Confindustria chiede 8 miliardi, Governo al lavoro su nuovi incentivi per innovazione e transizione
Investimenti per la competitività, Ires premiale e Zona economica speciale al Sud possono spingere il Pil italiano ma resta il nodo del post Pnrr
Confindustria chiede 8 miliardi in tre anni per le imprese. Il Governo sta valutando come sostituire gli incentivi dei programmi Innovazione 4.0 e Transizione 5.0 entrambi in scadenza. Sarà un’unica misura, che metterà insieme gli obiettivi dei due piani: incentivare ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica ed investimenti in beni strumentali e sostenere la trasformazione digitale ed energetica delle imprese. E sarà finanziata con risorse statali. Negli ultimi tre anni il ministero per le Imprese ha gestito fondi comunitari e nazionali per un valore di 19 miliardi di euro. Adesso si prepara ad avviare un piano quinquennale degli investimenti. Undici miliardi la base di partenza. Transizione 5.0 ha presentato non poche difficoltà, di natura burocratica e di vincoli comunitari, che hanno impedito l’impiego di tutti i fondi comunitari: sono stati spesi solo 2,3 miliardi dei 6,5 messi a disposizione delle aziende italiane. Nelle scorse settimane la questione è stata oggetto di polemiche. Con l’ultima revisione del Pnrr alle imprese sono state riassegnate buona parte delle risorse non utilizzate. Quattro miliardi sono andati alle imprese per ridurre i consumi energetici e favorire l'adozione di energie rinnovabili come richiesto dal piano europeo per la decarbonizzazione. Il Governo ha recuperato ed indirizzato altri tre miliardi di euro per finanziare le comunità energetiche, gli impianti a biometano e l’agrivoltaico. Altri due miliardi andranno ai progetti della filiera agricola.

Palazzo Chigi rifinanzierà l’Ires premiale per le aziende che reinvestono i ricavi in innovazione ed assunzioni di nuovo personale. L’imposta viene tagliata di 4 punti, passando dal 24% al 20%. Una misura oggi sperimentale che si pensa di rendere strutturale. Per il Sud l’idea è quella di potenziare la Zona economica speciale. «Un modello» che per Confindustria «ha funzionato bene» generando 22 miliardi di investimenti e più di 30mila assunzioni. Guerra commerciale ed export in difficoltà, cybersicurezza e costi energetici completano un quadro che si presenta molto complesso e molto complicato con il Pnrr resta un nodo ancora aperto. Gli industriali chiedono una accelerazione in vista della scadenza del 2026. Troppi i progetti in ritardo. «L'effetto positivo del Pnrr sul Prodotto interno lordo è stimato in un +0,8% nel 2025 e un +0,6% nel 2026. Questo significa - sottolinea Confindustria - che la dinamica del Pil italiano in assenza del Pnrr sarebbe di -0,3% nel 2025 e di +0,1% nel 2026: -0,2% nel biennio. Non ci sarebbe crescita, ma una stagnazione». Per i prossimi due anni sono previsti investimenti pubblici, con risorse già programmate, per un valore complessivo di 130 miliardi. Ma per gli effetti della situazione economica internazionale non riusciranno a spingere il Pil in avanti: per rilanciare l’economia italiana, secondo Confindustria, dovrebbe crescere almeno dell’1,5% mentre il Dfpf del Governo ne limita l’espansione, fino al 2028, ad appena lo 0,7%. Confindustria chiede quindi al Governo un piano di investimenti pluriennale post Pnrr come quelli messi in campo da Germania e Francia. Berlino ha già deciso di impegnare 650 miliardi, Parigi circa 300. L’Italia al momento non ha previsto alcun paracadute e rischia di presentarsi alla scadenza senza un programma di messa a regime degli investimenti effettuati con i fondi comunitari.