Non solo Usa, nei primi 4 mesi dell’anno l’export italiano corre in altri 25 Paesi “top market”
Confartigianato: «Le nostre imprese alla conquista di altri mercati». Aumento del 5,3% con prospettive di guadagni pari a 20,4 miliardi di euro in più entro dicembre
Venti miliardi di euro di guadagni in più nei primi 4 mesi del 2025. Non solo Usa nelle rotte commerciali del made in Italy sotto pressione per i dazi imposti da Washington. L’export cresce del 5,3% nonostante le difficoltà internazionali. Boom di acquisti da Spagna e Svizzera. Sono i dati contenuti nel report periodico della Confartigianato. L’associazione di categoria sottolinea che le vendite sono aumentate in 25 Paesi “top market” con la prospettiva di 20,4 miliardi di guadagni in più entro la fine dell’anno. La classifica dei migliori acquirenti in questo inizio di 2025 vede in testa, in termini percentuali e con riflessi sul peso specifico del fatturato, gli Emirati Arabi con 7,9 miliardi (+20,9%), seguiti dal Brasile con 5,8 miliardi (+14%), dalla Svizzera con 30,2 miliardi (+13,1%), dalla Spagna con 34,5 miliardi (+10,6%) e dall’Arabia Saudita con 6,2 miliardi (+9,6%). Spagna e Svizzera da sole totalizzano quasi quanto il resto dei partner commerciali messi insieme.

Nel 2024 i Paesi “top market” hanno assorbito il 61,5% delle esportazioni italiane, per un valore di 383,6 miliardi sui 623,5 miliardi complessivi di scambi in uscita con l’estero. Tra gli altri mercati dinamici, pur con valori di export italiano inferiori a 5 miliardi di euro, si registra una crescita a doppia cifra delle vendite in Israele con +13,1%, Danimarca con +11,8%, Irlanda con +11,5% e Singapore con +11,3%. Tra i settori più gettonati: alimentari, moda, mobili, legno, metalli, gioielleria ed occhialeria. Il guadagno di 20,4 miliardi stimato dalla Confartigianato andrebbe a compensare il calo di vendite negli Usa a causa delle nuove tariffe doganali.

«Le nostre imprese - osserva il presidente di Confartigianato, Marco Granelli - stanno facendo la loro parte per reagire all’impatto dei dazi Usa, cercando nuovi sbocchi di mercato per il made in Italy. Ora, però, chiediamo che l’Europa faccia veramente l’Europa e ponga la competitività degli imprenditori al centro della sua azione. Abbiamo troppe palle al piede: eccesso di burocrazia, peso del fisco, difficoltà di accesso al credito, alti costi energetici. Basti dire che le imprese italiane pagano l’energia il 28% in più rispetto alla media europea. Al Governo italiano chiediamo altrettanto impegno per difendere e valorizzare la qualità del made in Italy sui mercati internazionali».