Ucciso dopo il furto dell’escavatore per la rapina da 8 milioni al caveau: l’agguato che rischiò di scatenare una guerra di ’ndrangheta
Nei racconti dei pentiti Guarnieri e Ielapi emerge un retroscena sul colpo del 2016 alla Sicurtransport. Il mezzo usato era off limits per decisione del capo del clan Catarisano e il ladro venne giustiziato a Caraffa. Il clan degli Zingari avrebbe voluto vendicarsi ma gli Arena fermarono la ritorsione
Un omicidio che avrebbe potuto scatenare una faida se non fosse intervenuto il reggente della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, Paolo Lentini. Al centro di questa storia – raccontata dal neo collaboratore di giustizia Andrea Guarnieri, considerato partecipe della cosca Catarisano di Roccelletta di Borgia – c’è la rapina da otto milioni di euro avvenuta nel caveau della Sicurtransport il 4 dicembre 2016. Un colpo rocambolesco che vide in azione una dozzina di uomini col volto coperto e dotati di armi da guerra.
Grazie a un mezzo cingolato, con martello pneumatico, erano penetrati nel caveau e, nel frattempo, avevano ostacolato l’intervento delle forze dell’ordine posizionando lungo le vie d’accesso numerose auto rubate e date alle fiamme, cospargendo le strade con chiodi e utilizzando, altresì, un apparecchio inibitore di frequenze (il cosiddetto jammer) per ostacolare le comunicazioni dei vigilanti e delle forze di Polizia. A mettere a segno la rapina milionaria furono esponenti del clan degli zingari di Catanzaro insieme alle cosche isolitane e ad alcuni soggetti pugliesi, come rivela l’inchiesta Keleos della Squadra Mobile di Catanzaro.
L’escavatore che non doveva essere rubato
Oggi emerge dalle parole del collaboratore Guarnieri un retroscena inquietante. Il famoso escavatore, il mezzo cingolato adoperato per squarciare la parete del caveau, non doveva essere rubato. L’ordine di non toccarlo sarebbe partito da uno dei capi del clan Catarisano di Roccelletta di Borgia, Salvatore Abbruzzo. A rubarlo sarebbe stato, invece, un esponente del gruppo degli zingari che avrebbe pagato con la vita quel gesto. La sua morte (il nome non è stato reso noto) provocò parecchi malumori. Guarnieri racconta di aver partecipato al delitto – uno dei quattro dei quali si autoaccusa – insieme a un altro soggetto.
Il compito dell’attuale collaboratore era quello di guidare l’auto per l’agguato mentre il suo complice, quando la vittima si fermò ad un distributore di Caraffa, scese e gli sparò contro. La regola imposta da Abbruzzo, come racconta anche un altro collaboratore, Sandro Ielapi, era quella di eseguire e non fare domande. E così fece anche Guarnieri il quale solo in seguito seppe che «l'escavatore utilizzato per la rapina al Caveau non doveva essere rubato; Salvatore Abbruzzo compresi che si era strenuamente opposto a che il mezzo venisse rubato. Invece fu rubato lo stesso, contravvenendo alla volontà dello stesso Abbruzzo. Non so a chi appartenesse il mezzo».
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L’omicidio scatenò la reazione degli zingari e fu necessaria una riunione alla quale parteciparono, tra gli altri, Salvatore Abbruzzo e Paolo Lentini.
Andrea Guarnieri ricorda che Abbruzzo «sostanzialmente disse che la sua decisione a ché l'escavatore non venisse rubato, non era stata rispettata e per questo ne era conseguito l'omicidio dello zingaro a Caraffa».
Un ruolo da «paciere» lo ebbe Paolo Lentini il quale «sapeva che a fronte di un'eventuale reazione degli zingari, si sarebbe innescata una guerra in quanto Salvatore Abbruzzo non si sarebbe fermato e avrebbe proseguito in una escalation criminale». Il reggente degli isolitani «per pacificare gli animi disse che l'omicidio era ormai accaduto, che le cose dovevano finire lì e la situazione doveva rimanere lì così come era. Con questa ultima precisazione intendo dire che nessuno zingaro dovesse permettersi alcuna iniziativa a mo’ di ritorsione per l'omicidio che era stato consumato verso uno di loro».
C’è un nuovo pentito in Calabria, tremano le cosche di Roccelletta di Borgia e CutroLa versione di Ielapi: «Rocco Anello non voleva che si toccasse l’escavatore»
A questo racconto si aggiunge anche quello di Sandro Ielapi, anche ex referente del clan Catarisano a Girifalco. Ielapi spiega che inizialmente il delitto avrebbero dovuto commetterlo lui e Vincenzo Tolone ma che i due non erano «determinati perché non ci interessava di commettere l’omicidio, però non potevamo dire di no perché eravamo oramai parte della cosca. Si spazientirono del nostro atteggiamento. Il giorno dopo è avvenuto l'omicidio e abbiamo saputo che era stato commesso, non da noi, ma da … e Guarnieri».
Ielapi aggiunge però che la cosca di Isola aveva chiesto il permesso di rubare l’escavatore a Rocco Anello, boss di Filadelfia e Anello «aveva detto di no».
Prima di riceve la risposta del boss «fu commesso il furto; mi dissero anche che lo zingaro aveva un debito di 50mila euro verso qualcuno. L'escavatore serviva per la rapina alla sede del caveau di Settingiano». Un’intemperanza verso le regole di ‘ndrangheta pagata con la vita.