Contratti “pirata” in negozi, bar e ristoranti: Calabria regina del dumping, Vibo maglia nera in Italia
Più incassi per le imprese, salari più bassi per i dipendenti grazie agli accordi irregolari: una pratica sempre più diffusa che mette a rischio mercati e concorrenza
Più incassi per le imprese, salari più bassi e minori tutele per i lavoratori. La pratica del dumping contrattuale nei pubblici esercizi è sempre più diffusa e i numeri crescono anche in Calabria. A lanciare l’allarme è Fipe - Confcommercio nel corso di un incontro organizzato a Cosenza con imprese, sindacati e professionisti. Preoccupa il ricorso a pratiche di mercato scorrette che alterano la concorrenza: chi le mette in pratica riduce i costi di gestione della propria attività e aggira le norme fiscali e contributive.
Si tratta di contratti "pirata": accordi collettivi di lavoro firmati da sindacati e associazioni datoriali con scarsa rappresentatività, che prevedono condizioni economiche e normative peggiori rispetto ai contratti collettivi nazionali più rappresentativi.
Da una recente ricerca di Confcommercio è emerso che la provincia di Vibo Valentia è la prima con il 26,46% di lavoratori in dumping, seguita da Cosenza con il 13,51%, Catanzaro con il 9,36%, Reggio Calabria con l’8,74% e Crotone con il 5,18%. Il fenomeno tocca una quota importante di aziende che applicano contratti “pirata” il cui differenziale sul costo del lavoro arriva al 30%, con un impatto diretto sulla concorrenza tra le imprese. «Il dumping contrattuale - ha detto nel corso del suo intervento la presidente di FIPE Confcommercio Cosenza, Laura Barbieri - sta creando un mercato distorto, in cui chi applica correttamente il contratto nazionale di lavoro Fipe-Confcommercio è penalizzato. Chiediamo con forza una legge sulla rappresentanza che ponga fine a questa frammentazione e tuteli gli operatori seri».
Posizione rimarcata da Andrea Chiriatti, direttore dell’area sindacale Fipe-Confcommercio. «Il nostro settore ha bisogno di certezza delle regole ha detto Chiriatti». «Non solo il contratto nazionale di lavoro Fipe Confcommercio è il più applicato, ma è anche l’unico costruito sulle reali esigenze dei pubblici esercizi: tutele adeguate, bilateralità forte e strumenti per gestire un mercato complesso. Il moltiplicarsi di contratti non rappresentativi - ha concluso Chiriatti - genera solo concorrenza sleale e precarizzazione».
La mancanza di norme univoche rende più difficile l’attività ispettiva. «L’errata applicazione del contratto nazionale di lavoro – ha detto Massimiliano Mura, direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Cosenza - rimane una delle violazioni più frequenti e una legge sulla rappresentanza contribuirebbe a ridurre in modo significativo il rischio di comportamenti non corretti».
Flavio Vincenzo Ponte, docente di Diritto del Lavoro all’Unical ha evidenziato l’esigenza «di un quadro normativo chiaro», sottolineando «l’importanza dell’applicazione dell’art. 39 della Costituzione come fondamento per una rappresentanza trasparente». Maria Letizia Canino dell’Inps di Cosenza, ha illustrato l’attività di contrasto messa in atto dall’istituto in tutti i settori, non solo quello dei pubblici esercizi, soffermandosi sugli impatti contributivi derivanti dall’utilizzo di contratti non pertinenti. Annalisa Assunto della CGIL Filcams ha affrontato il tema delle tutele dei lavoratori a rischio nei contratti "pirata" e Roberto Garritano dell’Ordine dei consulenti del lavoro di Cosenza ha parlato del ruolo dei professionisti del settore nell’individuazione ed applicazione del contratto più pertinente.