Un Comune al mese sciolto per mafia negli ultimi 34 anni (Calabria tra le prime tre regioni): il dossier di Avviso Pubblico
La legge sugli scioglimenti nata dopo la faida di Taurianova. Il procuratore Dolce: «Le mafia oggi alla violenza prediligono corruzione e collusione». Dal 1991 al 2025 si contano 402 scioglimenti in tutta Italia
Negli ultimi 34 anni in Italia, in media, è stato sciolto per mafia un comune al mese. Dal 2 agosto 1991 al 30 settembre 2025 sono stati 402 gli scioglimenti di enti locali per infiltrazioni mafiose, decisi dal Consiglio dei ministri e promulgati da decreti del Presidente della Repubblica. Sono 11 le regioni coinvolte da scioglimenti – che diventano tredici se consideriamo le verifiche concluse con un’archiviazione.
L’89% degli scioglimenti (360) si è verificato in Calabria, Campania e Sicilia. Percentuale che sale al 96% (386) se consideriamo anche la Puglia. Gli altri 16 scioglimenti sono avvenuti nel Lazio (5), Piemonte (3), Liguria (3), Basilicata (2), Lombardia (1), Emilia-Romagna (1) e Valle d’Aosta (1). In Sardegna e Veneto delle verifiche si sono concluse con l’archiviazione. Sono 34 le province coinvolte su tutto il territorio nazionale. In cinque di esse – Reggio Calabria, Napoli, Caserta, Palermo e Vibo Valentia – si è verificato il 63% degli scioglimenti. Dei 294 enti locali soggetti a scioglimento dal 1991 al 30 settembre 2025, 288 sono Comuni, i restanti 6 sono Aziende sanitarie provinciali.
“Il male in Comune”
In base ai dati demografici forniti dall’Istat raccolti al momento dell’emanazione del decreto, risulta che il 72% dei Comuni sciolti per mafia dal 1991 aveva una popolazione residente inferiore ai 20mila abitanti, il 51% aveva una popolazione residente inferiore ai 10mila abitanti e il 34% aveva una popolazione residente inferiore ai 5mila abitanti. Questi sono alcuni dei dati che sono stati illustrati da Claudio Forleo, responsabile dell’Osservatorio parlamentare di Avviso Pubblico in occasione della presentazione de “Il male in Comune”, dedicato al fenomeno delle infiltrazioni mafiose. Un report realizzato da Avviso Pubblico per raccontare l'estensione e l'evoluzione di un'emergenza democratica che mina le istituzioni l'economia e la fiducia dei cittadini nella Pubblica Amministrazione. «Avviso Pubblico ha pubblicato un primo dossier su questo tema nel 2019, raccontando l’evoluzione di un fenomeno che ha uno spettro nazionale, benché la percezione comune fosse di un fenomeno molto circoscritto solo ad alcune ragioni. Ne sono emersi dati importanti. Uno su tutti: un comune sciolto al mese», commenta così Roberto Montà il dossier presentato oggi dicembre, a Roma, presso la sede della Fnsi. «Un dato, probabilmente sconosciuto alla maggioranza dell’opinione pubblica che, tuttavia, non può non destare una certa impressione, in quanto esso rivela il persistere dell’esistenza di complicità e connivenze tra mondo criminale, politico e amministrativo, e dimostra in concreto il costante tentativo delle mafie di ritagliarsi un posto in prima fila nella corsa agli appalti e alla gestione dei servizi pubblici». «Riteniamo che la riforma della normativa sugli scioglimenti dei consigli comunali e provinciali per infiltrazioni mafiose non sia più procrastinabile», ha concluso Montà. «L’attuale impianto normativo può e deve essere migliorato, non cancellato. Le problematiche non vanno taciute, ma affrontate nel merito e superate, attraverso un confronto democratico e trasparente, senza cedere alla tentazione di eliminare uno strumento di prevenzione e non di repressione che è stato pensato per spezzare il legame tra mafia, corruzione e politica. Uno strumento che nel corso del tempo ha evidenziato dei limiti e, per questo, necessita di essere rinnovato».
L’inizio con la faida di Taurianova
«La legge 164 del 1991 nasce all'indomani di fatti che hanno riguardato la famosa faida di Taurianova», ha aggiunto il sostituto procuratore antimafia, Salvatore Dolce. «Ma oggi siamo ad una mafia, e direi in particolare ad una 'ndrangheta, che sicuramente è molto diversa da quella del 1991. Le indagini delle ventisei procure distrettuali, negli ultimi dieci anni hanno dimostrato come oggi le mafie tendono sempre di più ad abbandonare il metodo della violenza e dell'intimidazione e a privilegiare la strada della collusione, della corruzione. Soprattutto nel centro nord. E questo non è un caso. È ovvio che viaggiare sotto traccia, senza il clamore degli attentati, delle bombe e delle minacce aiuta moltissimo i clan. Per questa ragione è necessario tenere alta l’attenzione e lavorare per creare una zona sinergica, che coinvolga i cittadini e le associazioni come Avviso Pubblico».
«Il male oscuro delle infiltrazioni»
«Le infiltrazioni mafiose nei Comuni costituiscono un risvolto oscuro e inquietante della realtà dei territori italiani. Il coinvolgimento di enti anche di grandi dimensioni, dove sempre più spesso si presenta la necessità di porre fine all’amministrazione eletta per avviare una fase di commissariamento, rappresenta un caso limite, il segnale di un fallimento, il sintomo di un pericoloso radicamento del crimine organizzato, un indizio evidente che la mafia è entrata nelle istituzioni», ha dichiarato il presidente dell’Anac Giuseppe Busia. «Il successo di qualsiasi strategia antimafia dipende necessariamente dal serio impegno a ridurre le situazioni di cattiva amministrazione, attraverso la valorizzazione dei princìpi costituzionali di buon andamento e imparzialità», ha concluso il presidente dell’Anac Giuseppe Busia. «Complessivamente, ciò che più desta allarme è la crescente attitudine imprenditoriale delle organizzazioni mafiose, alle quali, sovente, l’aggiudicazione di appalti e la gestione di servizi pubblici consente di reinvestire i proventi illeciti delle attività criminali, con conseguenti ingenti danni al tessuto socio-economico dei territori interessati», ha concluso il presidente dell’Anac Giuseppe Busia. I dati più rilevanti: Lo scioglimento dei comuni per mafia ha un trend comunque non costante. Dopo un picco registrato nel primo triennio di applicazione della legge (1991 – 1993), con ben 76 scioglimenti decretati, per più di un decennio (1994 – 2004) si sono registrati solo 61 provvedimenti. Un altro aumento è stato registrato nel 2005 (13 decreti di scioglimento), poi la media è tornata a diminuire nei successi sei anni (2006 – 2011) con 40 provvedimenti complessivi. Dal 2012 a oggi l'andamento è più continuo, con due picchi - il 2012 e il triennio 2017 – 2019 – in cui la media ha superato il tetto record dei 20 scioglimenti l'anno. I 402 scioglimenti hanno interessato 294 enti locali (288 Comuni e 6 aziende sanitarie provinciali).
I 24 annullamenti dei decreti di scioglimento
I due dati – scioglimenti decretati/enti locali coinvolti – non coincidono a causa di più scioglimenti decisi per uno stesso ente, ossia quelle amministrazioni locali (complessivamente sono 83) che hanno subito due o più scioglimenti dal 1991 a oggi. Un ente locale è stato sciolto cinque volte, 22 tre volte, 60 due volte e 211 una volta. Dal 2010 al 30 settembre 2025 le archiviazioni, in assenza dei presupposti di legge, sono state 59. Se la maggioranza delle sentenze ha confermato le scelte, ci sono però casi (meno del 6% del totale) in cui Tar e Consiglio di Stato hanno disposto l'annullamento dei decreti. Tra le motivazioni principali che conducono i giudici ad annullare spicca la mancata individuazione degli elementi univoci, concreti e rilevanti in grado di dimostrare il collegamento o condizionamento mafioso. I provvedimenti di annullamento dei giudici amministrativi sono stati complessivamente 24.