Sequestro da 2,5 milioni di euro per l’associazione che gestiva il centro migranti Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto
Il provvedimento scaturisce dall'inchiesta Jonny sugli interessi dei clan di ‘ndrangheta nel business dell’accoglienza
A Crotone eseguito un sequestro conservativo per oltre 2.5 milioni di euro nei confronti di un’associazione di volontariato di Isola Capo Rizzuto. Le attività sono state portate avanti dalla Guardia di finanza a seguito del provvedimento richiesto dalla Procura regionale della Corte dei conti al fine di preservare, dopo la sentenza di condanna di primo grado e in pendenza dei termini di impugnazione, il credito erariale accertato di 34 milioni di euro.
Le accuse
Il provvedimento cautelare, eseguito nei confronti di un’associazione di volontariato di Isola di Capo Rizzuto e dei suoi amministratori, ha portato al sequestro di abitazioni, magazzini, terreni agricoli e disponibilità finanziarie per un valore di oltre 2,5 milioni di euro e rappresenta l’epilogo delle indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria, attraverso le quali è stato accertato come gli amministratori abbiano distratto fondi pubblici destinati alla cura dei migranti, per favorire interessi personali e di terzi, ivi compresi soggetti appartenenti alle cosche locali, causando il rilevante danno erariale.
Inchiesta Jonny
Gli approfondimenti richiesti dall’Autorità Giudiziaria contabile scaturiscono, in particolare, dagli elementi emersi nell’ambito dell’operazione “Jonny”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che, nel 2017, portò al fermo di 68 indagati e al sequestro di beni per oltre 60 milioni di euro facendo luce, tra l’altro, sulle condotte illecite realizzate attraverso l’associazione, quale gestore dei servizi erogati a favore del centro di accoglienza per migranti Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto, dai vertici della stessa. Questi ultimi, infatti, approfittando delle ingenti risorse finanziarie provenienti dai contratti di appalto stipulati nel tempo con gli Enti pubblici, si sono appropriati e hanno finanziato, attraverso un articolato sistema di fatture false emesse dalle compiacenti società di catering subappaltatrici del servizio di ristorazione, le locali cosche di ‘ndrangheta.