La leggenda Pink Floyd: il 12 settembre 1975 esce Wish You Were Here
È un disco doppio, costruito per temi e atmosfere: da una parte la lunga dedica a Barrett contenuta in “Shine On You Crazy Diamond”, dall’altra la feroce satira dell’industria musicale in “Have a Cigar” e la title-track, una delle canzoni più toccanti del catalogo
Pink Floyd, il 12 settembre 1975, sugli scaffali britannici uscì Wish You Were Here, il nono album in studio dei Pink Floyd, un lavoro che suonava allora come una ferita aperta e che, cinque decenni dopo, continua a parlare a generazioni diverse. L’album, concepito tra malinconia e rabbia per la sorte dell’amico e fondatore Syd Barrett, rimane uno dei vertici della discografia del gruppo e un disco-cardine nella storia del rock.
Nati a metà anni Sessanta, i Pink Floyd si formarono attorno a Syd Barrett, voce e autore visionario, insieme a Roger Waters, Nick Mason e Richard (Rick) Wright. Con Barrett alla guida il gruppo produsse l’esordio psichedelico The Piper at the Gates of Dawn (1967) e singoli come “Arnold Layne” e “See Emily Play”, che segnano l’entrata del gruppo nell’universo pop-psichedelico britannico. David Gilmour entrò nel 1967 come sostituto sul palco e, quando il deterioramento mentale di Barrett si fece irreversibile, divenne la voce solida che avrebbe accompagnato la band verso la maturità artistica.
Negli anni Settanta i Pink Floyd trasformarono l’arte sonora in un’archeologia dell’anima: lunghe suite, suoni scoperti, paesaggi immaginari che parlavano di alienazione, tempo, denaro, follia. La fama planetaria arriva con The Dark Side of the Moon (1973): un disco registrato come un’unità concettuale sulla vita contemporanea, che con il suo mix di tecnica, scrittura e immaginario grafico divenne un fenomeno di vendite e di durata in classifica senza precedenti. L’album rimase per anni sul Billboard Top 200, consolidando il salto dei Pink Floyd fino al cuore del rock internazionale.
Wish You Were Here del 12 settembre 1975 è un disco doppio, costruito per temi e atmosfere: da una parte la lunga dedica a Barrett contenuta in “Shine On You Crazy Diamond”, dall’altra la feroce satira dell’industria musicale in “Have a Cigar” e la title-track, una delle canzoni più toccanti del catalogo. L’album nasce da una band all’apice della tecnica ma attraversata da tante incertezze: la fama, la distanza dai propri esordi, e il senso di perdita personale e collettivo, che Waters avrebbe spesso trasformato in progetto concettuale.
Alla fine del decennio, il progetto più ambizioso e divisivo fu The Wall (1979): una rock-opera monumentale firmata in gran parte da Roger Waters, che immaginava il protagonista Pink come simbolo dell’alienazione moderna. Singoli come “Another Brick in the Wall” divennero hit mondiali, ma il processo creativo accentuò le tensioni interne. La centralità di Waters nelle scelte concettuali e la crescente conflittualità con Gilmour portarono, in meno di un decennio, alla crisi che avrebbe spaccato la band.
Nel 1985 Waters annunciò la sua uscita dalla band: la separazione si trasformò in una battaglia legale perché Waters tentò di impedire ai compagni di usare il nome Pink Floyd. La disputa si risolse con un accordo extragiudiziale alla fine degli anni Ottanta. La vicenda segnò la fine dell’unità creativa originaria e aprì una seconda fase del gruppo, guidata da Gilmour.
Sotto la leadership di Gilmour, i Pink Floyd pubblicarono A Momentary Lapse of Reason (1987) e poi The Division Bell (1994): album che misero in scena un gruppo ormai diverso, con grandi produzioni e tournée spettacolari ma con un’ombra di nostalgia per ciò che si era perso. The Division Bell fu un successo commerciale e rappresentò una sorta di rilancio, mentre dal materiale rimasto dagli archivi nacque più tardi The Endless River (2014), un omaggio strumentale e riflessivo che ricordava Rick Wright e chiudeva idealmente il cerchio discografico.
Il pubblico ebbe un’ultima, carica emozionale il 2 luglio 2005, quando Gilmour, Waters, Wright e Mason salirono insieme sul palco di Live 8 a Londra: fu la prima e ultima volta in cui la formazione classica suonò insieme dopo la frattura. La storia del gruppo è segnata anche da lutti: Syd Barrett, figura mitica e tragica, morì nel 2006; Rick Wright scomparve nel 2008. Entrambe le perdite hanno contribuito a rendere ormai impossibile un vero ritorno del gruppo com’era un tempo. Più che uno scioglimento formale, la fine dei Pink Floyd si è consumata con fuoriuscite, litigi, lutti, scelte artistiche divergenti. Per David Gilmour “i Pink Floyd hanno fatto il loro corso” e che sarebbe sbagliato ricostituirli senza figure insostituibili come Wright. Roger Waters, dal canto suo, ha escluso più volte un ritorno in grande stile.
I Pink Floyd non sono soltanto una discografia immensa e leggendaria: sono un laboratorio di suono, immagine e concetto che ha ridefinito i confini del rock. Hanno inventato spettacoli che erano esperienze multimediali, hanno portato temi universali come follia, tempo, alienazione, potere, in forme musicali indimenticabili, e hanno lasciato brani che restano nella memoria collettiva: “Comfortably Numb”, “Wish You Were Here”, “Money”, “Time”, “Shine On You Crazy Diamond”, “Another Brick in the Wall”. Piccole colonne d’Ercole del nostro immaginario sonoro.
Cinquant’anni dopo Wish You Were Here, il messaggio resta: il rock può essere architettura dell’anima. La band che partì con un giovane visionario della Cambridge underground sapeva trasformare i propri demoni in musica, e quella musica rimane più potente degli stessi uomini che l’hanno creata. Immortale.