Condono in manovra finanziaria, obiettivo: chiudere i contenziosi aperti nei Comuni
Gli emendamenti presentati da Fdi prevedono tempi brevi per sbloccare le istanze di sanatoria degli illeciti. Salvini propone il ricorso al meccanismo del silenzio-assenso
Un doppio binario con l’obiettivo di approvare le richieste di sanatoria ancora pendenti (sono milioni) e chiudere i contenziosi aperti nei Comuni. Sono quattro gli emendamenti alla legge di Bilancio contenuti nel pacchetto di proposte di modifica alla manovra segnalate dai partiti al Governo. Sono tutti targati Fdi e a proporli è il senatore Matteo Gelmetti. Nel centrodestra ci sono però sono malumori: Forza Italia e Lega non sono manifestamente contrarie ma frenano per sostenere modifiche sostanziali ad altri capitoli di bilancio. La premier, Giorgia Meloni, ha deciso uno stop e sul tema il Governo tornerà a confrontarsi nei prossimi giorni.
La posizione della Lega
Il vicepremier Matteo Salvini chiede di andare oltre burocrazia e tecnicismi e propone il ricorso al meccanismo del silenzio-assenso. «Siccome ci sono milioni di pratiche arretrate, secondo me la soluzione non è fare nuovi condoni - dice il leader della Lega – ma è di dare 6 mesi al massimo di tempo agli enti locali per rispondere alle migliaia di cittadini che hanno fatto domanda di condono 5 anni fa o 40 anni fa, pagando. I Comuni devono dare una risposta e se non lo fanno entro sei mesi, vale il silenzio assenso, e vuol dire che quell’immobile - conclude - ha tutti i diritti e tutti i permessi».
Gli emendamenti sul condono edilizio
La prima proposta di modifica riguarda il condono edilizio avviato con la legge 47 del 1985 e prevede la possibilità di regolarizzare gli illeciti sui lavori ultimati entro il 30 settembre del 2025. Nell’elenco compaiono opere di pertinenza come portici e tettoie, opere accessorie come balconi e logge, piccoli lavori di ristrutturazione realizzati in difformità o in assenza di un titolo e ristrutturazioni interne ed esterne eseguite senza Scia o senza permesso di costruire, purché non risultino incrementi di superficie o di volumetria. L’emendamento di Gelmetti prevede inoltre la possibilità di sanare piccoli ampliamenti entro la soglia, manutenzioni straordinarie abusive, restauro e risanamento conservativo, anche nei centri storici, se compatibili con le norme urbanistiche, ed altre opere realizzate senza titolo ma comunque conformi agli strumenti urbanistici. Sono invece escluse dal condono le nuove costruzioni totalmente abusive, gli ampliamenti e le sopraelevazioni che incrementino superficie e volumetria dell’immobile e gli abusi compiuti in aree con vincolo assoluto.
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Altri due emendamenti, a firma sempre di Matteo Gelmetti e di Domenico Matera, di fatto riaprono il condono avviato con la legge 326 del 2003, la terza sanatoria edilizia, dopo la legge 724 del 1994. Il testo prevede la possibilità di sanare le opere abusive realizzate senza titolo o in difformità purché conformi alle prescrizioni urbanistiche e agli strumenti urbanistici adottati o approvati al 31 marzo 2003, escludendo però le aree sottoposte a vincoli paesaggistici ed ambientali o in zone di inedificabilità assoluta. Questa legge fu al centro del cosiddetto “caso Campania”: la Regione non la ratificò adottando vincoli più severi. In questi giorni la proposta è stata oggetto di dure polemiche politiche tra centrodestra e centrosinistra. In Campania si voterà a breve proprio per il rinnovo del Consiglio regionale ed in Parlamento le opposizioni hanno criticato la scelta della maggioranza di mettere in agenda il provvedimento a pochi giorni dalla chiamata alle urne. La quarta proposta di modifica, sempre a firma del senatore Gelmetti stabilisce un termine entro cui i Comuni devono chiudere le pendenze relative ai tre condoni del 1985, del 1994 e del 2003. Viene indicata la data del 31 marzo 2026: per allora gli enti locali saranno chiamati a sbloccare le istanze pendenti e a rilasciare i titoli edilizi in sanatoria.
Un quadro organico di interventi
Messi insieme i quattro provvedimenti definiscono un quadro organico di interventi. C’è però un problema di fondo. I primi due condoni risultano più permissivi in ordine alle diverse tipologie di illecito edilizio sanabile mentre il condono del 2003 ha adottato criteri molto più restrittivi, soprattutto sugli abusi maggiori realizzati nelle aree sottoposte a vincolo. Proprio la natura di quest’ultimo – se già esistente o successivo all’illecito - ha assunto grande rilevanza giuridica contribuendo, negli anni, a rendere più difficile la soluzione dei contenziosi tra i proprietari degli immobili e i Comuni. La Corte costituzionale si è già più volte espressa in materia riconoscendo alle Regioni ampia facoltà di definire i parametri entro i quali sanare gli abusi edilizi. La riapertura dei condoni del 1985 e del 2003 potrebbe riproporre situazioni di contrasto nonostante che la proposta di emendamento alla legge del 2003 preveda la possibilità di sanare tutte le tipologie di illecito salvo le ipotesi di vincoli di inedificabilità assoluta, in modo simile a quanto stabilito per il condono previsto dalla legge del 1985.
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Gli emendamenti sulla sanatoria edilizia non recano alcuna indicazione di spesa, ma lo sblocco delle istanze pendenti nei Comuni non potrà essere a costo zero. Con le risorse ridotte al lumicino per mantenersi entro i parametri di spesa, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non è disposto a rimettere mano alla manovra. Dai partiti sono arrivate richieste aggiuntive per oltre 300 milioni di euro - che il Governo non intende assecondare - e l’accentuarsi della crisi dell’Ilva se ne porterà via altri 100.