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09/08/2025 ore 19.30
Economia e lavoro

Calabria ferita da cemento e spopolamento, aumentano le case vuote o abbandonate: sono 579mila

Rappresentano il 42,2% del patrimonio immobiliare regionale. Confedilizia: «In dieci anni sono aumentate del 56,7%». Degradate e inagibili, queste costruzioni contribuiscono ad accelerare la fuga dai paesi delle aree interne o periferiche della regione

di Redazione Economia

Aumenta, in Italia, il numero degli edifici abbandonati e non abitabili. In dieci anni sono aumentati del 56,7%. Le condizioni strutturali di questi immobili sono tali da non poter generare reddito. È l’allarme lanciato da Confedilizia nel suo studio sull’emergenza abitativa e l’inverno demografico. Il calo della popolazione, l’aumento della componente anziana e lo spopolamento dei piccoli comuni, soprattutto nelle aree montane interne e periferiche, evidenzia un quadro della situazione abbastanza preoccupante e in costante peggioramento. Secondo l’Istat (su dati del censimento permanente), a detenere il primato della percentuale più elevata di abitazioni non occupate è la Valle d’Aosta con il 56%, seguita dal Molise con il 44,6% e dalla Calabria con il 42,2%. In Calabria gli immobili abitabili sono 1.373.980. Quelli occupati sono 794.849, il 57,8%, mentre quelli non occupati sono 579.131 (42,2%).

In Calabria le abitazioni occupate sono il 57,8% del patrimonio abitativo regionale, il 15% in meno rispetto al dato medio nazionale[Missing Credit]

L’Istituto nazionale di statistica evidenzia che il tasso di abbandono cresce alla velocità del 5,5% annuo. In Italia le abitazioni occupate sono il 72,8%, con punte del 77% al Centro e nel Nord-est. Il Sud e le Isole presentano i numeri peggiori, per effetto dei rendimenti di Calabria, Basilicata e Sicilia. In Calabria, in particolare, le abitazioni occupate sono solo il 57,8% del patrimonio abitativo regionale, il 15% in meno rispetto al dato medio nazionale. Al Sud la Campania registra invece un dato abitativo in controtendenza con il 75% delle case occupate. Nel nostro paese la densità abitativa media è pari a 116 abitazioni per chilometro quadrato. Lombardia (234), Liguria (217) e Campania (210) sono molto al di sopra di questa soglia.

La Calabria registra una densità pari a 90 abitazioni per chilometro quadrato. Nella regione più di un terzo delle abitazioni occupate, 301.776 (37,7%), sono state costruite tra il 1961 e il 1980. Gli anni del boom edilizio rappresentano le fondamenta su cui si consolida il patrimonio immobiliare calabrese, in linea con quello nazionale. Centoventimila famiglie (il 15,1%) abitano in case costruite tra l’inizio del 1900 e il 1945. Sono 188.242 le abitazioni occupate realizzate tra il 1981 e il 2000; 49.724 quelle costruite tra il 2001 e il 2010; 11.769 quelle realizzate tra il 2011 e il 2015 e 5.122 le abitazioni costruite dopo il 2016. Il 61% delle abitazioni calabresi non occupate è stato costruito tra il 1961 e il 2000. L’Istat ha analizzato anche i numeri relativi alle classi di superficie delle abitazioni non occupate. In Calabria la metà delle case abbandonate (51,4%) non supera i 50 metri quadrati di dimensioni.

Centoventimila famiglie (il 15,1%) abitano in case costruite tra l’inizio del 1900 e il 1945[Missing Credit]

Degradati e inagibili questi immobili contribuiscono ad accelerare la fuga dai paesi delle aree interne o periferiche della Calabria. Le abitazioni abbandonate non vengono ristrutturate e non vengono rimesse a nuovo specie se i proprietari lasciano il comune o la regione d’origine per trasferirsi altrove. I giovani si spostano nelle città che offrono opportunità di studio e di lavoro. Queste dinamiche al momento non sembrano essere reversibili.

Per fermare lo spopolamento dei piccoli comuni sono necessarie misure strutturali. Interventi su occupazione, scuola, sanità, servizi, mobilità e trasporti. Per contrastare i fenomeni di abbandono dei comuni e delle abitazioni Confedilizia propone la soluzione del “co-housing”.

La condivisione di spazi abitativi comuni consentirebbe alle persone anziane sole (il 36% dei nuclei familiari oggi in Italia), alle famiglie e ai giovani un’esperienza di coabitazione, con diverse formule di condivisione del tempo e delle attività, secondo modelli sperimentati nel Nord Europa. Vivere insieme aiuterebbe a permettere la permanenza nel luogo di residenza, avrebbe effetti sociali ed economici positivi sulle comunità locali, preserverebbe le case dall’abbandono.