Il vino nel mondo: cresce la richiesta di bianchi, calano i rossi. La Calabria ha carte importanti da giocare
Con il record dell’export in valore, il modello francese indica una strada che è congeniale anche per una terra antichissima e ricca di storia identitaria. La nicchia di qualità dei rosati
Più bianchi, e molti meno rossi. Non è un dato politico, ma stiamo parlando di vino. L’ultimo Rapporto Ismea è netto nel presentare una tendenza che definisce “strutturale”. Da un’elaborazione di dati Nielsen IQ-MT, emerge una tendenza che sembra essersi consolidata: «Continua il momento difficile dei vini rossi. Sempre più bianco nel carrello della spesa».
Export del vino italiano: crescita portentosa degli spumanti. Usa, Germania e Regno Unito i mercati principaliNel 2024, rispetto al 2023, gli italiani hanno fatto registrare un +0,9% di acquisti in volume per i vini bianchi, a fronte di un calo dello 0,1% dei vini rossi (-3,1% in volume). Non siamo di fronte a scostamenti consistenti, ma piuttosto si percepisce il consolidamento di un processo di lungo periodo.
Ismea, infatti, ha fornito anche le statistiche, molto interessanti, sul consumo di vino in Italia per colore. Il periodo preso in considerazione va dal 2015 al 2024. L’anno scorso nel Belpaese il consumo di vini bianchi è stato del 59,2%. La crescita dal 2015, quando questo valore era ancora al 49,6%, è stata costante fino a toccare quasi il 60%.
Vini, la Calabria (in controtendenza rispetto alle altre regioni) punta più sulle Igp rispetto alle DopUn processo esattamente opposto si è verificato per i vini rossi, passati dal 48,4% del 2015 al 37,80% del 2024: un calo che di anno in anno non ha segnato battute d’arresto.
Molto piccola la quota di consumatori che hanno privilegiato, invece, i vini rosé (un francesismo per descrivere il patrio rosato): appena il 3% nel 2024 a fronte del 2% nel 2015. In Calabria i rosati sono mediamente più diffusi, con un’attenzione intelligente di diversi produttori che hanno valorizzato al meglio alcuni vitigni autoctoni, in particolare il Gaglioppo. Proposte di rosato calabrese, in particolare nell’area Doc del Cirò, sono davvero meritevoli di attenzione, essendo state capaci di sprigionare bouquet aromatici straordinari.
Il quadro descritto da Ismea ci dice che il mercato del rosato è quasi di nicchia, ma proprio per questa ragione, con un’adeguata valorizzazione, potrebbe costruire una sorta di specificità identitaria calabrese interessante sotto diversi profili. Altre elaborazioni condotte da Ismea su dati Nielsen IQ-MT aiutano a comprendere come si stia muovendo in Italia il mercato della Gdo, tra i più sensibili rispetto ai mutamenti della capacità di spesa dei consumatori.
La sintesi è stata questa: meno vino a prezzi maggiori: -1,8% in volume per gli acquisti totali di vino nella grande distribuzione e +0,4% in valore, in particolare per i segmenti Igt e Spumanti. Nel tradurre in analisi economico-sociale questi input che giungono dalla distribuzione organizzata occorre tener conto di diverse variabili: non solo mutamento dei gusti e più attenzione per la qualità, ma anche budget inferiori a disposizione e scelte più informate. Del resto al di sopra tutto c’è un grande cappello globale che ha ridisegnato il rapporto tra vino ed esseri umani, nonostante l’apertura di mercati quali la Cina, il Giappone e le Americhe che non avevano una tradizione legata al culto di Bacco: nell’Ottocento ci si trovava di fronte, essenzialmente, a un fenomeno alimentare europeo!
Dal 2014 al 2024, quindi nell’arco di dieci anni, il consumo mondiale di vino è passato da 240 milioni di ettolitri a 216 (con in testa Usa, Francia, Italia, Germania), dopo un picco di 247 nel 2017. Dal 2021 la discesa non si è mai arrestata. Anche rispetto a tale scenario le componenti da valutare sono diverse: potenti cambiamenti negli stili di vita, ma anche dinamiche economico-sociali congiunturali e strutturali sia nel Vecchio Continente, sia Oltreoceano e nei Paesi cosiddetti in via di sviluppo.
Certo è che nella competizione globale la “torta” potenziale dei consumatori di vino in appena dieci anni si è ridotta di 25 milioni di ettolitri. Ne ha risentito ovviamente la produzione, passata dai 270 milioni di ettolitri globali del 2014 ai circa 221 del 2024, con un picco nel 2018 di 295 (elaborazioni Ismea su fonti Oiv e Ue): fa la parte del leone ancora l’Europa con il 64% del volume complessivo, a fronte del 20% delle Americhe; primeggiano i bianchi compresi gli spumanti (49%), seguiti dai rossi (42%) e dai rosati (9%).
I primi tre Paesi esportatori di vini al mondo in quantità nel 2024 sono stati l’Italia (21,7 milioni di ettolitri), la Spagna (20,4), la Francia (13,3). La classifica cambia, però, se si guarda al valore, per cui sempre nel 2024 la Francia ha esportato per 11,69 miliardi di euro, l’Italia per 8,14 e la Spagna per 3,05. Come dire: sui vini di gran pregio e di prezzo medio elevato i francesi hanno come rivale solo l’Italia, mentre sui vini più comuni e di base la Spagna continua a dire la sua!
Fenomeno Prosecco a parte, la strada da percorrere per l’Italia sembra essere tracciata dai Transalpini: qualità estrema, riconoscibilità fino a giungere al “mito”, radicamento del racconto nei territori, lavoro promozionale sulle fasce alta di mercato e sulla ristorazione. In questo contesto la Calabria, che così come abbiamo visto nei precedenti approfondimenti è a tutti gli effetti una nicchia nel mondo enologico, è chiamata ancor di più a riallacciare il filo della storia millenaria, tra Enotri, Magna Grecia, antica Roma, archeologia, paesaggi, biodiversità, vitigni autoctoni, Mediterraneo ed ovviamente crescita media della bontà dei prodotti: queste le parole chiave per crescere!