Nuova indagine storico-letteraria sulle poesie Duonnu Pantu: «La sua una denuncia sociale»
Don Domenico Piro fu autore di testi audaci, censurati e dimenticati. Tonino De Paoli, dopo anni di ricerche, ne ricostruisce identità, contesto e opera in uno studio inedito. Una riscoperta che restituisce dignità storica a una voce scomoda ma autentica. La presentazione ad Aprigliano il 18 ottobre.
Don Domenico Piro, Duonnu Pantu, figura singolare e quasi unica nel panorama storico culturale calabrese, può essere considerato il primo poeta dialettale della regione. Eppure, la sua memoria fu presto cancellata, i suoi scritti vennero dimenticati. Come ricorda Luigi Gallucci in un raro testo del 1833, «quantunque dai suoi scritti sembrasse uomo di condotta dissoluta, tutti concordano che fosse invece di vita esemplare e religiosa».
L’arcivescovo di Cosenza, Sanfelice, lo stimava ma cercò più volte di censurarlo, arrivando persino a farlo arrestare. Nei suoi versi, audaci e scandalosi, soprattutto per l’epoca, si nascondeva una rivolta morale contro le ingiustizie e le oppressioni del tempo. Dietro la provocazione, resta soprattutto la forza della poesia: viva, intensa, liberatoria.
Per decenni le sue “poesie proibite” furono attribuite a diversi autori, finché ricerche recenti hanno riportato alla luce la possibile paternità di don Piro. È in questo intreccio di identità, censura e memoria popolare che si colloca il nuovo importante studio documentario di Tonino De Paoli. “Duonnu Pantu e i Gapulieri”, un’indagine storico-letteraria che tenta di restituire verità e contesto a una voce sommersa della tradizione calabrese. Un lavoro complesso durato alcuni anni, una vera e propria indagine approfondita e inedita.
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L’appuntamento è per sabato 18 ottobre, alle ore 17, nella Sala Polifunzionale di Aprigliano, dove sarà presentato lo studio inedito su identità e attribuzione delle poesie erotiche di don Domenico Piro.
Interverranno: Francesco Quattromani, genealogista e scrittore, Giulio Le Pera, docente di Filosofia e Storia nei licei Classico e Scientifico di Tropea,
Gaetano Marchese, psicologo, psicoterapeuta e scrittore, Franco Laratta, giornalista, scrittore e direttore di LaC. Modera Raffaele Tarantino, scrittore e ricercatore di cose patrie.Conclude Tonino De Paoli che abbiamo intervistato
Duonnu Pantu e i Gapulieri, un nuovo lavoro editoriale sul prete poeta calabrese. Questa volta di cosa si tratta?
Si tratta appunto di un "nuovo" lavoro che, rigettando ogni riferimento a fatti immaginari o derivati dalla sola tradizione orale, rifugge dal "raccontare ciò che raccontasi" e, suffragato da un originalissimo approccio metodologico, propone, di contro, una diversa lettura interpretativa degli innumerevoli quesiti che lo studio Pantu-gapuliero reitera immutati da più di tre secoli. Una nuova procedura di ricerca, quindi, improntata su una palpabile, matura volontà di approdare a quella verità per troppo tempo erroneamente perseguita.
Il tuo è un certosino lavoro di ricerca durato anni. Una ricerca storica di grande valore. Per arrivare dove? Raccontare cosa?
Sì; la mia ricerca è durata circa cinque anni e si è dipanata, attraverso un processo di studio attivo, complesso e articolato, in numerosi archivi pubblici, anche oltre i confini regionali. Un'investigazione che include l'analisi di molteplici e inedite fonti storiche, attraverso le quali ho cercato di raccontare-ricostruire il contesto storico e culturale in cui Duonnu Pantu e i Gapulieri hanno operato. Una linea personale di pensiero, insomma, che si sforza di dare un ulteriore contributo-stimolo all’annosa discussione identitaria e di attribuzione poesie, attraverso il disvelamento delle reali cause ingeneranti i singoli componimenti, e l’attribuzione di dati anagrafici alla quasi totalità dei personaggi citati tra le righe di tutte le opere Pantu-gapuliere.
Le cose più interessanti che sono emerse da questo straordinario studio: Numerose sono le cose interessanti che connotano questo studio, ma a meritare un posto di maggiore rilevanza sono certamente le seguenti:
1) Svelare l'identità di Duonnu Pantu.
2) Attribuire, con rigorosa procedura scientifica, le singole poesie.
3) Definire le date di stesura delle medesime.
4) Intendere i singoli componimenti, esclusi quelli più lascivi, non come poesie, non come liriche, non come poemi, ma come vere e proprie cronache; autentici articoli di giornali, che gli indomiti redattori-gapulieri del tempo, senza alcun filtro di buona creanza, intramavano di storie realmente accadute.
Il volume comunque raccoglie tutte le poesie?
Sì; il volume raccoglie tutte le poesie di Duonnu Pantu e dei fratelli Giuseppe e Ignazio Donato, debitamente spiegate e corredate da circa millequattrocento note esplicative. A tre di queste è stato apposto il titolo di "Trattatello" giacché, per la maggiore presenza di personaggi apriglianesi realmente esistiti, ancor più necessarie di ulteriore sviluppo tematico rispetto alle altre.
Come definiresti la scrittura di Duonnu Pantu? Perché ha utilizzato quel linguaggio?
La scrittura di Pantu, con tutti i paraspigoli che molti studiosi pongono a protezione delle parti più trafiggenti, è una scrittura indiscutibilmente assai lasciva. Tuttavia, a giustificazione di tale sboccata licenziosità, può dirsi che fine di quest’ultima non è certamente di alluzzare e di vellicare i sensi, ma di servirsi di essa comunicazione dissoluta, solo e soltanto, perché linguaggio espressivo, immediato e rappresentativo del disagio sociale di quel basso popolo, che egli osserva quotidianamente nel suo paese, Aprigliano. Alla luce di tale considerazione, si può aggiungere che, leggendo e rileggendo i suoi versi, quand’anche si indossino le vesti del più rigido rigorismo morale, emerge lampante la volontà immaginifica di raccontare il sesso come mezzo letterario per ottenere un fine, “un sesso per”, il quale, attraverso l’uso sapiente, esaltante e maggiormente veicolante della materna locutio apriglianese, è finalizzato a ridicolizzare la società e il clericalismo corrotti dell’epoca.