Si apre il processo a Luca Occhiuzzi, arrestato due mesi fa per un tentato omicidio a Belvedere nel 2021
Dopo la fine della latitanza dovrà comparire in aula il prossimo 7 maggio, su di lui pende anche l’aggravante del metodo mafioso per l’agguato a un buttafuori di origine marocchina rimasto ferito alle gambe
Si aprirà il prossimo 7 maggio il processo a carico di Luca Occhiuzzi, accusato di tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso. Lo ha stabilito oggi il gup del Tribunale di Catanzaro, Piero Agosteo, al termine dell’udienza preliminare svoltasi alla presenza del pubblico ministero della Dda, Anna Chiara Reale, e dei difensori dell’imputato, gli avvocati Giorgia Greco, Valentina Moretti e Giuseppe Bruno.
Secondo la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia, l’imputato avrebbe agito avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo mafioso, elemento che ha portato all’aggravante del metodo mafioso nella contestazione.
La posizione della difesa
Nel corso dell’udienza, la difesa ha avanzato richiesta di rito abbreviato condizionato, motivandola con le incongruenze nelle dichiarazioni della vittima, un buttafuori di origine marocchina residente a Belvedere Marittimo, ferito agli arti inferiori nel corso dell’agguato avvenuto nel 2021. Secondo quanto sostenuto dai legali, la presunta vittima avrebbe fornito almeno tre versioni diverse dei fatti, in particolare riguardo alla dinamica dello scontro e al momento in cui l’attentatore gli avrebbe puntato l’arma in faccia, arma che si sarebbe inceppata.
La difesa ha inoltre sollevato dubbi su alcuni elementi tecnici, come la presenza di proiettili ritrovati a circa 40 metri dal luogo dell’aggressione, sostenendo che gli stessi sarebbero stati espulsi manualmente dall’arma, in contrasto con la versione dell’attentato.
Fuga e cattura
Occhiuzzi era rimasto latitante fino a due mesi fa, evitando per lungo tempo la cattura in relazione all’ordinanza di custodia cautelare emessa per i fatti avvenuti a Belvedere Marittimo. Ora dovrà comparire davanti al collegio giudicante del tribunale di Paola per rispondere di un reato grave, sul quale pende la pesante aggravante mafiosa.