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26/03/2025 ore 20.05
Cronaca

Ultrà e picciotti al funerale del boss Pompeo a Milano: 8 anni dopo tre inchieste svelano il potere della ’ndrangheta al Nord

Il 28 febbraio 2017 la cerimonia d’addio al capoclan “filosofo” legato al clan Arena di Isola Capo Rizzuto con la presenza di pezzi grossi dei clan calabresi e di settori della tifoseria interista. Quei nomi oggi compaiono nelle operazioni Folgore, Ultima Curva e Hydra

di Pablo Petrasso

28 febbraio 2017: venti palloncini bianchi e rossi salgono verso il cielo di via Antonini. A Milano c’è un funerale di ’ndrangheta: è morto a 64 anni per un tumore Mario Domenico Pompeo, detto Mimmo. Intorno alla chiesa affollata la gente si muove in capannelli: condoglianze, saluti rapidi e occhiate per vedere chi c’è e soprattutto chi non c’è. L’assenza a un funerale del genere può essere quasi una dichiarazione di guerra.

Pompeo era un pezzo grosso della mafia a Milano: legato alla cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, secondo alcuni era il più importante tra i calabresi entrati nel sottobosco della criminalità lombarda. In effetti, la cerimonia vedeva in prima fila la serie A delle cosche. A otto anni da quel giorno si possono “rileggere” le presenze alle esequie alla luce di quattro inchieste antimafia.

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Ultima Curva, il capo degli Hammerskin al funerale

La più recente è l’operazione Blizzard-Folgore della Dda di Catanzaro. A quel funerale c’è anche Antonio Bruno: oggi è tra le 17 persone finite in carcere, all’epoca non era stato neppure compiutamente identificato dagli inquirenti. Nelle note dell’ordinanza di custodia cautelare, però, il riferimento al funerale di Pompeo non passa inosservato: «Erano presenti membri delle famiglie Piromalli, Flachi, Tallarico e Pittella».

Tra le navate ci sono famiglie in faida per il controllo della coca e della criminalità organizzata in Lombardia. Le cronache segnalano l’arrivo di due strani individui dalla Svizzera in una Porsche parcheggiata in fretta e furia davanti alla Chiesa. Ma non c’è solo la ’ndrangheta. Per l’ultimo saluto a Pompeo ci sono anche gruppi di ultrà cresciuti a curve ed estrema destra: c’è il capo milanese del movimento skin Domenico Bosa. Mimmo Hammer nel 2017 è considerato vicino ad ambienti criminali, soprattutto agli uomini del clan di Pepé Flachi. Bosa ci porta alla seconda inchiesta, Ultima Curva: è il capo della fazione degli Hammerskin che vogliono prendersi la Curva Nord di Milano dopo l’omicidio di Vittorio Boiocchi. Lui e i suoi arrivano a prendere in mano la cassa degli ultrà: poi Andrea Beretta, oggi pentito ma all’epoca leader del tifo organizzato, si rivolge ad Antonio Bellocco per ridimensionare le ingerenze degli skin. Non è un caso che peschi (assieme a Marco Ferdico, che ha un passato da calciatore a Soriano) in Calabria. Lo spiega alo stesso Beretta ai magistrati milanesi: Mimmo Hammer conosce parecchi calabresi che gravitano attorno agli affari della curva. È per questo («per pararci», riferisce il pentito) che l’aggancio con un nome di peso è necessario. Bellocco verrà poi ucciso da Beretta: il resto è cronaca nera (e giudiziaria) ma la presenza di Bosa al funerale di Pompeo conferma la vicinanza a certi ambienti.

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Folgore, l’intercettazione sugli accordi milanesi tra le tre mafie

I nomi dei presenti nella chiesa di via Antonini sono un compendio della geopolitica ’ndranghetista a Milano: rispecchiano le alleanze strette da Pompeo e dinamiche che tornano anche nelle intercettazioni di Blizzard-Folgore.

Il 10 febbraio 2023 Luigi Masciari, uno dei personaggi chiave dell’inchiesta, ragiona assieme ad altri su assetti e dinamiche del contesto mafioso lombardo. Parlano di Antonio Bruno ma soprattutto di Pompeo e di altri esponenti di primo piano della ’ndrangheta. È sempre questione di cognomi: Morabito, Gallace, Tripodo, Macrì, Piromalli, De Stefano. Le nuove leve di Isola Capo Rizzuto esaltano la caratura dei vecchi boss e rievocano cenni storici sul clan De Stefano e sulle «alleanza» costruite negli anni 80 con altre organizzazioni come la Nuova Camorra organizzata di Raffaele Cutolo (gli interlocutori la definiscono una “creatura” dei De Stefano). Masciari, in particolare, ascrive a Paolo De Stefano «rapporti con la massoneria e i servizi di sicurezza» e anche la creazione di una «cooperativa criminale nel Nord Italia costituita da ’ndrangheta, camorra e cosa nostra».

L’intercettazione lo considera un fatto acclarato: circa otto mesi dopo scatterà l’inchiesta Hydra della Dda di Milano la cui tesi portante è proprio quella della creazione di una struttura decisionale in cui siedono rappresentanti delle tre mafie al Nord.

Chi era Pompeo, boss “filosofo” e capo dei paninari

Poi i protagonisti dell’intercettazione tornano a parlare di Domenico Pompeo («era il boss delle carceri. Era uno dei punti di riferimento più considerati delle carceri d’Italia, però la Lombardia se l’è presa lui nelle mani»). È un modo per inquadrare Antonio Bruno, vissuto nell’ombra del boss “milanese” legato al clan Arena, del quale sarebbe stato l’autista per 20 anni.

Ricordato ancora oggi come uno dei capi storici della ’ndrangheta a Milano, Pompeo è stato un abile tessitore partito dal racket dei paninari fuori dallo stadio Meazza di San Siro: era il capo incontrastato dei camioncini (oggi si direbbe dello street food) prima delle partite di Milan e Inter. Lo chiamavano il filosofo perché aveva la casa piena di libri e, come tutti i boss, aveva grandi doti di mediazione: aveva propiziato la pax tra le varie faide interne della ’ndrangheta milanese. Anche per questo il suo funerale era così affollato: le storie che si snodano intorno a quella cerimonia ritornano dopo anni in tre inchieste antimafia (Blizzard-Folgore, Ultima Curva e Hydra). Sullo sfondo c’è la figura di Pompeo, vecchio capo dei clan calabresi a Milano che governava il racket dei paninari a San Siro e riusciva a mantenere la pace tra gruppi in perenne competizione per il maxi business della coca. I cognomi sono sempre quelli. E la ’ndrangheta a Milano comanda ancora.