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18/04/2025 ore 15.55
Cultura

Il teatro, dove tutto è finto ma niente è falso. A Dentro la Notizia il racconto di resilienza di Teatro Primo

Dalla drammaturgia contemporanea alla formazione dei giovani: una puntata speciale accende i riflettori su una realtà indipendente che da oltre quindici anni fa cultura in Calabria

di Silvio Cacciatore

«Il teatro: dove tutto è finto ma niente è falso». Con questo titolo evocativo si è aperta la nuova puntata di Dentro la Notizia, condotto da Francesca Lagoteta, portando sotto i riflettori il Teatro Primo di Villa San Giovanni. Un luogo che, da oltre quindici anni, custodisce e rilancia l’essenza più autentica del teatro: quella di spazio vivo, di corpi e silenzi, di parole che si fanno azione e riflessione.
In un tempo dominato dai social e dalla velocità del consumo emotivo, il teatro resta una trincea culturale, un luogo dove ci si può ancora fermare, ascoltare, commuoversi. Dove il tempo è denso e il senso delle cose torna a galla (Rivedi la puntata di Dentro la Notizia).

Non è un caso se Dentro la Notizia, nella sua inchiesta sullo stato di salute del teatro, ha scelto di partire proprio da qui, dal Teatro Primo. Un esempio concreto e resistente di come la passione e l’autonomia possano diventare linguaggio, comunità, progetto culturale.

Il teatro in Italia e in Calabria oggi vive una stagione complessa. I dati confermano quanto già evidente sul piano sociale: dopo la pandemia, il pubblico è cambiato. Molti teatri hanno faticato a riaprire le porte, in particolare al Sud, dove – fatta eccezione per la Campania – l’abitudine di andare a teatro è meno diffusa. Ai problemi strutturali si aggiungono quelli economici: lavoro precario, risorse scarse, mancanza di continuità nei sostegni pubblici.
Eppure, proprio dove si fatica di più, cresce la creatività. In Calabria, fare teatro è spesso un atto di resistenza civile. Una forma di resilienza collettiva che si esprime nei tanti spazi indipendenti, nelle compagnie autonome, nei piccoli centri dove la cultura non si spegne.

In questo contesto, il Teatro Primo si distingue come presidio stabile di drammaturgia contemporanea e di formazione culturale. Fondato nel 2008 da Christian Parisi e Silvana Luppino, è nato da un’esigenza pratica e poetica insieme: trovare uno spazio dove provare, incontrarsi, creare.
«Non era semplice, e non lo è mai stato» – ha raccontato Parisi – «ma abbiamo seguito un’idea, una necessità: dare forma quotidiana a un sogno».
Dopo i primi anni a Reggio Calabria, il progetto ha trovato casa a Villa San Giovanni, dove da undici anni si è trasformato in un punto di riferimento per il territorio.

Oggi il Teatro Primo è molto più di una sala: è una realtà produttiva attiva tutto l’anno, un luogo di passione che si nutre di formazione, ospitalità e creazione. Qui si organizzano corsi per attori, laboratori serali aperti a tutte le età, spettacoli, affitti di sala. Si costruisce una comunità teatrale viva, dove chi entra da spettatore spesso resta come partecipante, diventa parte del progetto.

L’anima del Teatro Primo è quella degli spazi off, nati sulla scia delle esperienze americane “off Broadway”, ma qui radicati in modo originale: «L’intimità tra artista e pubblico è il cuore del nostro spazio», spiegano. La relazione è autentica, si costruisce spettacolo dopo spettacolo, e dà vita a un circuito virtuoso: c’è chi entra per curiosità e poi chiede di fare un laboratorio, chi si innamora della scena e inizia a occuparsi anche della gestione della sala, della biglietteria, dell’accoglienza.
Un luogo senza gerarchie, dove l’arte si impara facendola e si vive come parte di un’esperienza collettiva.

La stagione teatrale 2024/2025 appena conclusa è stata, anche quest’anno, un piccolo miracolo. Aperta con il monologo «Anna Cappelli» interpretato da Silvana Luppino, ha ospitato spettacoli provenienti da tutta Italia, in un calendario incentrato sulla drammaturgia contemporanea.
Patria, relazioni umane, disagi sociali, cambiamenti generazionali: ogni messa in scena ha portato con sé una domanda urgente, una scrittura viva, un racconto che scava.
La maggior parte delle compagnie sono indipendenti e autofinanziate, legate da un senso di mutuo riconoscimento. Si aiutano, si promuovono, tengono accesa la fiamma anche senza i grandi circuiti.

E poi ci sono i giovani. Come Sofia, 18 anni, che ha portato in scena un intenso monologo di Harold Pinter, conquistando il pubblico. Ma anche i tanti che entrano a teatro per ritrovare fiducia in sé stessi, superare timidezze, esprimersi.
Il teatro è un maestro di vita – lo dicono tutti – perché educa all’ascolto, all’empatia, al tempo dell’attesa. Per molti, è anche un rifugio e una rinascita.
Ogni angolo del Teatro Primo – dalla sala prove al palco, dalla regia al foyer – è vissuto da persone che portano avanti questa passione a 360 gradi, occupandosi di tutto, dalla pulizia agli allestimenti, dalla promozione alla gestione.

Ed è proprio da questo intreccio di passione e fatica, di arte e resistenza, che nasce un appello chiaro, rivolto alle istituzioni. Perché raccontare il bello – come fa Teatro Primo ogni giorno – non può bastare, se a mancare sono le condizioni minime per farlo sopravvivere.
Lo hanno detto con forza nel corso della puntata: la dedizione non è sufficiente, servono politiche culturali strutturate, servono fondi, servono visioni.

Oggi si parla molto del rilancio dei grandi teatri, dei circuiti nazionali, delle star che attraggono pubblico e risorse. Ma chi sostiene davvero la drammaturgia contemporanea? Chi investe sugli spazi indipendenti che creano cultura, lavoro e comunità, spesso con mezzi limitati e senza alcun ritorno economico immediato?

La proposta che arriva da Villa San Giovanni è concreta: istituire un fondo regionale dedicato alla drammaturgia contemporanea, destinato alle compagnie, ai giovani autori, ai progetti che fanno ricerca e innovazione teatrale.
Un fondo che redistribuisca le risorse culturali, e riconosca il valore sociale – oltre che artistico – di queste esperienze. Sarebbe un gesto importante, e la Calabria potrebbe essere la prima a lanciare questo segnale.

Nel frattempo, al Teatro Primo si continua a lavorare. Si prova, si insegna, si accolgono le nuove generazioni, si allestisce, si sbaglia e si ricomincia. Perché il teatro, in fondo, non ha bisogno di effetti speciali per essere necessario. Gli bastano una scena, un pubblico e una voce sincera.
E se tutto il resto intorno cambia alla velocità di un click, è proprio il teatro a ricordarci che il tempo – quello vero – vale ancora la pena di essere vissuto.