Sezioni
Edizioni locali
06/09/2025 ore 10.47
Cultura

Andrea Camilleri, l’uomo che ha dato voce alla Sicilia: ricorre oggi il centenario della nascita

Cento anni fa nasceva a Porto Empedocle una delle penne più limpide e vere del Novecento italiano. Camilleri ha raccontato la sua isola con trasparenza intellettuale e rigore etico e attraverso il suo alter ego Salvo Montalbano ha denunciato le storture della società

di Aleandro Fusco

Il 6 settembre 2025 rientra nella storia culturale italiana: ricorre oggi il centenario della nascita di Andrea Camilleri, figura cardine della letteratura contemporanea, coscienza limpida del Novecento e voce intensa della Sicilia più naturale e vera.

Nato a Porto Empedocle, in quella porzione occidentale dell’isola dove il mare e il vento incidono le coste, Camilleri è stato molto più di uno scrittore. È stato artigiano di linguaggi, creatore di mondi, e soprattutto osservatore severo della realtà. La sua opera, attraversata da una tensione morale, ha incarnato un’idea di cultura che si alimenta del dissenso, del dubbio, della riflessione incessante.

La Sicilia è per Camilleri, corpo vivo, carne palpitante, sorgente inesausta di parole, memorie, contraddizioni. La sua terra, nei suoi romanzi, emerge come una madre antica, affascinante e crudele, dolce e barbara, incapace di mentire perché troppo abituata a convivere con la verità dura della Storia.

La lingua stessa di Camilleri – quella lodevole mescolanza di italiano colto e dialetto siciliano, di lessico popolare e ritmo narrativo barocco - è un atto d’amore e di rivolta insieme. Scrivere in quella lingua “impura”, per molti versi inedita, significava per lui oltre che rendere giustizia alla voce del popolo, rivendicare un’identità culturale autonoma, fiera del proprio passato e del proprio accento.

Fu uomo di teatro prima ancora che romanziere, regista raffinato e pedagogo appassionato. Ma è attraverso la letteratura – e in particolare attraverso la straordinaria saga del commissario Montalbano – che Camilleri ha raggiunto una statura popolare e intellettuale pressoché unica nel panorama italiano. Con oltre cento titoli pubblicati, una produzione instancabile anche in età avanzata, e una capacità narrativa che univa leggerezza e profondità, ironia e indignazione, lo scrittore siciliano ha saputo parlare a generazioni diverse, senza mai scendere a patti con lo stucchevole o la mediocrità.

Il commissario Salvo Montalbano, suo alter ego letterario, è un investigatore e un filosofo del dubbio, un uomo perplesso dinanzi al reale. Le sue inchieste sono spesso pretesti per scavare nell’anima umana, tra miserie e grandezze, tra reticenze e situazioni scomode. Attraverso di lui, Camilleri ha denunciato le storture della società italiana, dalla corruzione politica alla mafia, dall’ipocrisia borghese all’apatia morale, con uno stile sobrio ma inesorabile, capace di colpire senza mai eccedere.

Camilleri è stato uomo di parola, mai disposto a indulgere nella retorica o nella facile seduzione del potere. La sua trasparenza intellettuale si è sempre nutrita di rigore etico, di spirito critico, di amore autentico per la giustizia.

In un’Italia spesso distratta, egli ha conservato vivo il senso della memoria storica, della responsabilità civile, dell’urgenza morale. Anche negli ultimi anni di vita, colpito dalla cecità, ma mai dalla rassegnazione, continuò a scrivere, a indignarsi, a trasmettere ai lettori il fuoco inquieto del pensiero libero.

Il suo ultimo messaggio, lasciato nel romanzo postumo Riccardino, (2020 - Sellerio Editore Palermo) è una sorta di epitaffio letterario e insieme una dichiarazione di poetica: il rifiuto della finzione quando diventa gabbia, la ricerca della verità anche nel cuore della menzogna narrativa. Sarà che in queste pagine Andrea Camilleri è riuscito a regalarci un distillato di sé, del suo percorso, della sua vita e della sua opera, e lo ha rivelato come una radiografia

Oggi, nel centenario della sua nascita, annoverare Andrea Camilleri tra i più grandi scrittori siciliani del Novecento, accanto a Pirandello, Sciascia, Vittorini, Bufalino, raffigura un vertice ineguagliato per capacità inventiva, impegno civile, e profondità umana.

Ma se ciascuno di questi autori ha dato voce a una Sicilia diversa – la metafisica pirandelliana, l’etica sciasciana, il lirismo bufaliniano – Camilleri ha saputo unire tutte queste anime in un’unica, inconfondibile armonia: la Sicilia raccontata come luogo dell’anima e della lotta, della fatalità e della speranza, della disperazione e della dignità. Andrea Camilleri resta una figura imprescindibile della nostra coscienza culturale. Le sue opere continuano a essere letti, studiati, tradotti, amati. Resta il suo sguardo: uno sguardo profondo, ironico, inquieto e sazio di verità.

In un’epoca che tende a semplificare, a gridare, la sua voce: pacata, colta, inesorabile, ci ricorda che la letteratura è, prima di tutto, un atto di resistenza morale. E che raccontare storie significa, in ultima analisi, ricercare l’umanità.

Vogliamo ricordare Andrea Camilleri con alcuni suoi pensieri:

“Come fa uno a farisi capace che il tempo passa, e lo cangia, se tutti i jorni e tutte le notti non fa altro che ripetiri squasi meccanicamenti gli stissi gesti e diri le stisse paroli?”

“Bisogna guardare la tv portandosi appresso un paracqua ideale che permetta al nostro cervello di restare asciutto e lucido, di non inzupparsi di tutte le informazioni distorte, contraffatte, alterate, finalizzate che ci vengono propinate.”

“Lo scirocco è uno dei momenti più belli che possano essere concessi all’uomo, in quanto l’incapacità di movimento in quei giorni ti porta a stare immobile a contemplare una pietra per tre ore, prima che arrivi un venticello. Lo scirocco ti dà questa possibilità di contemplazione, di ragionare sopra alle cose.”