Milano, Natale in fila davanti al “Pane Quotidiano”. Anche il Nord soffre, mentre al Sud le difficoltà delle famiglie sono sempre più gravi
Le code davanti alle mense solidali raccontano un disagio che non ha più confini geografici: l’emergenza sociale cresce anche nelle aree più prospere
L’immagine di persone ferme al freddo per quasi due ore; di oltre quattrocento volti in attesa di un sacchetto di cibo e di un piccolo dono per i bambini. La fila al Pane Quotidiano di Milano, nel cuore di una delle città più ricche d’Europa, non è una novità. Ma cresce e si allunga di anno in anno, di Natale in Natale.
La Caritas e le altre associazioni che operano nel sociale segnalano che non si tratta più soltanto di un’emergenza del Sud più fragile ed economicamente depresso. È il Nord ricco e benestante che oggi emerge in tutta la sua debolezza.
A Milano, come in altre città, la solidarietà si misura in pacchi distribuiti e mani tese, ma soprattutto in numeri che raccontano una realtà sempre più dura e scomoda. Dai dati raccolti dai volontari risulta che quest’anno la fila per ottenere un pacco con generi alimentari è notevolmente aumentata. Non è una sensazione.
Lo conferma Luigi Rossi, presidente del Pane Quotidiano:
«Nel 2025 abbiamo registrato un milione e 450 mila passaggi. La diminuzione del potere d’acquisto a Milano è chiaramente più accentuata rispetto ad altre province italiane».
Milano, non la Calabria. Milano non è una periferia fragile e dimenticata dalle istituzioni. Milano, capitale economica del Paese, simbolo di crescita, innovazione e successo. Eppure, sotto la patina delle luci e delle vetrine, cresce una povertà silenziosa che non fa notizia, ma riempie le file davanti alle mense e agli enti caritativi. E non riguarda solo Milano: segnalazioni analoghe arrivano anche da altre città del Nord, tradizionalmente meno colpite da fenomeni di povertà diffusa.
Per anni abbiamo raccontato le difficoltà del Sud, della Calabria in particolare, delle famiglie che faticano a fare la spesa, ad arrivare a fine mese, a garantire l’essenziale ai figli. Oggi quella fatica non ha più confini geografici. Si è insediata stabilmente anche al Nord, anche nei quartieri del “motore economico d’Italia”.
Che il Paese stia male e che la povertà sia in aumento lo confermano i sempre più numerosi casi di emergenza sociale, solitudine e abbandono. Pensionati soli, lavoratori poveri, famiglie monoreddito, nuovi precari. Persone che un lavoro ce l’hanno, ma non basta più per arrivare a fine mese. La povertà non è solo mancanza di reddito: è isolamento, solitudine, rinuncia.
In Italia migliaia di famiglie sono costrette a scegliere se, a fine mese, pagare la rata del mutuo o fare la spesa. Perché non sempre le due cose si possono fare insieme. E mentre le statistiche macroeconomiche parlano di crescita, di ripresa, di un Paese che “va avanti”, la realtà quotidiana racconta un’altra storia. Una storia fatta di file sempre più lunghe e di associazioni costrette a supplire a uno Stato spesso assente. L’illusione di un’Italia che cresce per tutti si infrange contro i volti di chi aspetta un pacco alimentare per sopravvivere.
Il Natale al Pane Quotidiano di Milano non è solo un segno di solidarietà. È uno specchio. Riflette l’immagine di un Paese che si racconta ricco, ma lascia indietro troppi. Un Paese raccontato attraverso grandi numeri, mentre non fa notizia la disperazione di chi è costretto a sopravvivere con un pacco della Caritas. Un Paese che rischia di abituarsi all’emergenza come se fosse normalità.
E invece no: non è normale. Non è accettabile. E non riguarda solo il Sud, dove le condizioni di vita per migliaia di famiglie si fanno sempre più difficili. Riguarda tutti. Anche — e sempre di più — la ricca Milano e il Nord del paese. Una cosa che non può far piacere a nessuno, ma che lancia un allarme che non può essere minimizzato.