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11/10/2025 ore 07.06
Economia e lavoro

I dazi Usa minacciano il Made in Italy: l’allarme dell’analista Pugliese sui rischi per export e occupazione

Secondo l’esperto l’Italia deve agire e non subire decisioni che impattano su settori cruciali del Paese come agroalimentare e automotive. Cia e Coldiretti chiedono interventi urgenti

di Redazione Economia

L’analista economico Marco Pugliese rilancia con forza l’allarme sui dazi che stanno tornando a gravare sulle esportazioni italiane, sottolineando che il nostro Paese è «costretto a muoversi» per tutelare il proprio sistema produttivo e l’economia nazionale.

Negli ultimi mesi le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea si sono inasprite, con la minaccia di tariffe punitive su alcuni prodotti simbolo del Made in Italy. Washington valuta infatti l’introduzione di dazi fino al 107% su marchi italiani di pasta come Garofalo e La Molisana, in aggiunta alla tariffa del 15% già in vigore dal 1° agosto 2025 su molteplici merci europee esportate negli Usa.

Gli Stati Uniti giustificano queste misure con accuse di dumping, ovvero la pratica di vendere prodotti a prezzi troppo bassi per danneggiare la concorrenza, rivolte principalmente ad alcune aziende italiane del settore pastario.

Le ripercussioni di queste tariffe sarebbero tutt’altro che simboliche: una consistente perdita di competitività estera metterebbe a rischio i volumi di export, la redditività delle imprese e l’occupazione, specialmente nei distretti industriali fortemente orientati all’export. Per esempio, nel settore automotive si stimano perdite comprese tra 1,4 e 3 miliardi di euro.

Di fronte a questo scenario, la proposta di Pugliese è chiara: l’Italia deve agire, non limitarsi a subire decisioni che impattano su un settore cruciale per il Paese. Le possibili strategie da adottare includono:

- rafforzare la diplomazia commerciale e promuovere negoziati a livello UE per scongiurare dazi unilaterali dagli Stati Uniti;

- avviare procedimenti legali e ricorsi presso organismi internazionali come l’Organizzazione Mondiale del Commercio, per contestare la legittimità delle tariffe;

- diversificare i mercati di esportazione per ridurre la dipendenza dal mercato statunitense;

- fornire sostegno economico e incentivi alle imprese colpite, per mitigare l’impatto sui settori più vulnerabili.

Il confronto tra Italia e Stati Uniti non si limita però ai dazi tradizionali. Vi sono infatti tensioni anche sul fronte delle imposte digitali: l’Italia richiede il pagamento dell’Iva su iscrizioni e servizi digitali offerti dalle grandi piattaforme tecnologiche come Meta, LinkedIn e X — una pratica definita dagli americani «peggio dei dazi». Queste controversie si inseriscono in un quadro più ampio di attriti su norme fiscali, regolamentazioni digitali e antitrust tra Europa e Stati Uniti.

L’analisi di Marco Pugliese mette in luce un punto cruciale: in un contesto globale dove le barriere commerciali possono riaffiorare rapidamente, l’Italia non può permettersi di restare ferma. La minaccia di dazi su prodotti chiave del Made in Italy è concreta, e solo una strategia integrata di diplomazia, azione legale e resilienza industriale potrà proteggere il tessuto produttivo nazionale.

Secondo dati Istat di agosto 2025, l’export italiano verso gli Usa è diminuito del 21,2% su base annua, mentre le importazioni dagli Stati Uniti sono aumentate del 68,5%, creando così un doppio shock che colpisce con particolare durezza il Mezzogiorno. Confindustria stima che l’effetto complessivo dei dazi possa arrivare a un danno di oltre 22 miliardi di euro per l’Italia, con migliaia di posti di lavoro a rischio anche in Calabria.

Le categorie maggiormente coinvolte includono non solo l’ortofrutta, ma anche vino, olio extravergine, formaggi e altri prodotti tipici calabresi, molto apprezzati sui mercati esteri e particolarmente esposti alle barriere tariffarie. L’imposizione di dazi del 20% o più su questi prodotti rischia di favorire fenomeni di imitazione (food “italian sounding”) e di spingere i consumatori americani verso alternative più economiche provenienti da altri Paesi.

L’allarme è stato rilanciato da associazioni come Cia-Agricoltori Italiani e Coldiretti, che chiedono interventi urgenti per sostenere le imprese calabresi, adottare strategie di diversificazione dei mercati e tutelare un settore agroalimentare che rappresenta un patrimonio economico e culturale fondamentale per la regione.

In conclusione, il richiamo a «muoversi» non è un’espressione retorica, ma un imperativo politico ed economico per il futuro dell’Italia.

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