Debito pubblico record in Calabria: 4 miliardi totali e 2.151 euro pro capite, è il peso più alto d’Italia
Oltre metà dei comuni calabresi è in rosso e il 70% dei cittadini vive in realtà dissestate. Crescono i costi di sanità, trasporti e assistenza, ma il livello dei servizi resta tra i più bassi d’Europa
La spesa degli enti locali corre e concorre a formare il debito pubblico italiano che a giugno ha superato 3.070 miliardi di euro. Un nuovo record aggravato dal costo degli interessi che lo Stato dovrà pagare ai propri creditori e che ammontano a 100 miliardi di euro. Il 63% del debito pubblico è in mano alle banche centrali di altri Paesi e ad istituti finanziari ed investitori stranieri.
L’Italia paga la quota di interessi passivi più alta dell’Unione europea, i cui costi contrastano gli effetti delle manovre di bilancio attuate dal governo. Anche il rapporto tra il debito pubblico e il Pil è sfavorevole al nostro Paese: 137,9% a giugno, +1,9% da inizio anno. Peggio dell’Italia, in Europa, ha fatto solo la Grecia con 152,5 punti percentuali. Non è facile contenere la spesa e risanare i conti pubblici. E quelli dello Stato comprendono la spesa degli enti locali.
La Calabria ha il Pil pro capite più basso d’Italia
Negli ultimi 25 anni le regioni che hanno contribuito di più a far crescere il debito italiano sono la Campania (+347%), il Lazio (+270%) e la Calabria (+241%). La Sardegna (-39%), l’Emilia-Romagna (-19%) e il Friuli-Venezia Giulia (-16%) sono le tre più virtuose.
Il Prodotto interno lordo della Calabria è pari a 38.786 milioni di euro, il Pil pro capite è il più basso d’Italia. Secondo Eurostat la Calabria è agli ultimi posti tra le regioni europee sia per il livello dei redditi delle famiglie in rapporto alla capacità di spesa, sia per forza lavoro e livelli di occupazione, sia per la qualità dei servizi sanitari. Il costo non produce gli effetti sperati. Nei comuni la spesa pro capite non riesce a soddisfare il fabbisogno dei residenti.
Secondo la Banca d’Italia i comuni in rosso sono il 57% ed il 70% della popolazione calabrese risiede in un comune dissestato. Un quarto dei comuni calabresi non riesce a riscuotere i tributi o lo fa con lentezza ed i crediti maturati e non riscossi hanno un’alta probabilità di insoluto.
Calabria da record: debito complessivo di 4 miliardi
Nel 2024 il debito complessivo delle amministrazioni locali calabresi è arrivato a circa 4 miliardi di euro, pari a 2.151 euro pro capite, la somma più alta a carico di un contribuente italiano: la media nazionale è di 1.398 euro. In Calabria il debito pubblico è in aumento del 2,4% contro il calo del 2,8% su base nazionale. I prestiti continuano a rappresentare la componente principale, l’83%. La spesa complessiva degli enti territoriali calabresi è stata pari a 7.984 milioni di euro con un aumento del 2,5% rispetto all’anno precedente. Il 50,1% di questa somma ha coperto l’acquisto di beni e servizi, il 22,8% le spese per il personale, l’11,5% gli investimenti. A far registrare i maggiori aumenti sono stati la Regione (+7,5%) e i Comuni (+2,3%). Le Province (-16,8%) e la città metropolitana di Reggio Calabria (-31,7%) hanno invece tagliato la spesa. Sul quadro finanziario della Regione gli aumenti hanno riguardato la sanità. Nei comuni, invece, sono lievitati, i costi del trasporto di disabili ed anziani, del trasporto scolastico, dei servizi socio-assistenziali e degli asili nido. In tutti gli enti la spesa per il personale è cresciuta del 3,4%.
Le prestazioni insufficienti delle amministrazioni locali
Nel 2024 gli investimenti sono rimasti sui livelli raggiunti nel 2023: 900 milioni di euro. Secondo la Ragioneria generale dello Stato nel 2024 gli incassi non finanziari della Regione Calabria sono diminuiti dell’1,4% per minori introiti di Irpef e Irap e di compartecipazione all’Iva. Nei Comuni le entrate di Imu, Tasi, addizionale all’Irpef ed imposta di soggiorno sono cresciute del 16,4%.
La Calabria è una delle regioni con il maggior contributo economico erogato attraverso il Fondo di solidarietà comunale. Dal 2017 ad oggi ha ricevuto 371 miliardi di euro e a beneficiarne sono stati soprattutto i piccoli comuni. I paesi con meno di 5.000 abitanti e i paesi delle aree interne e periferiche pagano di più in termini di rapporto tra fabbisogno e qualità dei servizi. Laddove la spesa è ridotta le prestazioni erogate dalle amministrazioni locali finiscono per non essere accettabili né a livello quantitativo né a livello qualitativo.