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08/04/2025 ore 15.38
Cronaca

Tragedia Moby Prince, da Santa Sofia d’Epiro a Livorno ricordando Nicodemo Baffa

Una delegazione guidata dal sindaco del centro arbereshe anche quest’anno parteciperà alla commemorazione della strage del 10 aprile 1991. Sara Baffa, figlia del caporale di macchina deceduto nel disastro, attende ancora verità e giustizia 

di Salvatore Bruno

A Santa Sofia d’Epiro, nella strada intitolata alle vittime del Moby Prince, c’è una installazione realizzata dall’artista Salvatore Baffa e dedicata alla memoria di Nicodemo Baffa. Caporale di macchina originario del piccolo centro arbereshe del cosentino, all’età di 53 anni Nicodemo perse la vita a bordo del traghetto entrato in collisione con una petroliera nella notte del 10 aprile 1991 davanti al porto di Livorno. 140 le vittime di uno dei più gravi disastri della storia della marineria italiana. Alla commemorazione in programma nel capoluogo toscano nel 34mo anniversario della tragedia sarà presente anche la figlia di Nicodemo, Sara Baffa, accompagnata dal sindaco Daniele Sisca.

La tagliola della prescrizione

La cerimonia tiene vivo il ricordo e l’attenzione su un evento passato al setaccio e vivisezionato dalla magistratura e pure da tre diverse commissioni parlamentari di inchiesta, senza riuscire ad individuare alcuna responsabilità. Sui reati ipotizzati la prescrizione è intervenuta come un colpo di spugna. L’unico per cui si può ancora procedere è quello di strage, ma dimostrare il dolo oltre trent’anni dopo i fatti è una mission impossible. «Purtroppo ancora ad oggi non sappiamo esattamente cosa sia successo, quale sia stata la sequenza degli accadimenti – ha detto al nostro network Sara Baffa – Alcune cose vanno in prescrizione, è vero, ma il dolore va in prescrizione? E il diritto di avere la verità può essere una cosa che lo Stato può delegare? E a chi? Qualcuno avrebbe dovuto accertare la verità».

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Morti sul lavoro

Si è parlato della presenza di nebbia, di personale distratto da una partita di calcio (si giocava Barcellona-Juventus di Coppa delle Coppe ndr). «Se mio padre, come gli altri membri dell'equipaggio, avessero avuto delle colpe, queste dovevano venire fuori. Invece è emerso tutt'altro: loro non hanno avuto la responsabilità. Anzi, addirittura qualcuno sostiene che meritino una medaglia al valore, perché oltre ad essere morti e non soccorsi, sono morti sul lavoro. È la più grande strage di morti sul lavoro in Italia». C'è poi un altro aspetto inquietante di questa vicenda sollevato da Sara Baffa: «Non sono morti tutti sul colpo. Non è vero, non è vero. Loro hanno atteso i soccorsi che non sono arrivati. I soccorsi non ci sono stati. Quante persone si potevano salvare? Questo dubbio ci rimarrà per tutta la vita. Forse mio padre ci sarebbe stato, forse non ci sarebbe stato, però qualcun altro poteva essere salvato».

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L’abbraccio della comunità

Per il sindaco Daniele Sisca, partecipare alla commemorazione di Livorno è un dovere verso la comunità: «In questi anni la nostra presenza non è mai mancata – ha detto il primo cittadino - Abbiamo anche realizzato iniziative nel nostro comune per mantenere viva l'attenzione su questa tragedia che purtroppo ad oggi ancora non ha avuto risvolti positivi per i familiari delle vittime. Riteniamo importante stare vicini alla famiglia Baffa, anche in qualità di rappresentanti istituzionali, per sopperire alla mancanza di giustizia e verità e trasmettere il nostro più profondo abbraccio».