Dazi, la versione (e la fiducia) di Fitto: «L’intesa con gli Usa al 15% dà stabilità»
Per il vicepresidente della Commissione europea l’accordo protegge consumatori ed imprese. La Confindustria però è pronta a tornare all’attacco: «Servono misure per mitigare gli effetti della tassazione sull’export italiano»
I dazi sono una questione ancora aperta. Sia per la Commissione europea ed i governi dei Ventisette, sia per le imprese. Molti nodi non sono ancora stati sciolti e alla fine le previsioni sui conti potrebbero non tornare. Le più preoccupate, in vista dell’autunno, sono le imprese esportatrici. Per loro, tra nuove tasse doganali e dollaro debole, si stima un calo del 22% del fatturato. Le più esposte sono le aziende con volumi d’affari fino ad un milione di euro: potrebbero non essere in grado di rispettare i contratti. Oppure essere vittime dei tagli che potrebbero essere decisi dagli importatori. L’aumento dei prezzi colpirà l’intera filiera di settore. Le aziende con i volumi di scambio minori potrebbero non reggere la pressione. Per il vicepresidente della Commissione europea, Raffaele Fitto, l’accordo protegge consumatori ed imprese. «L’intesa sul tetto tariffario del 15% per automobili, prodotti farmaceutici e semiconduttori è un accordo solido che garantisce – dice Fitto - stabilità e prevedibilità, proteggendo consumatori e imprese europee da possibili escalation commerciali.
L'Unione Europea – prosegue il vicepresidente della Commissione - ha oggi l'opportunità di consolidare il proprio ruolo di attore globale credibile e autorevole, rafforzando la capacità di incidere sugli equilibri mondiali. L'evoluzione e poi conclusione dei delicati negoziati commerciali con gli Stati Uniti - aggiunge - hanno dimostrato chiaramente come l'Europa sappia agire con determinazione e pragmatismo di fronte ai grandi dossier internazionali. L'accordo sulle politiche tariffarie - conclude Fitto - è un esempio concreto di come visione strategica e senso di responsabilità possano procedere insieme».

I reali effetti sugli scambi potranno essere verificati solo nei prossimi mesi. Da gennaio ad aprile, come anticipato da LaC News24, c’è stato un aumento degli acquisti dagli Usa: a spingere le vendite in America sono stati i prodotti farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+39%), l’agroalimentare (+21%) ed il manifatturiero (+18%). A giugno, però, si è registrato un calo delle esportazioni pari al 10,3% rispetto allo stesso periodo del 2024. Un segnale tutt’altro che positivo. La Confindustria ha chiesto al Governo misure urgenti per mitigare gli effetti dei dazi e per tutelare la capacità produttiva delle aziende esportatrici e salvaguardare i livelli occupazionali. Le stime fatte dalle organizzazioni datoriali e dalle associazioni di settore considerano il calo di vendite negli Usa in una scala compresa tra 8,5 e 20 miliardi di euro. Perdere commesse significa crisi aziendale e perdita di posti di lavoro.