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17/05/2025 ore 07.06
Cronaca

Strage di Cutro, il cortocircuito burocratico che blocca le famiglie delle vittime è una storia kafkiana: ecco come si nega un diritto

La Questura di Crotone, il gup e il ministero degli Affari Esteri si rimpallano la decisione sulla richiesta di un visto temporaneo in Italia. I legali fanno ricorso per tutelare i residenti in Iran, Turchia e Pakistan

di Alessia Truzzolillo

La questione è arrivata davanti al Tribunale civile di Roma. I fatti appaiono come un budello burocratico kafkiano e paradossale: alcuni familiari delle vittime del naufragio di Steccato di Cutro, ritenute parti offese nel processo, in fase preliminare, che si sta celebrando davanti al Tribunale di Crotone, chiedono di potersi costituire parte civile e di «partecipare personalmente al procedimento penale» o «perlomeno ad essere presenti in persona ad almeno una delle udienze». Hanno intenzione di costituirsi parte civile e «proprio al fine di esercitare in concreto tali diritti i ricorrenti presentavano istanze alla Questura di Crotone, alla Procura della Repubblica di Crotone ed al giudice dell’udienza preliminare con lo scopo di accedere al rilascio dei necessari visti per l’accesso temporaneo in Italia». Sì, perché si tratta di persone residenti in Iran, Turchia, Pakistan. Non sono i loro paesi di origine ma territori «poco ospitali nei loro confronti, nei quali l’accesso a notai non è affatto garantito ed i contatti con ambasciate e consolati sono estremamente difficoltosi».
La procura di Crotone ha detto “sì”, ma questo non è bastato davanti ai “no” della Questura di Crotone «per asserite ragioni di “competenza”» e del giudice per l’udienza preliminare che si dice incompetente in materia.

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Il ministero degli Affari esteri e «il corto circuito istituzionale»

Lo scorso 15 aprile – scrivono gli avvocati dei familiari Stefano Bertone, Marco Bona ed Enrico Calabrese – i familiari hanno presentato istanza «al ministero degli Affari Esteri» che ha rigettato la richiesta sostenendo che «il parere della “autorità giudiziaria” sarebbe stato per tale Ministero “prodromico e necessario all’eventuale rilascio dei visti”, così ingenerandosi un autentico corto circuito istituzionale». Qual è il problema? Gli avvocati, tutti del foro di Torino, spiegano che l’udienza preliminare, iniziata il cinque maggio, si chiuderà nell’arco di una finestra temporale molto stretta: entro giugno prossimo «con conseguente impossibilità dei ricorrenti di presenziare di persona allo stesso e di costituirsi parti civili» ledendo diritti fondamentali contemplati dalla Costituzione, dalla Carta diritti fondamentali dell’Unione Europea, dalla Dichiarazione Universale sui diritti dell’uomo.
Senza poter esercitare diritti internazionalmente riconosciuti, scrivono i legali, i familiari delle vittime «sarebbero così destinatari di una forma di “vittimizzazione secondaria” di tipo istituzionale». In barba anche a una direttiva europea che «fra l’altro, contempla la partecipazione attiva delle vittime alle udienze e il diritto al risarcimento del danno nel giudizio penale».

La tragedia

Il naufragio davanti alle coste di Steccato di Cutro ha portato, il 26 febbraio 2023, alla morte accertata di 94 persone, tra le quali 34 tra minori e neonati. Erano partiti in 180 dalla costa turca per fuggire da «scenari e crimini di guerra, gravissime sistematiche violazioni dei diritti dell’uomo, violenze, carestie, disastri ambientali, gravi situazioni sanitarie, economiche, sociali». Una di loro fuggiva dalla guerra civile in Siria, gli altri erano esuli Afghani. Sono morti annegati a poche decine di metri dal litorale. Il processo che si è aperto davanti al gup di Crotone apre uno squarcio sul presunti ritardi nei soccorsi.

Sono imputate sei persone, quattro finanzieri e due ufficiali della Guardia costiera: Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa del Comando provinciale della Guardia di finanza e del Roan di Vibo Valentia; Alberto Lippolis comandante del Roan di Vibo Valentia; Antonino Lopresti, ufficiale in comando tattico e controllo tattico al Roan di Vibo Valentia; Nicolino Vardaro, comandante del gruppo aeronavale della Guardia di finanza di Taranto; Francesca Perfido ufficiale di ispezione all'Imcrr (Italian Maritime Rescue Coordination Center) di Roma; Nicola Nania, ufficiale di ispezione al V Mrsc (Centro Secondario del Soccorso Marittimo) di Reggio Calabria. Dovranno rispondere, a vario titolo, del reato di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.

Le richieste di costituzione di parte civile sono state 113, quasi tutti familiari delle vittime ai quali si uniscono Arci e Codacons, le ong Emergency, SOS Humanity, Sea Watch, Luis Michel, Sos Mediteranee Italia, Mediterranea, l'Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione (Asgi). Anche la Regione Calabria si era inizialmente costituita, salvo una ritirata repentina poche ore dopo.

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Il corto circuito istituzionale

A parte la Procura di Crotone che ha rilasciato parere favorevole, Questura, gup e ministero degli Affari Esteri, hanno trattato la richiesta del rilascio dei necessari visti per l’accesso temporaneo in Italia come una patata bollente da passare di mano in mano.
La Questura evidenziava la necessità di un provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria, il gup ha risposto che «all’autorità giudiziaria non possono attribuirsi controlli, accertamenti e valutazioni in ordine all’ingresso di stranieri nel territorio dello Stato, che competono esclusivamente all’autorità di pubblica sicurezza».
Il ministero degli Affari Esteri ha rigettato la richiesta sostenendo che il parere della «autorità giudiziaria» sarebbe stato per tale Ministero «prodromico e necessario all’eventuale rilascio dei visti».
Una situazione kafkiana che ha costretto i legali a rivolgersi al Tribunale civile di Roma che dovrà dare una risposta ai familiari di Noori Seyar, morto a 26 anni; Quraishi Gulsom, morto a 29 anni; Qasemi Meysam, morto a 18 anni; Al Molki Sultan Ahmed, morto a 7 anni.