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12/11/2025 ore 11.26
Economia e lavoro

La grande fuga dei giovani dal Sud costa 4 miliardi all’anno: «Una perdita sociale, economica, demografica e culturale»

Così il Mezzogiorno arricchisce il Nord con il suo capitale umano ed economico. A quantificare i danni dell’emorragia il rapporto Censis-Confcooperative: 134mila ragazzi lasciano annualmente le loro città. E i territori pagano un prezzo altissimo

di Mariassunta Veneziano

«C'è un treno che parte dal Mezzogiorno ogni giorno. È carico di sogni, talenti, futuro, ma non torna mai indietro». È l’immagine scelta dal presidente di Confcooperative, Maurizio Gardini, per descrivere la nuova emorragia di giovani dal Mezzogiorno. Ma più che una metafora, è una fotografia del Paese. 

Perché dal Sud, ogni anno, 134mila giovani partono per cercare altrove opportunità di studio o di lavoro. E in pochi rientrano.

È la “grande fuga” raccontata dal rapporto Censis–Confcooperative, un’analisi che quantifica l’emorragia che sta impoverendo la Calabria e il resto del Sud arricchendo il Nord. Perché dietro a ogni paese che si vuota ci sono risorse economiche che vanno via: 4,1 miliardi di euro ogni anno di capitale umano, sociale e finanziario che cambia latitudine.

Un esodo che costa

Costa, dunque, l’esodo degli studenti meridionali. Costa alle famiglie che restano qui, ai genitori alle prese con il prezzo altissimo della lontananza e con quello altrettanto – seppur per un altro verso – gravoso delle spese per mantenere i propri figli in altre città. Città dove nella gran parte dei casi il costo della vita è tutt’altro rispetto a quello delle nostre parti.  

E costa anche ai territori. Perché la scelta dei nostri giovani di andare via ha il peso di una rinuncia collettiva. Si parla di 157 milioni di euro di tasse universitarie che evaporano dagli atenei del Sud per materializzarsi nelle casse di quelli del Nord quasi raddoppiati: 277 milioni di euro a causa di rette più salate (2.066 euro a fronte dei 1.173 del Mezzogiorno). Un differenziale annuo di 120 milioni a cui si aggiungono le spese aggiuntive per affitti, mobilità e spese quotidiane da affrontare.

«Un trasferimento di ricchezza che risale dal Sud prendendo la strada del Nord – commenta Gardini –. L'esodo di 134.000 studenti verso le università del Centro-Nord non è solo una statistica: è una perdita sociale, economica, demografica, culturale. Un depauperamento silenzioso di risorse che svuota interi territori. Un pezzo della futura classe dirigente che se ne va, lasciando dietro di sé interrogativi sul destino del Mezzogiorno. Una fuga che al Sud costa oltre 4 miliardi».

Roma, Milano e Torino le mete più ambite. Nella Capitale sono 32.895 gli studenti meridionali, che rappresentano il 16,4% sul totale degli iscritti nelle università della provincia. A Milano se ne contano 19.090 studenti, il 10,1% sul totale, mentre a Torino sono 16.840, che rappresentano una fetta del 15,7%.

Controcorrente

Tra i dati che emergono dallo studio c’è quello della contro migrazione, che dovrebbe bilanciare la perdita. Ma la bilancia, in realtà, continua a pendere verso il segno negativo: 10.000 giovani dal Centro Nord si sono iscritti alle università del Sud e invece di versare 21,1 milioni di euro di rette alle università settentrionali ne hanno pagati 12 a quelle del Mezzogiorno. «Ma – spiega il rapporto – è una contro migrazione debole che non compensa, né mitiga gli effetti economici e sociali della fuga dei giovani dal Sud».

Cervelli in partenza, capitali in perdita

Ma l’emorragia forse più preoccupante arriva dopo la laurea. Trentaseimila giovani ad alta qualificazione — ingegneri, medici, informatici, ricercatori — scelgono di costruire il proprio futuro lontano dal Mezzogiorno: 23mila restano in Italia, 13mila varcano anche i confini nazionali.

Un «dramma», si legge nel rapporto, che riporta una «cifra che fa tremare»: ognuno di loro rappresenta infatti un investimento – pubblico e privato – di oltre 112mila euro: anni di studio, borse, infrastrutture, insegnanti. «I 13.000 partiti per l'estero – si legge – equivalgono a 1,5 miliardi di euro bruciati. I 23.000 trasferiti al Centro-Nord pesano 2,6 miliardi. Parliamo di 4,1 miliardi di euro». Un capitale umano che il Sud forma, ma che dà i suoi frutti altrove.

Resistenza e speranza

Eppure, il Sud non è destinato a essere solo un racconto di partenze. Perché sotto le sue ferite si muove un tessuto vivo di competenze e di energie. «Occorre, però, preservare i fattori di sviluppo e puntare su formazione avanzata e strategica», avverte lo studio Censis-Concooperative. 

A pesare ancora un gap strutturale: i laureati meridionali in discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) rappresentano solo il 22,4% del totale nazionale e poco più del 28% delle startup innovative nasce al Sud.

Gardini però sottolinea: «La strada per invertire la rotta esiste: investire in innovazione, formare in ambiti strategici, aprire finestre internazionali. Il sistema dell'istruzione, dell'università e della ricerca è l'unica via per collocare il Mezzogiorno sulla frontiera tecnologica e restituirgli competitività. L’unica strada per non continuare a guardare quel treno partire senza ritorno».