Da schiavo ad ammiraglio, la storia del calabrese Uccialì che si distinse nella battaglia di Lepanto del 1571
Catturato da ragazzo dai pirati musulmani fece una lunga carriera. A Istanbul, dove costruì il villaggio Nuova Calabria, lo ricorda una moschea. Il suo ruolo nello scontro che salvò l’Europa cristiana dagli Ottomani
Il 7 ottobre del 1571 è una delle date più importanti in assoluto della storia dell’Europa Cristiana e del Mediterraneo. In quel giorno la Lega Santa sconfisse, in un’epica e complessa battaglia navale nelle acque del Golfo di Corinto, la potente flotta dell’Impero Ottomano.
I Turchi a partire dal XIV secolo avevano esteso il loro dominio tra Asia occidentale (odierne Turchia, Siria, Iraq, Libano, Israele...), Valle del Nilo in Egitto ed altre aree costiere nordafricane, Penisola Balcanica (Grecia, Albania, Macedonia, Bulgaria, Romania, Croazia, Serbia, Bosnia, Slovenia...), parti consistenti di ex Cecoslovacchia ed Ungheria, coste del Mar Nero, giungendo fino alle porte di Vienna.
Solo l’Orda dei Mongoli era stata tanto pericolosa per il mondo costruito attorno al Soglio di Pietro. Proprio i Turchi furono gli artefici del crollo, nel 1453, dell’Impero Romano d’Oriente, ben mille anni dopo la scomparsa di quello d’Occidente che aveva avuto in Roma, per oltre cinque secoli, una delle più grandi potenze della storia umana non solo per estensione e forza economico-militare, ma per la capacità di incidere sulla cultura e sulla vita reale (lingua, diritto, infrastrutture, tecnologia, agricoltura...).
Pizzo, 210 anni fa la fucilazione di Gioacchino Murat: suo il sogno di un Regno di Napoli prospero e modernoConquistata Costantinopoli gli ottomani avevano posto fine alla lunga parabola bizantina. In seguito, soprattutto con la guida del sultano Solimano il Magnifico (morto nel 1566), la crescita di questo nuovo impero che minacciava la sopravvivenza stessa della Cristianità, raggiunse il proprio apice. Solimano, tra l’altro, confermando anche un solido dominio dei mari, conquistò Rodi (1523), caposaldo dei coraggiosi e influenti Cavalieri di Malta. È pertanto ovvio che l’inarrestabile avanzata turca si tradusse in un epocale scontro di civiltà che toccava vari livelli: religioso e spirituale, istituzionale e politico, economico.
La Repubblica di Venezia aveva costruito vasti interessi commerciali partendo dall’Adriatico e costruendo capisaldi commerciali nel Mediterraneo centro-orientale, ma giungendo anche nei più lontani paesi asiatici. La ricchezza della Serenissima, dotata di una grande flotta, si era basata sul commercio di merci preziose, ma anche su una sapiente diplomazia tra Oriente e Occidente.
In allarme da tempo era anche lo Stato Pontificio che vedeva minacciata addirittura la propria esistenza. Nonostante le tipiche gelosie e i mai superati contrasti di interessi in ambito europeo e italiano, nella seconda metà del XVI secolo la necessità di contrastare la possibile totale egemonia dei Turchi musulmani risvegliò, in maniera unificante, anche la Spagna, la Repubblica di Genova, il Ducato di Savoia, il Granducato di Toscana, i Cavalieri di Malta ed altri piccoli ma danarosi Stati di un’Italia ancora frammentata (Mantova, Lucca, Urbino, Ferrara…). Ne nacque con impegno diretto di Papa Pio V, teologo domenicano promotore della Controriforma antiluterana, una coalizione il cui nome, Lega Santa, spiega già quale fosse il supporto ideologico alla base di un progetto deciso di intervento.
La goccia che fece traboccare il vaso fu la conquista, da parte degli Ottomani, di Cipro, conclusasi con la presa dell’avamposto veneziano di Famagosta (agosto 1571). Artefice di quest’ultimo epico assedio fu il generale e gran visir Mustafa Pascià. E per far capire come si trattasse di scontri senza pietà (altro che i vertici odierni!) si immagini che il coraggioso e abile governatore veneziano di Famagosta, Marcantonio Bragadi, tradito proprio dal Pascià che rinnegò i patti di resa, fu torturato in maniera selvaggia e orribile: gli vennero mozzati naso e orecchie, fu scuoiato vivo, venne massacrato a colpi di frustate.
La sua colpa: non essersi convertito alle fede musulmana! La Spagna, che con la scoperta delle Americhe, aveva costruito un enorme dominio intercontinentale, mise a disposizione come guida di tutta la Lega Santa l’ammiraglio Don Giovanni d’Austria, figlio naturale dell’imperatore Carlo V e quindi fratellastro di Filippo II succeduto sul trono di Madrid. Si fronteggiarono due straordinarie armate, forti di circa 200 galere ciascuna, ma con le sei galeazze veneziane dotate di una potenza di fuoco impressionante.
A questo punto entra in gioco anche la Calabria con la figura di Giovan Dionigi Galeni, detto Alì il Rinnegato o anche Occhialì, Uccialì. Nato nell’attuale Le Castella nel 1519, da ragazzo venne fatto schiavo nel corso di un’incursione corsara ottomana nel 1536.
Fatto prigioniero dal tremendo Barbarossa, terrore delle coste mediterranee, finì ai remi ma, tra talento, furbizia, determinazione e coincidenze, nonché abbandonando la fede cristiana e diventando musulmano, riuscì a sfuggire dalla condizione di schiavo fino a diventare prima pascià di Tripoli, poi beirlebei (governatore generale) di Algeri e grande ammiraglio della flotta musulmana. Fu proprio il calabrese Uccialì a guidare l’ala sinistra dell’enorme armata ottomana che sfidò la Lega Santa, fronteggiando addirittura l’ammiraglio genovese Giovanni Andrea Doria. Il Calabrese fu l’unico comandante musulmano a riportare a Istanbul (già Costantinopoli) parte delle navi del Sultano che lo premiò con diversi incarichi e titoli, tra i quali quello di Alì la Spada. Nelle nuove vesti di ammiraglio di tutta la flotta turca ricostruì la presenza militare marittima degli ottomani e riconquistò Tunisi nel 1574.
Sulle sue gesta a Lepanto (conquistò tra l'altro il vessillo dei Cavalieri di Malta) e sul suo rapporto con il genovese Giovanni Andrea Doria, poi odiato dal Papa, si diffusero anche notizie poco onorevoli che fecero intendere accordi sottobanco per evitare gravi danni da una parte e dall’altra. Gli storici non sono concordi in merito. A Istanbul Uccialì fondo un villaggio, “Nuova Calabria”, ed una moschea lo ricorda per l’eternità. Resta l’incertezza su un suo tardivo rientro nella sfera spirituale cristiana, così come sulla leggenda che la madre, pur potenziale destinataria di enormi tesori, non abbia voluto incontrarlo (e lo avrebbe maledetto) perché rinnegato. Certo è che negli anni precedenti Lepanto il prode Uccialì fu un corsaro molto noto, imperversando lungo vari tratti costieri europei (Isole Egadi, Nizza, Imperia, Dalmazia...) e accumulando ingenti tesori. Da schiavo a figura quasi mitica, ma con evidenti e documentate radici storiche, dello scontro epocale e sanguinosissimo fra Cristiani e Musulmani.