Al Teatro Rendano di Cosenza un viaggio attraverso le più belle colonne sonore della storia di Hollywood
Il concerto dell’Orchestra Sinfonica Brutia diretta dal maestro Francesco Perri ha assunto la forma di un’epifania collettiva: non semplice commemorazione dell’immaginario cinematografico ma la riemersione di un patrimonio emozionale
Venerdì 21 novembre, nella maestosità del Teatro “Alfonso Rendano” di Cosenza, è andato in scena uno spettacolo che ha oltrepassato di molto i confini della consueta programmazione sinfonica, collocandosi in una dimensione quasi oracolare. “Eroi, sogni e leggende – Le colonne sonore di Hollywood”. Il concerto ha assunto la forma di un’epifania collettiva: non semplice commemorazione dell’immaginario cinematografico globale, bensì lenta riemersione di un patrimonio emozionale depositato in ciascuno di noi, come un sedimento antico che attende solo il varco di un suono per tornare a respirare.
La serata, concepita con una consapevolezza che rasenta il gesto curatoriale, è stata affidata all’Orchestra Sinfonica Brutia, presentatasi in una formazione imponente e splendidamente bilanciata di sessantadue elementi. Questa compagine, dalla coesione ammirevole e dalla duttilità timbrica sorprendente, è stata guidata dal maestro Francesco Perri, la cui direzione si è distinta per un tratto nobile, meditativo, alieno da ogni compiaciuta teatralità. La sua presenza sul podio rievoca la figura più rara del custode delle visioni musicali: un interprete che scava nella partitura, estraendone minuziosamente il respiro segreto della volontà dell'autore.
La selezione del programma – che già da sola avrebbe meritato un elogio per finezza e rigore – si è configurata come un contrappunto ideale alla tendenza, spesso compiacente, di indulgere nelle pagine cinematografiche più immediate e celebrate. Il maestro Perri ha, invece, composto un itinerario che, pur nella sua riconoscibilità iconica, si sottrae con determinazione al repertorio più scontato, prediligendo quelle partiture che non solo hanno segnato l’immaginario collettivo, ma ne hanno costruito i codici emotivi con una forza di modellazione ancora oggi tangibile.
Dall’altezza quasi mistica della scrittura di John Williams, attraversata dalla liricità sospesa di E.T., dall’epos brassato di Star Wars e dalla trasparente nostalgia di Home Alone, si è transitato verso l’eleganza introspettiva di John Barry, maestro insuperabile di atmosfere porose e di melodie che paiono insinuarsi nella memoria più che imporsi all’ascolto. Out of Africa – con il suo respiro ampio, composto, e la sua struggente distensione armonica – e Indecent Proposal, con la sua sottile ambiguità affettiva, si sono rivelati due vertici interpretativi di grande raffinatezza.
L’inserimento delle partiture di Hans Zimmer ha introdotto nel tessuto del programma un impasto sonoro più tellurico, più corrusco, ma mai privo di calibrata misura. Nel Gladiatore la Brutia ha saputo far emergere non tanto la grandiosità muscolare della scrittura, quanto quella sorta di spiritualità compressa che ne costituisce la vera interiorità. Anche Il Codice da Vinci è apparso non come un esercizio di tensione, bensì come un labirinto acustico attraversato con passo lucido e mai ridondante.
Il momento dedicato a Ennio Morricone, ha chiuso il cerchio in una dimensione quasi ascetica. Il tema musicale, emerso dalla tessitura orchestrale con una purezza che pareva non appartenere più alla materia fisica dello strumento, si è disteso nel teatro come un emozione trattenuta che improvvisamente è stata dichiarata a solerte voce.
Va sottolineato come l’Orchestra Brutia, in ogni sezione, abbia saputo rispondere alle sollecitazioni della direzione con un rigore esecutivo e una sensibilità timbrica di livello notevolissimo. Tutte le sezioni hanno rivelato una disciplina interiore che è la cifra delle orchestre mature. Coordinare un organico così vasto, evitando ogni dispersione o opacizzazione del suono, è impresa che richiede non solo autorità ma anche una sorta di intelligenza affettiva del gesto: qualità che il maestro Perri dimostra di possedere in abbondanza.
A incorniciare la serata, la voce limpida e misurata di Mario Tursi Prato, giornalista e doppiatore, che con interventi sobri, calibratissimi, ha restituito al pubblico il contesto emotivo e narrativo delle opere musicali senza mai scivolare nella retorica descrittiva. Le sue parole hanno funzionato come aperture di luce, come inviti a un ascolto più profondo.
Nel corso della serata non sono mancati momenti di simpatico dibattito fra il maestro Perri e Mario Tursi Prato, che hanno saputo attirare e mantenere alta l'attenzione di tutto il pubblico presente in teatro.
Da tutto ciò ne è derivato uno spettacolo che ha saputo evidenziare quanto la musica da film non sia mero ornamento dell’immagine, ma una forma di pensiero autonoma, un linguaggio che custodisce in sé una potenza narrativa in grado di sopravvivere allo schermo e di rinnovarsi nell’ascolto dal vivo.
Al termine della serata, ciò che rimane è una sensazione di gratitudine intellettuale e, ancor più, di stima profonda: verso l’Orchestra Sinfonica Brutia, per la qualità alta e stabile del suo lavoro, e verso il maestro Francesco Perri, la cui eleganza direttoriale, la cui acutezza di discernimento repertoriale e la cui visione culturale, ampia e solidissima, rappresentano oggi un riferimento imprescindibile per chiunque creda in una musica capace di custodire, con rigore e delicatezza, la memoria delle nostre emozioni più profonde.