Rubata l'auto alla moglie di Nicola Acri: ora il pentito teme per la sicurezza dei familiari
Il furto avvenuto nella località protetta ha messo in allarme il collaboratore di giustizia, che ha espresso la sua preoccupazione durante il processo per l'omicidio di Salvatore Di Cicco
Più che una preoccupazione, è un vero e proprio allarme quello che il pentito Nicola Acri ha manifestato oggi in aula a Catanzaro. L'ex boss di Rossano, attuale collaboratore di giustizia, ha infatti espresso timori per la sua sicurezza e, soprattutto, per quella dei suoi familiari. La causa di tale ansia nasce dal furto dell’auto della moglie, avvenuto nella località protetta in cui il pentito risiede.
La sparizione dei documenti della consorte di Acri ha fatto temere al diretto interessato che la sua identità e il suo nuovo luogo di residenza possano essere scoperti. Acri ha manifestato questi timori durante il processo, che cerca di fare luce sulla sparizione di Salvatore Di Cicco. La vicenda è collegata ad altri casi, ma il pentito ha mostrato inizialmente una certa ritrosia nel testimoniare. Tuttavia, ha poi ripercorso tutte le fasi della vicenda, offrendo la propria versione dei fatti e raccontando tutti i dettagli di cui è a conoscenza, proprio come aveva fatto durante le indagini.
Chi è Nicola Acri
Acri, assistito dall'avvocato Michele Gigliotti, è stato un esponente di primo piano nella consorteria mafiosa della Sibaritide, a capo della ‘ndrina di Rossano, federata con il clan degli zingari di Cassano all'Ionio. Ha partecipato direttamente a numerosi omicidi, sia ordinati che eseguiti personalmente. Arrestato nel 2013 a Bologna, dopo un periodo di latitanza e successivamente trascorsi sei o sette anni in carcere, Acri ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 2021.