Il Piano per l’economia sociale può aiutare i borghi calabresi a vincere lo spopolamento: ecco cosa prevede
Il Ministero dell'Economia vara la strategia decennale per cooperative e terzo settore. Strumenti finanziari, fiscalità agevolata e valorizzazione del patrimonio pubblico tra le misure che potrebbero rilanciare territori fragili e contrastare la fuga dal Sud
È in fase di consultazione pubblica il Piano d'Azione Nazionale dell'Economia Sociale, un documento strategico che potrebbe rappresentare una svolta per molte aree e settori economici della Calabria, offrendo strumenti concreti per contrastare lo spopolamento e rilanciare le comunità locali attraverso cooperative, imprese sociali ed enti del terzo settore.
Un ecosistema da 400mila organizzazioni
L'economia sociale in Italia conta quasi 400mila organizzazioni e 1,5 milioni di lavoratori, cui si aggiungono oltre 4,6 milioni di volontari. Un ecosistema che in Calabria potrebbe trovare nuova linfa grazie alle misure contenute nel Piano, elaborato dal Ministero dell'Economia sotto il coordinamento della sottosegretaria Lucia Albano, in attuazione della Raccomandazione europea del novembre 2023. Una direzione chiara quella intrapresa dal Governo, dare forza e riconoscibilità ad un mondo imprenditoriale, fortemente legato al territorio, che si pone a metà tra funzione sociale e intrapresa economica. E che alcune amministrazioni regionali, come Emilia Romagna (CSX) e Marche (CDX) hanno già fatto propria assegnando una delega specifica sull’Economia Sociale, c’è da augurarsi che il Presidente Occhiuto e la Giunta, appena insediata, abbiano la stessa attenzione al tema e presto ci sia un assessore con la delega specifica.
Le misure per le aree interne: dalla finanza alla valorizzazione dei beni
Il Piano dedica particolare attenzione ai territori marginali, riconoscendo esplicitamente il ruolo degli enti dell'economia sociale nel "contrasto allo spopolamento e alla desertificazione delle aree interne del Paese". Tra le proposte più rilevanti che la Calabria dovrebbe subito far sue:
- Accesso facilitato al credito: viene potenziata la sezione speciale del Fondo di garanzia PMI, estesa anche agli enti del terzo settore, con coperture fino al 90% per le cooperative che scelgono di operare e offrire servizi nelle aree svantaggiate. Una misura che potrebbe sbloccare investimenti oggi impossibili per mancanza di garanzie patrimoniali, soprattutto, per i più giovani che magari vogliono avviare una propria attività restando nel proprio paese.
- Fiscalità di sostegno: il Piano propone il ripristino dell'esenzione fiscale sugli utili destinati a riserva indivisibile per le cooperative, riconoscendo che questi soggetti non perseguono speculazione privata ma reinvestono nell'attività sociale. Una misura che renderebbe più sostenibile l'avvio di nuove realtà cooperative nei piccoli comuni.
- Valorizzazione del patrimonio pubblico: vengono previsti strumenti per favorire l'assegnazione di immobili pubblici inutilizzati agli enti dell'economia sociale, attraverso partenariati pubblico-privato innovativi. Un'opportunità per recuperare edifici abbandonati nei borghi calabresi e trasformarli in centri culturali, foresterie, spazi di co-working.
- Cooperative di comunità: il documento promuove espressamente questo modello organizzativo, già presente in alcune realtà calabresi, prevedendo un quadro normativo nazionale che ne riconosca la funzione di sviluppo locale. Si tratta di cooperative create dai cittadini per gestire servizi essenziali - dal piccolo commercio ai trasporti, dalla cura del territorio all'ospitalità diffusa - nelle aree dove il mercato e la pubblica amministrazione faticano ad arrivare. Una spinta in più per rivedere e dare sostanza alla Legge regionale del 2 dicembre 2024 che ha come oggetto “Riconoscimento e disciplina delle cooperative di comunità”.
Riscoprire la cooperazione per rilanciare le filiere
Per la Calabria, questo Piano potrebbe rappresentare l'occasione per riscoprire la cooperazione, uno strumento che può apparire complesso ma potente, e ancora poco sfruttato nella nostra regione. Il modello cooperativo, con la sua governance democratica e il reinvestimento degli utili, si presta particolarmente a:
- Rilanciare le filiere agroalimentari: aggregando piccoli produttori per competere sui mercati, come dimostrano alcune (ancora poche) esperienze di successo nella nostra stessa regione con OP, Consorzi e Filiere che stanno salvaguardando prodotti, posti di lavoro e territori.
- Gestire servizi turistici integrati: dall'accoglienza alla ristorazione, dal servizio di guida alla mobilità sostenibile
- Presidiare servizi essenziali: il Piano prevede che nei piccoli comuni svantaggiati i servizi erogati dalle cooperative possano essere qualificati come "servizi di interesse economico generale" (SIEG), con accesso a finanziamenti dedicati, tema su cui la governance regionale, dovrebbe prestare particolare attenzione, per avvicinarci sempre più, seppur a piccoli passi, a poter pronunciare la parola Salute.
- Rigenerare il patrimonio rurale: attraverso cooperative tra proprietari di terreni incolti, con incentivi per evitare l'abbandono e i rischi derivanti dal delicato equilibrio idrogeologico dei nostri luoghi.
Ci sono poi temi come quelli delle CER, delle scuole paritarie, dei servizi socio-assistenziali, che in Calabria già operano a tutela e supporto di tanti cittadini, che con queste misure potrebbero essere sia implementati sia veder nascere nuovi soggetti che amplino l’offerta.
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Il Piano dedica un capitolo importante alle politiche del lavoro, riconoscendo il ruolo dell'economia sociale nell'inserimento lavorativo di categorie svantaggiate - dai migranti ai giovani NEET, dai detenuti alle persone con disabilità. Le cooperative sociali di tipo B, che devono assumere almeno il 30% di lavoratori svantaggiati, potrebbero diventare uno strumento per:
- Creare occupazione qualificata nei territori marginali, offrendo ai giovani calabresi alternative all'emigrazione
- Attrarre competenze dall'esterno: professionisti e imprenditori sociali interessati a progetti di vita in contesti rurali autentici
- Favorire integrazione e accoglienza: attraverso percorsi di inserimento lavorativo che creano valore per l'intera comunità
Il documento prevede inoltre incentivi specifici per le assunzioni nelle imprese dell'economia sociale e misure per facilitare i "workers buyout", ovvero il passaggio di aziende in crisi nelle mani dei lavoratori in forma cooperativa - uno strumento che potrebbe salvare competenze e saperi produttivi altrimenti destinati a scomparire.
Dalla consultazione all'attuazione
Il Piano è attualmente in consultazione pubblica, fino a mercoledì 12, e verrà adottato definitivamente entro la fine del 2025. Ha durata decennale e prevede una revisione intermedia dopo cinque anni. La sua attuazione dipenderà dalla capacità di creare sinergie tra istituzioni nazionali, Regione, enti locali e le stesse organizzazioni dell'economia sociale.
Per la Calabria, e in particolare per le sue aree interne, rappresenta un'opportunità da non perdere: quella di costruire un modello di sviluppo alternativo, fondato sulla cooperazione, la sussidiarietà e la valorizzazione delle risorse locali - umane, culturali, ambientali. Un modello che può contrastare lo spopolamento non con interventi assistenziali, ma generando economia vera, inclusiva e radicata nei territori, la speranza è che questo piano nazionale, venga accolto e condiviso a livello regionale, perché mai come oggi in Calabria è giusto dire che si può andare avanti solo insieme e cooperando per il bene comune e la crescita.
Per approfondire: il documento completo del Piano d'Azione Nazionale per l'Economia Sociale è disponibile sul sito del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
*Vice Presidente Confcooperative Calabria