Sezioni
Edizioni locali
23/08/2025 ore 12.23
Economia e lavoro

Draghi: «Europa marginale e spettatrice, preda di lungaggini politiche ed incapace di fare i conti con un mondo che è cambiato»

Necessario mettere subito mano alle riforme. «Debito comune per sostenere progetti europei di grande ampiezza». Il monito, dal meeting di Rimini, dell’ex presidente del Consiglio ai vertici europei e ai governi dei 27

di Redazione Economia

Un’Europa debole e «marginale», preda di «lungaggini politiche», incapace di fare i conti con «un mondo che è cambiato», che «non ci guarda con simpatia» e che si svincola sempre più dall’egemonia e dalle logiche di potere, ormai prive di alcun peso, del Vecchio continente. Crisi di valori e incapacità di esprimere una posizione forte, chiara ed univoca nello scenario politico mondiale, di mantenerla e di farne una leva strategica nei rapporti internazionali, soprattutto in ambito economico, spingono verso «derive sovraniste» che avrebbero come unico effetto quello di «distruggere l’integrazione europea» e vanificare un percorso lungo decenni, esponendo i Paesi membri a rischi di ogni genere. Al Meeting di Rimini, Mario Draghi ha chiesto a Bruxelles e ai governi dei 27 di cambiare subito rotta e mettere mano alle riforme. Un’analisi impietosa, ma quanto mai veritiera, quella dell’ex premier ed ex presidente della Bce. Draghi aveva già delineato il quadro della situazione nella sua relazione sul futuro della competitività europea voluto proprio dalla Commissione europea. Il documento, presentato nel gennaio scorso, esamina in maniera accurata e approfondita le sfide che l'industria e le aziende devono affrontare nel mercato unico in rapporto al contesto mondiale. E descrive come l'Europa non potrà più fare affidamento su molti dei fattori che hanno sostenuto la crescita in passato. Le elezioni americane e la svolta protezionista del presidente Donald Trump hanno palesato i timori espressi da Draghi. Bruxelles ha fatto sue le considerazioni dell’ex presidente del Consiglio italiano e Ursula von der Leyen vi ha costruito intorno il caposaldo del programma di governo per il suo secondo mandato alla guida dell’Ue. Nella sua relazione l’ex premier aveva anticipato alcuni elementi che negli ultimi mesi sono stati al centro della guerra commerciale con gli Stati Uniti. I ritardi accumulati dall’Europa hanno portato allo scontro e poi alla resa davanti alle richieste e alle pretese dell’America. Draghi a Rimini ha detto che l’Ue ha dimostrato tutta la sua fragilità nell’affrontare le sfide internazionali: «Si è dimostrata marginale e spettatrice davanti alle crisi, dall'Ucraina, all'Iran, a Gaza». «Trump ci ha dato una sveglia brutale - ha aggiunto l’ex presidente del Consiglio - dalla difesa alla ricerca, dall’energia alle infrastrutture» tutto è stato messo in discussione «e abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi che ci sono stati imposti dal nostro alleato di più lunga data» che ci ha anche «spinti ad aumentare la spesa militare in misure che probabilmente non riflettono gli interessi dell’Europa». Il monito di Draghi alla politica ed alle istituzioni è chiaro e non lascia spazio ad interpretazioni. «L’Europa deve cambiare ora». In che modo? Superando divisioni, barriere e dazi interni. «Solo forme di debito comune - ha detto l’ex presidente della Bce nel passaggio centrale del suo discorso al meeting di Comunione e Liberazione - possono sostenere progetti europei di grande ampiezza che sforzi nazionali frammentati e insufficienti non riuscirebbero mai ad attuare». Il progetto europeo deve affrontare nuove sfide per le quali, ha detto Draghi, per essere adeguati a tempi in cui «non c'è più il rispetto delle regole» ma l'uso della «forza militare e della potenza economica per proteggere gli interessi nazionali». L’Europa deve «rafforzare l’integrazione politica» e rivedere la sua «organizzazione» e pensare a una «nuova politica commerciale» perché, ha aggiunto l’ex premier, ora «non è attrezzata» per affrontare le sfide globali e per avere la meglio sugli altri competitor. Nuovi motori di ricerca e sviluppo, green economy, investimenti comuni nelle reti e nelle infrastrutture europee e nell’innovazione tecnologica e digitale e sulle applicazioni dell’AI diventano allora fondamentali «per trasformare le nostre economie». Ecco perché, ha detto Draghi, è necessario «ritrovare unità di azione ora, prima che le circostanze diventino insostenibili e condannino l’Europa a rimanere marginale» rispetto ad una realtà che ha dissolto «l’illusione che la dimensione economica da sola assicurasse una qualche forma di potere geopolitico».