“Fino a completa guarigione”: Marco Masoni racconta Franco Battiato, tra testimonianze e ricordi inediti
Un ritratto intimo e profondo del genio siciliano attraverso le voci di chi gli è stato accanto, tra aneddoti inediti, riflessioni filosofiche e un’eredità artistica che continua a risplendere oltre il tempo
Può un libro apportare novità quando si parla di Franco Battiato? La risposta è affermativa, perché tutte le interviste e le riflessioni contenute nel libro di Marco Masoni sorprendono, regalando nuovi punti fissi all’universo Battiato.
Marco Masoni, partirei dalle origini e da una distinzione. Come nasce questo libro e quanto hanno influito le tue due anime; quella di critico musicale e quella di appassionato e ascoltatore dei dischi di Franco Battiato?
«Il libro nasce in modo apparentemente semplice: da una richiesta dell'editrice, che mi ha chiesto di essere l'autore del secondo libro di “Battiatosophia”, una collana di Aurea Nox dedicata a tutto ciò che ha ruotato o potrebbe ruotare intorno a Franco Battiato.
Venendo alla seconda parte della tua domanda: a Roma, all'Accademia della Critica Musicale di Gianfranco Salvatore (dove mi sono diplomato ahimè 25 anni fa) mi hanno insegnato anche il distacco, l'oggettività, l'analisi fredda dei dati. In questo libro riporto dei dati, ho fatto e trascritto 16 interviste esclusive a collaboratori e amici di Battiato senza cambiare o omettere niente, le ho integrate nelle mie analisi in modo tematico. Credo venga fuori un vero e proprio magma incandescente dell'essere speciale Franco Battiato».
Sono due le caratteristiche di Franco Battiato, che spesso emergono tra i racconti di chi lo ha vissuto, una generosità quasi incondizionata e una profonda esigenza di migliorarsi. Che peso dai, ad entrambe, nel suo percorso artistico e di vita?
«Sono due caratteristiche complementari: Battiato ha cambiato moltissimo nel corso del tempo il suo carattere, il suo approccio all'arte, al mondo e agli altri esseri senzienti. Il miglioramento o almeno il tentare - con molte cadute - di migliorare tutto quello che faccio e che dico è ormai anche una mia esigenza insopprimibile, quindi almeno questo aspetto mi ha positivamente contagiato. La generosità per lui è stata una conseguenza naturale, aiutata certamente dalla sua florida condizione economica avuta dalla metà degli '80 e dalla quantità di tempo a disposizione, in cui non si fermava MAI: aveva sempre più di un progetto in fase di lavorazione e contemporaneamente aiutava artisticamente, umanamente e anche economicamente tantissime persone».
Quanto è stato importante e cosa ha rappresentato il successo per Battiato?
«Stefano Senardi, discografico di Franco in tre dischi decisivi e centrali della carriera (L'imboscata, Gommalacca, Fleurs) e poi grandissimo suo amico lo dice molto bene nella prefazione che mi ha onorato di donare al libro: il successo è stato un obiettivo conseguito coscientemente e quasi scientificamente da un certo punto della carriera, dal 1978, e raggiunto tre dischi dopo, nell'estate del 1982 con l'esplosione fragorosa de La Voce Del Padrone che – ricordiamolo è il suo undicesimo album, l'undicesimo! Da quel momento in poi è stato libero economicamente e questa libertà gli ha dato tempo per fare soprattutto una cosa: studiare. Ovviamente anche la musica, ma specialmente letteratura spiritualità e filosofia, leggeva e approfondiva di tutto».
Parliamo del lavoro in studio. Qual è l’aspetto più originale di Franco Battiato e che magari ti ha sorpreso, ascoltando le testimonianze di chi lo ha visto nei momenti di maggiore creatività?
«Ecco, qua le testimonianze concordano tutte: Battiato era velocissimo in studio di registrazione, entrava con le idee chiare e non perdeva neanche un secondo, anche le parti vocali pare che fossero quasi tutte registrate alla prima. Mi ha colpito una cosa nel racconto del suo tastierista e principale collaboratore - dopo ovviamente Giusto Pio - Filippo Destrieri, che è stato con lui per vent'anni, dal 1977 al 1997: il disinteresse di Franco per la bellezza di un timbro sonoro rispetto a un altro. Voleva che i musicisti si sbrigassero a trovare un suono e spesso apparentemente si accontentava. Una frase che diceva spesso, riportatami non solo da Destrieri era “Il meglio è nemico del bene».
C’è, secondo te, un possibile legame tra la spiritualità direi ipertrofica di Franco Battiato e la forma mentis matematica che un autore deve giocoforza possedere per comporre musica?
«I grandi filosofi e matematici dell'antichità e del medioevo sono sempre raffigurati, nei ritratti fatti nel corso dei secoli, con i loro strumenti di lavoro, fosse un goniometro un cannocchiale un alambicco o altro, e sul tavolo una Bibbia. La spiritualità ha in modo fisiologico molto a che fare con la scienza e il pensiero anche matematico, checché ne dicano gli ignoranti. Battiato conosceva benissimo molte scienze diverse, ne capiva i funzionamenti e poi le usava a suo piacimento, anche stravolgendone la forma, come spessissimo ha fatto con le canzoni, per non dire dei film».
Battiato, ha vissuto musicalmente due epoche, l’analogico e il digitale. C’è, a partire da “La voce del padrone” per esempio, un cambiamento evidente nel procedere produttivo dei suoi dischi?
«A mio avviso non da quel disco: Da L'arca di Noè comincia un cambiamento sonoro, ma il procedere produttivo di Battiato ha vissuto molte fasi che sono legate al contenuto di quel che voleva trasmettere con quella serie di album, secondo me non sono cambiamenti legati all'arrivo del digitale, anche perché dal 1972 fino alla fine ha proceduto – semplifico - per tagli citazioni e collage, sempre, analogici o digitali che fossero gli strumenti a disposizione. Li riassumo anche nel libro in queste macro fasi: 1972-78 il prog e la sperimentazione; 1979-86 il pop esoterico; 1987-93 opere e canzoni mistiche; 1994-2011 specchio opposto e complementare di Sgalambro il materialista; 2012-19 la preparazione al “passaggio” di dimensione».
Lasciamo adesso l’aspetto professionale. Ti vorrei chiedere cos’era Milo, e la Sicilia, per Franco Battiato. Solo la dimora perpetua o un’estensione spirituale?
«La casa di Milo, non è un posto a caso. Non è stato solo un 'ritorno alle radici'. Ti riassumo quanto già ho scritto nel libro: quella casa fu scelta con criterio, anche per la posizione geografica e geofisica, per i vari fenomeni scientifici dell'atmosfera, della superficie e del terreno vulcanico, nero e caldo ai piedi dell'Etna. Battiato ha detto a tantissime persone che avrebbe voluto morire lì, come poi è avvenuto, non solo per motivi affettivi. Secondo alcuni ci sono punti specifici del giardino predisposti per una forte attività spirituale, diciamo così. Quando sono stato lì ho visto affacciandomi sul retro il piccolo gazebo spoglio dove si stava recando quando è caduto per la seconda e definitiva volta, il luogo dove pare abbia scritto L'ombra della luce e altre canzoni, preghiere che sono certamente arrivate dal contatto con piani superiori».
Facendo una sintesi delle numerose testimonianze che hai raccolto, qual è secondo te il ritratto umano di Battiato che possiamo definire più corretto?
«Franco Battiato è stata una persona complessa e semplice insieme. Solitario e amante delle tavolate, meditativo e raccontatore di barzellette, simpaticissimo ma se necessario incazzoso, studioso e profondo ma quasi frenetico nel realizzare le sue musiche. Certamente molto generoso da tutti i punti di vista, indubbiamente un essere umano di livello molto alto che ha cambiato la vita di tantissimi altri esseri umani».
Conosciamo il percorso artistico di Franco Battiato e tu dichiari che questo non vuole essere un libro scandalo, eppure scrivi: “qualche scoop è venuto fuori”. E’ inevitabile chiederti di accennare qualcosa dei tratti inediti che il libro offre, soprattutto pensando agli ultimi anni di carriera del maestro.
«La mia editrice, che tanto ha avuto a che fare con lui, dice che “chi conosce Battiato non si stupisce di niente”. Negli ultimi anni di vita, per esempio, Sgalambro ha scritto pochissimo ma Battiato gli ha sempre co-accreditato i brani, anche quando non ci metteva penna. Per l’ultimo quinquennio, di cui si sa pochissimo, ho avuto la ventura di avere delle testimonianze dirette di un Franco molto aperto e ospitale a casa nell'estate 2019, con una parte che a rileggerla ancora mi commuove. Inoltre ho cercato di fare un po' di ordine su Villa Grazia e cosa le ha girato intorno dal 2017: le dichiarazioni ufficiali del sindaco di Milo rilasciate davanti a me il 18 maggio 2024. Una cosa che mi ha colpito moltissimo è quello che mi ha detto Padre Orazio Barbarino, suo storico amico, sul come ha trovato Battiato subito dopo la morte, che lascio scoprire a chi vorrà leggere il libro».
Vista la ricchezza di spunti del libro, vorrei sapere se te la senti di concludere offrendo delle chiavi di lettura, o dei consigli, per approcciarsi nel modo migliore alla scoperta di un genio quale è stato Franco Battiato.
«Ho già detto che Battiato è un universo esplorato solo in parte, e lo ribadisco. Consigliare album di Battiato è sempre complesso, data la vastità e la diversità della produzione, ma al neofita caldeggerei ovviamente La voce del padrone ma anche Mondi lontanissimi, Fisiognomica, Caffè de la paix e Apriti sesamo. E poi leggere qualche libro su di lui, oltre al mio mi sento di consigliare il primo di Fabio Zuffanti, “La voce del padrone 1945-1982”, “Soprattutto il silenzio” di Antonio La Porta e il grande e importante tomo scritto da Francesco Messina e Stefano Senardi che si chiama “L'alba dentro l'imbrunire”».