancora una volta si dimostra un campo minato, denso di ostacoli procedimentali, che favorisce presunti colpevoli di reati gravi e indebolisce le indagini e le vittime».

Secondo l’esponente pentastellato, «l’interrogatorio preventivo ha già esposto i testimoni alla ritorsione dei criminali e consentito la fuga di alcuni indagati. Si sta completando un sistema di immunità che protegge non i cittadini onesti ma la criminalità», denuncia De Raho, aggiungendo che si va verso un «diritto penale classista, impietoso con gli ultimi e indulgente con i privilegiati».

Anche Alleanza Verdi e Sinistra si unisce al coro delle critiche, con il capogruppo al Senato Giuseppe De Cristofaro:
«Il rilascio di Pellegrini per un vizio procedurale dimostra che la legge Nordio può favorire presunti colpevoli di reati e indebolire le indagini. C’è il rischio che diventi uno strumento per chi può permettersi un avvocato e non per chi non può».

Il punto sulla vicenda giudiziaria

Secondo gli inquirenti, Pellegrini avrebbe orchestrato un meccanismo per eludere i controlli pubblici attraverso società intestate fittiziamente, con la possibilità di crearne di nuove per continuare l’attività illecita. Proprio questo aveva motivato il giudice a disporre la custodia cautelare, invocando il pericolo di inquinamento probatorio.

Tuttavia, la difesa – composta dagli avvocati Pierpaolo Dell’Anno, Cesare Gai, Gianluca Agostini e David Pizzicannella – ha ribattuto che l’intestazione fittizia è un reato autonomo, che da solo non basta a dimostrare un pericolo concreto. Inoltre, ha sottolineato l’assenza di condotte attive come la distruzione di documenti o la dispersione di fondi, e l’omissione dell’interrogatorio preventivo.

Il tribunale del Riesame ha accolto questa linea, stabilendo che l’ordinanza di arresto fosse da annullare. Resta comunque aperta l’indagine, che prosegue nel merito: la scarcerazione non implica l’archiviazione del caso.

Per Mirko Pellegrini processi in Calabria

Mirko Pellegrini non è un nome nuovo alle cronache giudiziarie, tutt’altro. Al tribunale di Palmi sono pendenti due processi, entrambi ancora al primo grado di giudizio, che in modalità simili a quella della procura romana, lo vedono coinvolto nelle inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria «Cumbertazione» e «Waterfront». Nella prima, datata 2017, venne svelato il presunto il sistema integrato che da Cosenza a Gioia Tauro univa le famiglie legati ai clan Piromalli e Muto per mettere le mani sugli appalti pubblici grazie a una serie di imprese che si prestavano agli interessi della ‘ndrangheta per averne un ritorno economico.

Di poco successiva è «Waterfront», in cui gli inquirenti si sono concentrati sugli imprenditori sospettati di essere le braccia operative dei clan della Piana. Le due indagini, firmate dall’allora procuratore capo Federico Cafiero De Raho, esaminano i lavori relativi al lungomare di Gioia Tauro e al porto di Rosarno, assieme a un’altra serie di gare per opere pubbliche aggiudicate tra il 2014 e il 2016.