Calabria e Mezzogiorno verso un buio 2050: meno nascite, emorragia di laureati e un futuro di spopolamento
Oltre 116mila meridionali si spostano verso il Nord nel 2024, con Lombardia ed Emilia-Romagna come mete principali. Crescono i trasferimenti qualificati, cala il pendolarismo ma resta il divario economico strutturale
La popolazione italiana si riduce ancora di numero, un calo trainato dal Mezzogiorno dove i decessi superano le nascite e dove gli arrivi dall’estero non sono sufficienti a compensare queste perdite. Nel Centro-Nord la popolazione aumenta grazie ai flussi migratori dal Sud (+52mila) e dall’estero. Nel 2024 oltre 116mila residenti del Mezzogiorno hanno trasferito la propria residenza in una regione del Centro-Nord, sono 9mila in meno rispetto al 2023. I volumi maggiori di partenze provengono dalle regioni meridionali a più ampia base demografica: Campania (34mila), Sicilia (28mila) e Puglia (21mila). La Svimez, nel suo rapporto presentato oggi, conferma che il Sud si sta spopolando in maniera preoccupante e che non vi sono segnali che indichino una inversione di tendenza. I tassi di emigrazione più elevati (ogni mille abitanti) verso il Centro-Nord si registrano in Basilicata (5‰) e Calabria (4,6‰).
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Tra il 2005 e il 2025, il Nord è cresciuto di quasi1,3 milioni di abitanti grazie al forte apporto migratorio (+2,7 milioni), il Centro ha un bilancio positivo (+550mila) mentre nel Mezzogiorno si è registrato un crollo: i residenti in meno sono 916mila. Al Sud diminuiscono i giovani ed aumenta la popolazione anziana. Tra le destinazioni centro-settentrionali, la Lombardia accoglie da sola il 27,6% dei migranti provenienti dal Sud, seguono l’Emilia-Romagna (16,2%) e il Lazio (15,7%). In direzione opposta, dal Centro-Nord verso il Sud, si sono mossi 64mila abitanti, 3mila in più rispetto al 2023. Le principali regioni di rientro coincidono con quelle che registrano i deflussi più consistenti riguardano la Campania (+16mila), la Sicilia (+15mila) e la Puglia (+12mila). Oltre il 73% della perdita del Mezzogiorno dovuta ai trasferimenti verso il Centro-Nord interessa i giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni. Nell’ultimo decennio il profilo formativo dei meridionali che si trasferiscono al Centro-Nord si è profondamente trasformato: gli emigrati con la sola licenza dell’obbligo si sono ridotti di due terzi (-66,7%), mentre i diplomati sono aumentati di un quinto e i laureati sono raddoppiati.
La situazione in Calabria
La Calabria è, insieme alla Basilicata, la regione in cui si registrano i tassi più alti di emigrazione ogni mille abitanti. Il tasso migratorio interno è -4,6 per mille, ed il tasso migratorio estero è pari al 5,4 per mille. Il tasso di crescita è -3,5 per mille e la popolazione conta 6.421 residenti in meno rispetto al 2023. Paradossalmente la Calabria con il 6,9 per mille è una delle regioni con il più alto tasso di natalità insieme alla Campania (7,4 per mille), e alla Sicilia (7 per mille). Dal 2005 al 2024 i calabresi emigrati all’estero sono 34.116. Il saldo migratorio interno dei giovani laureati di età compresa tra i 25 ed i 34 anni registrato tra il 2019 ed il 2023 è pari a -12.917 unità. La Svimez conferma la previsione sui numeri dello spopolamento: nel 2050 la Calabria avrà 356mila abitanti in meno rispetto ad oggi.
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Il saldo complessivo con l’estero rimane negativo: tra il 2005 e il 2024 la perdita netta è stata di oltre 579mila italiani nel Centro-Nord e di circa 242mila nel Mezzogiorno. La Lombardia è la regione che, negli ultimi vent’anni, manifesta la perdita più consistente di residenti negli scambi con l’estero (-168mila), seguita dal Veneto (-90mila) e dalla Sicilia (-76mila).
Il pendolarismo di lungo raggio
Nel 2024, per il secondo anno consecutivo, il favorevole andamento della domanda di lavoro nel Mezzogiorno ha ridotto sia il pendolarismo verso il resto d’Italia sia quello all’interno delle stesse regioni meridionali. Il calo è stato marcato e uniforme, riguardando in misura simile i flussi diretti verso il Centro-Nord e quelli verso l’estero. Gli occupati residenti nel Mezzogiorno che lavorano nel Centro-Nord sono scesi a 155mila, quasi 22mila in meno rispetto al 2023 (–12,2%, a fronte del –3,6% registrato l’anno precedente). Il pendolarismo meridionale assume spesso i tratti di una migrazione non ancora formalizzata dal cambio di residenza. Nel 2024 le principali destinazioni estere sono state Germania (21% del totale), Svizzera (13%), Francia (11%), seguite da Spagna e Stati Uniti (6% ciascuno). In ripresa, dopo la contrazione seguita alla Brexit, anche i flussi verso il Regno Unito (5,7%).
L’incertezza economica aggraverà la situazione attuale
Al sud c’è una ripresa economica ma non basta per far restare i giovani. Le ragioni della fuga sono più forti dei (pochi) motivi per restare. «L’emorragia di giovani italiani altamente formati - dice il presidente di Svimez, Adriano Giannola - investe anche il Centro-Nord che, pur perdendo capitale umano a vantaggio di poli stranieri, lo recupera ancora grazie alle migrazioni interne dal Sud. Ma nel Mezzogiorno, quest’emigrazione qualificata infligge una perdita secca e impone una drastica segregazione ai giovani meno “ricchi e formati” che rimangono e alimentano il boom dell’occupazione - soprattutto nel terziario - dei servizi a basso valore aggiunto e precario. Per trattenere le competenze nelle regioni meridionali e uscire dalla trappola dei bassi salari e del lavoro povero - prosegue Giannola - la priorità è garantire la qualità dell’occupazione e delle retribuzioni. Se è vero che nel periodo 2021-2024 il Sud cresce più del Centro-Nord, è altrettanto vero che in quegli anni contiamo ben 100mila poveri in più nel Mezzogiorno». A conti fatti, il contributo decisivo alla crescita meridionale è venuto dall’edilizia, sostenuta in una prima fase dagli incentivi del vituperato-malgovernato Superbonus, poi dagli investimenti pubblici legati al Pnrr, al quale hanno dato una spinta importante tra il 2022 e il 2025 gli investimenti dei Comuni, che sono raddoppiati. Come suggeriscono le nostre previsioni, il Sud continuerà a crescere più del Nord finché c’è il Pnrr: alla fine di questo vero e proprio “intervento straordinario dell’Europa” che accadrà?».