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30/09/2025 ore 14.12
Economia e lavoro

Dazi Usa, ecco le prime conseguenze per le imprese calabresi: ordini ridotti e posti di lavoro a rischio

Con il crollo dell’export italiano verso gli Stati Uniti (-21,2% ad agosto) e l’aumento delle importazioni (+68,5%) segnalati dai dati Istat di agosto, l’agroalimentare e le Pmi del Sud temono perdite ingenti e chiusure di filiere produttive

di Redazione Economia

Ad agosto 2025 i dati Istat mostrano una caduta delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti del -21,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre le importazioni dagli Usa sono aumentate del +68,5%. Numeri che pesano moltissimo, specie per la nostra industria e per le filiere più legate al mercato americano.

Il crollo dell’export verso gli Stati Uniti fa scattare un campanello d’allarme. Il Sud, e in particolare la Calabria, si confermano tra le aree più vulnerabili. Secondo i dati Istat aggiornati, le vendite italiane verso il primo mercato extraeuropeo sono diminuite del 21,2% su base annua, mentre le importazioni Usa sono esplose del 68,5%, spinte da acquisti anticipati e nuove esigenze di approvvigionamento.

Sono le prime conseguenze della guerra commerciale avviata dall’amministrazione Trump, con i dazi statunitensi che colpiscono settori simbolo del made in Italy: dall’agroalimentare al vino, dalla moda alla meccanica di precisione. Le aziende italiane, soprattutto le piccole e medie imprese che rappresentano la spina dorsale dell’export, si trovano davanti a uno scenario inedito: contrazione degli ordini, sospensione di commesse e necessità di rinegoziare rapporti commerciali.

Dal governo italiano qualcuno aveva sostenuto che i dazi avrebbero fatto bene all’economia nazionale. Ma a smentire quella previsione è stato di recente il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che si è detto molto preoccupato per le conseguenze sui distretti produttivi. Ha chiesto subito “un nuovo piano industriale straordinario per le imprese”, sottolineando la necessità di sforare il Patto di stabilità non solo per armi e difesa, ma anche per sostenere l’industria. “Per noi tutto quello che è oltre allo zero è un problema”, ha avvertito, confermando una stima d’impatto sui dazi pari a 22,6 miliardi di euro.

I dati di agosto confermano gravi conseguenze per l’economia: il costo rischia di essere ingente. Confindustria prevede perdite miliardarie e migliaia di posti di lavoro a rischio nei prossimi mesi. Le grandi imprese, forti di risorse maggiori, proveranno ad aprire nuovi mercati, ma a pagare il prezzo più alto saranno le realtà del Mezzogiorno, che avevano costruito negli ultimi anni una crescita proprio grazie all’export.

La Calabria è un caso emblematico: tra il 2023 e il 2024 le esportazioni sono cresciute del 12%, trainate dall’agroalimentare e da comparti emergenti. Le quote destinate agli Usa sono molto rilevanti: Catanzaro esporta il 42% del suo agroalimentare oltreoceano, Crotone il 16%, Vibo Valentia il 13%, Cosenza il 7% e Reggio Calabria il 6%.

Il timore è di perdere una parte consistente del volume d’affari, con aziende familiari e cooperative agricole messe a dura prova: ordini in calo, magazzini pieni e margini di guadagno in drastica riduzione.

Il rischio non è solo temporaneo: senza interventi strutturali la crisi può consolidarsi, compromettendo intere filiere produttive e posti di lavoro. Le imprese medio-piccole, impossibilitate a spostare la produzione all’estero o a diversificare i mercati, rischiano di trovarsi in condizioni di pura sopravvivenza.

Gli industriali chiedono risposte tempestive e mirate: credito agevolato, incentivi per la promozione internazionale e sostegni diretti all’export. Ma la vera partita si gioca a Bruxelles. Senza una strategia comune di difesa commerciale, l’Italia – e soprattutto il Sud – rischiano di dover reggere da soli l’urto della guerra dei dazi americana, con effetti potenzialmente drammatici per economia e occupazione.