Scalese (Cgil): «Basta slogan. Ripartire da sanità, lavoro e infrastrutture per ridare dignità alla Calabria»
Il segretario dell’Area Vasta fa una disamina della manifestazione del 25 ottobre scorso a Roma e affronta i temi fondamentali dei rapporti con le altre sigle e le opportunità strategiche per la nostra regione
La manifestazione nazionale della Cgil dello scorso 25 ottobre ha forse riaperto la stagione della reazione pacifica di un popolo che negli ultimi anni ha fatto fatica a ritrovarsi soprattutto in piazza. Anche per colpa del supporto venuto meno da movimenti e partiti politici, i quali sembra abbiano abbandonato la strada delle grandi manifestazioni popolari. D’altronde i social hanno creato negli ultimi anni un nuovo modo di interpretare la partecipazione attiva, e c’è chi ne approfitta e ne fa un uso di tipo propagandistico che in alcuni momenti si sostituisce addirittura alla realtà.
In molti forse si aspettavano numeri minori di partecipazione, specie perché quest’ultima manifestazione non ha coinvolto altre sigle sindacali, ma la presenza da ogni parte d’Italia alla manifestazione è un dato concreto. In un momento dove il sindacato vive anche una sorta di “non unità d’intenti” su temi e modo di affrontare le questioni, con una Cisl sempre da tempo ormai staccata e sempre più in posizione moderata, e la Uil che non garantisce continuità alla Cgil sugli “scontri” con i governi nazionali e regionali.
Molti i temi trattati e per i quali i manifestanti hanno deciso di scendere in piazza, tanti anche i calabresi arrivati nella Capitale con autobus organizzati dalla confederazione regionale. Istanze che riguardano l’Italia da nord a sud, ma l’esigenza di politiche mirate per lo sviluppo e l’occupazione specie al sud. Abbiamo intervistato, a tal proposito, il segretario generale della Cgil dell’Area Vasta Enzo Scalese.
La manifestazione è riuscita, lo dicono i numeri e i sopraggiunti da ogni parte d’Italia, questo risultato secondo lei è il successo della linea di Landini in questi anni oppure percepisce un risveglio delle coscienze rimaste forse alla finestra per troppo tempo?
 «La Cgil è sempre scesa in piazza per manifestare democraticamente e pacificamente a rappresentare i temi che quotidianamente emergono, cercando di affrontarli e metterli al centro di ogni discussione. Rappresentiamo la voce di giovani, pensionati, lavoratori, disoccupati e tanti cittadini. È arrivato il momento, non più rinviabile, di affrontare con serietà argomenti come il potere d’acquisto dei salari, delle pensioni, una riforma del sistema previdenziale e fiscale, e migliorare la vita di giovani e studenti. Credo che la riuscita della manifestazione dimostri quanto sia arrivato il momento di dire stop alla propaganda».
Il rapporto con le altre sigle sindacali ultimamente non trova sinergia nelle manifestazioni pubbliche, soprattutto nei momenti di scontro con il Governo. C’è un disegno politico – sindacale delle altre sigle secondo lei? Oppure le posizioni della Cgil non vengono condivise perché considerate troppe estreme e a sinistra?
 «Ormai è da tempo che la Cisl si è defilata da una possibile unità, mentre con la Uil il confronto è attivo e stiamo portando avanti delle questioni comuni. Credo però che bisogni fare di tutto per ricreare l’unità sindacale e ritrovarsi attorno alle questioni più importanti. La linea che sta portando avanti la Cgil va nella direzione di tutelare diritti come la Sanità, la Pace, l’occupazione, le Pensioni, l’Istruzione e i Salari, pertanto non credo possono essere definiti estremisti ma interessano tutti e di conseguenza anche le sigle sindacali».
Il titolo della manifestazione era forte e lascia immaginare una moltitudine di messaggi riferiti al Governo e a ciò che oggi accade nel Mondo. Ma secondo lei esiste veramente un rischio per la Democrazia nel nostro Paese?
 «È stato scelto questo titolo, forte e significativo, esclusivamente per dare la possibilità a tanti cittadini e lavoratori di essere con noi in piazza e sentirsi coinvolti. Se guardiamo alla legge di bilancio in via di definizione non possiamo considerarci soddisfatti, questo governo da anni ormai non ascolta e non da risposte sulle questioni che stiamo ponendo ai vari tavoli ad ogni livello. Non basta, ad esempio, ridurre le aliquote o continuare con la strada dei condoni, il tema dell’evasione ancora scotta e bisogna ammettere che chi continua a pagare più di tutti rimangono pensionati e lavoratori.
In Calabria secondo il governatore Occhiuto sembra andare tutto bene, nonostante esistono molti settori che non decollano e servizi carenti specie in Sanità. Ma nemmeno i dati sul lavoro, sui conti e sull’occupazione sono rassicuranti.
 «I dati sulla Calabria sono inconfutabili e i riscontri sono visibili a tutti, ora che la campagna elettorale si è conclusa si può tornare a parlare concretamente di problemi con dati alla mano e non parole elettorali. I problemi ci sono e sono tanti, specie in campo sanitario e di occupazione emergono difficoltà note a tutti sulle quali non si può più tergiversare. La Calabria si sta spopolando e bisogna investire con politiche mirate a dare risposte concrete in tempi brevi, il rendiconto sociale dell’Inps parla di una occupazione instabile con dati allarmanti ed una mancanza concreta di prospettiva. Bisogna investire, approfittando delle risorse europee, sulle aree interne e un piano industriale, sulla Sanità e le infrastrutture, in modo da abbandonare la strada dei proclami e degli slogan e ridare dignità a questa terra.
Lei guida l’area vasta, un territorio ampio che riguarda tre Province importanti e con caratterizzazioni diverse tra loro, non dev’essere certamente facile. Quali sono le priorità, per lei, da affrontare con urgenza e per il quale richiama il governo regionale a maggiore attenzione? Qual è la ricetta della Cgil per creare maggiore occupazione in un territorio così complesso?
 «Un territorio vasto, complesso e variegato, ma con criticità che derivano principalmente dalla mancanza di lavoro, servizi adeguati e infrastrutture. Serve intervenire sul precariato, specie quello negli enti pubblici, e queste tre province registrano numeri importanti in tal senso, così come creare politiche mirate a combattere il lavoro nero di cui questo territorio ancora soffre in maniera esponenziale. C’è bisogno di interventi di sviluppo industriale e di un piano concreto, in modo da migliorare e far crescere le aree di Vibo e Lamezia ma soprattutto di dare una speranza alla Provincia di Crotone. Dobbiamo accelerare sulle bonifiche che interessano più siti nelle tre province, così come bisogna prestare maggiore attenzione ai Porti di Crotone e Vibo Valentia che potrebbero dare vita ad un ottimo sistema stabile di sviluppo vero. E poi c’è il tema della Sanità che richiede organizzazione e investimenti non solo di tipo strutturale ma in termini di occupazione per dare stabilità e garanzie sulla salute di tutti. Risolvere una volta per tutte il problema della ss106 che penalizza fortemente tutto il crotonese e parte del catanzarese, anche qui basta parole servono risorse vere ed avviare presto i cantieri. Infine bisognerebbe sfruttare di più e meglio il PNRR e i fondi europei, gestiti con ritardi ancora clamorosi, per creare collegamenti adeguati, penso oggi alla rete ferroviaria che nonostante gli investimenti fatti non risolve problemi atavici dei collegamenti tra le realtà centrali e periferiche. E poi apriamoci al futuro attraverso transazione ecologica ed energetica sempre più necessari e che possono diventare il rilancio dell’intera area centrale e dell’intera regione».